domenica 21 ottobre 2007

Gianni Mura ricorda Beppe Viola: ecco finalmente il testo.

Grazie ad un carissimo amico, siamo riusciti a recuperare il pezzo scritto qualche giorno fa da Gianni Mura in ricordo dei 25 anni dalla scomparsa di Beppe Viola:

godetevelo:

Sono tanti quelli che si ricordano di Beppe Viola, non solo oggi, a 25 anni
dalla morte. Era una domenica, in Rai stava montando la sintesi di
Inter-Napoli. Strano morire a 43 anni, e gli amici avvertiti dal tamtam che
correvano al Fatebenefratelli e lì c' era Jannacci che scuoteva la testa,
Jannacci che era il suo medico, non solo coautore di canzoni. «E' andato».
Beppe era capace di tener su di morale una compagnia intera, quando era giù.
Una battuta, uno scherzo, una barzelletta. Quella domenica non era uno
scherzo, era tutto vero. Anche l' espianto degli organi, tutto quello che si
poteva dare l' aveva dato, in perfetta sintonia con una vita breve, vissuta
sotto il segno di una generosità quasi imbarazzante. Perché non è difficile
essere generosi con un bel conto in banca, ma di soldi non ne giravano
molti, in tasca a Beppe, e quando giravano se li giocava ai cavalli. Era
piccolo quando il padre, marconista, gli indicò una collina, a Contursi: «La
vedi? Se l' è ballata tutta tuo nonno a cocincina». Quando c' era Beppe
Milano era una città viva, popolata da una fauna a volte stramba ma sempre
umana. Nei bar si giocava a carte. C' era un cabaret vero, il Derby, che per
lui era una seconda casa. Jannacci, Cochi, Renato, Teocoli, Lauzi, Toffolo,
Andreasi, Boldi, Abatantuono che non era famoso ed era il primo a uscire sul
palcoscenico, per rompere il ghiaccio. Saltimbanchi per autodefinizione,
precari. Beppe aveva un posto fisso, alla Rai, ma non lo faceva pesare. Non
è che alla Rai fossero entusiasti di lui, in generale. Quando si mise d'
accordo con Vitaletti e mandò in onda le immagini di un derby milanese dell'
anno prima («quello di oggi è stato così brutto che ve lo risparmiamo»),
Tito Stagno l' avrebbe mangiato vivo. Molti ricordano la sua intervista a
Rivera sul tram numero 15. Oggi non si potrebbe fare. Oggi la tv e il calcio
non amano quell' apparente distacco, quell' ironia leggera, quell'
avversione per l' enfasi che Beppe portava nel lavoro. In tv non faceva
cabaret, ma giornalismo, e di quello buono perché raro. Niente interviste in
ginocchio, niente grancassa suonata a comando. E comunque per misurare la
distanza basta vedere oggi i giornalisti tv così ammodo, senza un capello
fuori posto, spacciatori di vuoto, la cravatta sempre intonata, e ripensare
a Beppe che sotto i riflettori sudava come una bestia e allentava il nodo,
ma forniva spunti, riflessioni, battute mai banali. Con l' indipendenza di
Beppe ne nascono pochi, lo dico senza che mi facciano velo l' amicizia, le
partite a scopa, le gare a chi mangiava più pesante. E' morto troppo presto,
ma sarebbe contento di vedere come Franca ha tirato su le quattro figlie, e
quanto hanno preso da lui.

Gianni Mura

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