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Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Ciao Pazzo. Venerdì 22 sfogliando il giornale della mia città, L'Arena di Verona, ho trovato un' intervista a Gianni Mura perciò ho pensato di condividerla con voi feticisti. Siccome per leggerla sul sito bisogna essere iscritti, io te la mando.
Trovo molto divertente l'incipit.
Premetto che l'Arena è tra i peggiori giornali in circolazione per le notizie (o presunte tali) che da, per come le da (i refusi che pubblica non si contano da quanti sono), per la basseza culturale che porta ogni giorno sulle pagine (del tipo c'è un rubrica che si chiama Cornetto e Caffè in cui si chiede ad una persona a caso di dare giudizi su fatti di attualità, questi sono sempre pro Tosi,che è il sinadco leghista di Verona,espressi in dialetto, ed esprimono una bassezza che fa venire voglia di vomitare) e per i commentatori che annovera, tra cui udite udite abbiamo Bruno Vespa! Comunque in questo caso ha fatto un buon lavoro. Naturalmente non si è sbilanciata a fare domande che esulano dallo sport (l'Arena è più cerchiobottista del Corriere). L'intervista è comunque divertente.Jacopo
Ecco l'intervista a Gianni Mura:
Gianni Mura, giornalista di Repubblica «Perché appena posso torno sull’isola Chievo»Il più grande? Non diteglielo, risponderebbe alla sua maniera. "Il più grande? Diciamo uno dei più...grossi...". Grosso lo è (ma con accenni di dieta, attenzione), ma sul filo dell’ironia ci sta benissimo, Gianni Mura. Il numero uno dei giornalisti italiani, già definito più volte l’unico erede di Gianni Brera, racconta la sua passione per le cose di Chievo. Una passione che nasce da lontano, "dal Chievo fiammeggiante di Gigi Delneri, ma prima ancora da quell’aria diversa che respirai a Veronello, la prima volta che lo vidi".
Quando accadde?
"Beh, era il primo anno di A, quando ancora si celebrava quello che per tutti era il "miracolo Chievo". C’era uno spirito diverso, lo si vedeva dalle piccole cose. Andavi negli spogliatoi per parlare con i giocatori, chiedevi un favore a Pacione e te lo faceva subito. Mi scoprii a quasi sessant’anni con lo stesso entusiasmo di quand’ero ragazzino. Roba d’altri tempi. Capii in quel momento che accanto a una serietà... contabile, di società, ci poteva stare una straordinaria umanità".
Oggi che Chievo ha ritrovato Gianni Mura?
"Sono stato al Bentegodi con Inter e Juve. Dico un Chievo meno fiammeggiante di quello, che resta sicuramente il più bello. Questo Chievo è diverso, anche per scelta, oltre che per caratteristiche dei giocatori. Questa è una squadra che fa, come dicono i cronisti di oggi, molta intensità a centrocampo. Basta pensare a Pinzi trequartista, ad esempio. Però, anche così riesce a centrare i suoi obiettivi, dunque...".
Meno bello, ma comunque molto concreto...
"Sì, anche con la Juve, se vogliamo, non ha entusiasmato. O meglio, ha giocato un bel primo tempo, poi forse ha avuto paura di vincere. Con una Juve ai minimi storici come questa, bastava essere più precisi per segnare altri gol. Invece, fino all’ultimo sono rimasto col fiato sospeso, "... vedrai che la pagheranno", mi dicevo. È andata bene, giusto così".
Hai parlato di "miracolo Chievo", oggi è qualcosa di diverso...
"Vero, com’è vero però che il miracolo si ripete. Penso all’immediato ritorno in A, dopo la retrocessione, ad esempio. O alla salvezza dell’anno scorso. Straordinari. Oggi penso semplicemente che il Chievo continui a far bene al calcio italiano e a tutti quelli che credono in un certo modo di esserci. Il mondo del calcio ha bisogno di buoni esempi, il Chievo lo è. Una società che gestisce una stagione con quello che l’Inter dà a Mourinho, vuol dire che ce la puoi fare. E poi, una squadra che è ultima nella classifica delle multe subite. Vuol dire che puoi far calcio seriamente, senza esasperazioni, senza violenza, col sorriso sulle labbra. Ecco perché è bello tornare, quando posso, sull’isola Chievo".
E Campedelli?
"A me non sembra cambiato per niente. È capace di parlare per ore di tutto meno che di calcio. In più, rispetto a una volta, s’è messo a tirar di scherma, ma non conta...Una cosa gli rimprovero. Di parlare troppo poco. Non dico che dovrebbe farlo ogni settimana, come certi suoi colleghi. Ma qualche uscita dovrebbe farla più spesso. Nel Chievo non ci sono grandi comunicatori, o la responsabilità se la piglia lui, oppure...".
Lo scudetto è già assegnato o qualcosa è cambiato?
"Eh, oggi ho un dubbio Milan che mi gira per la testa. Sono molto curioso di vedere come va il derby e devo dire che sono uno di quelli che non credeva tanto a Leonardo. Penso sempre che l’Inter, nonostante Mourinho, continui ad avere qualcosa in più e lo dimostra proprio quando è in difficoltà. Tra Chievo, Siena e Bari ha fatto 7 punti su 9 e poteva farne 5, tanto per dire..."
Perché "nonostante Mourinho"?
"L’ho detto più volte, non discuto il comunicatore, ma l’allenatore sì. L’Inter non ha un’identità di gioco e questo mi lascia molto perplesso. Se penso a una bella Inter in questi due anni, non vado al di là di tre-quattro partite. Oh, sia chiaro, non c’era grande identità neanche con Mancini, giusto per essere sinceri".
Meglio il Milan, in questo senso...
"Il Milan s’è dato una registrata e non è un caso che il meglio l’abbia cominciato a far vedere quando sono entrati anche i ragazzi, gli Antonini e gli Abate. Dopo anni in cui ha provato Zambrotta, Jankulovski, Oddo, toh che trova la quadratura con i ragazzi".
Una lezione?
"Per chi la vuole capire, certo, è una lezione. La morale è che il calcio del futuro è uguale al calcio del passato. O abbiamo dimenticato che nella grande Inter accanto a Mazzola, Suarez e Corso c’erano anche Bedin e Tagnin? E nel Milan di Rocco, c’era Rivera, ma anche Anquilletti e Lodetti. Una squadra è fatta di quattro-cinque campioni ma anche di gregari. Penso al Marcolini del Chievo. Non sfigurerebbe in una grande, anche se alla sua età, forse, non ci pensa più. Altra cosa da non dimenticare, il Verona di Bagnoli..."
In che senso?
"Nel senso che nel calcio non c’è materiale non riciclabile. E allora, nel Verona dello scudetto, eccoti un certo Volpati. Bagnoli se lo ricordava dai tempi della Solbiatese, ma l’ha voluto con sé, perché se uno ti dà certe garanzie, non ci sono categorie che tengono. Certo, il materiale bisogna saperlo usare, Bagnoli era unico in questo".
È l’anno dei mondiali...
"Oggi non sono molto ottimista, per l’Italia, anche se il Mondiale è una storia strana, che si decide in quel mese. Ci sono problemi dietro, dove non sarebbe male recuperare Nesta. L’unico settore a posto è probabilmente l’attacco, col recupero di Toni, con Gilardino, Iaquinta e gli altri. Il pericolo, a mio parere, è che Lippi finisca per pagare un prezzo troppo alto alla riconoscenza. Un po’ come fece Bearzot nell’86. Non sarebbe male svecchiare un po’...".
Favorite?
"Inghilterra e Brasile. Con l’Argentina dietro, visto che Maradona non ha ancora dimostrato di essere un grande allenatore. E in seconda linea anche la Spagna e forse l’Olanda".
C’è nostalgia quando ripensi al calcio di ieri?
"Molta nostalgia, infinita nostalgia. Sono cresciuto in un altro calcio, in questo continuo a vedere poche cose di buon senso. Basta pensare alla prova Tv, ad esempio. Ma come, Henry assolto? Io mi sarei aspettato almeno qualche giornata di squalifica. Anche per dare un messaggio. Se cerchi di barare e ti vedo, la paghi. Oggi anche un ragazzino pensa sia tutto possibile, basta non ti veda l’arbitro. Un’occasione persa".
In compenso, avremo il campionato "spezzatino"...
"Già, andrà così, purtroppo. Alla mia età mi tocca scoprire, che c’è pure uno spezzatino che non... digerirò mai. Peccato".
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