martedì 13 maggio 2008

Il gobbo Crosetti si sfoga.



E questo è quello di Maurizio Crosetti:

L'Italia tifa ancora contro, è il partito degli Anti Inter

(di Maurizio Crosetti)

C'è un partito trasversale che ieri ha incassato il 55 per cento dei voti, ed è al momento l'unica grande coalizione funzionante in Italia: questo partito, sebbene il nome suoni un po' cacofonico, si chiama "Anti Inter". I suoi elettori si sono abbandonati alla patologia da clic compulsivo, inondando di preferenze i siti Internet. Alla fine della giornata di ieri nello spazio virtuale di Repubblica.it (ma siamo poi sicuri che non sia, invece, un luogo sommamente reale?), gli elettori giallorossi sbaragliano il 39 per cento nerazzurro, a fronte di un 6 per cento di "non so": costoro non sanno, forse, cos'altro inventerà l'Inter per non prendersi a Parma il suo meritato scudetto. Fino a metà pomeriggio, tra i votanti c'era pure Hector Cuper: scheda nulla.
Eppure non è esatto definirli elettori giallorossi. Perché, come accaduto per oltre un secolo alla Juventus, qui si tratta di una tipica manifestazione di tifo contro, specialità più nazionale della pizza. Le svariate fazioni degli Anti Inter custodiscono, ognuna per sé, ragioni diverse, però tutte convergono verso un pronostico che è più che altro una gufata. E forse vale la pena chiedersi dove nasca tanta avversione, e con quale cibo si sia nutrita fino a diventare una specie di diffuso sentimento nazionale (non a caso, il contrario di Internazionale).
E non sono i romanisti, teorici e residuali concorrenti al palio dello scudetto, bensì gli juventini a sfogarsi di più contro l'Inter. La ritengono un'usurpatrice di scudetti altrui, grazie a Guido Rossi, e una cacciatrice di frodo: Ibrahimovic, Vieira. C'è, in sottofondo, l'antica rivalità del "derby d'Italia" tra le uniche squadre mai retrocesse, e adesso ne rimane una sola a non avere conosciuto la B. Ma c'è di più: la coda di scorpione di Calciopoli. "Domenica tiferò da bianconero, e non è affatto detto che l'Inter vinca il campionato" afferma il presidente della Juve, Giovanni Cobolli Gigli. Parole inevitabili. Anche più sottili quelle di Claudio Ranieri, nato nel quartiere Testaccio: "Brava la Roma a crederci fino in fondo".
Non male, se si considera l'astio antico tra Juventus e Roma, il "quattro, a casa" di Totti con relativo gesto, le mille parole appuntite, dai centimetri di Viola e Boniperti fino all'altro ieri. Però la grande coalizione ha azzerato tutto: e quando cani e gatti fanno merenda insieme, è segno che qualcosa forse non funziona. Altrettanto logico il sentimento di avversione milanista: lì si tratta di derby. E proprio Milan e Juve, battendo l'Inter a San Siro in questo finale di giostra, possono considerarsi i grandi elettori dei giallorossi (Del Piero, addirittura, segnando il pareggio contro il Catania ha ripescato il Parma, aizzandolo ancora di più contro l'Inter).
"I nerazzurri soffrono di sindrome da insuccesso": è il marchio impresso a fuoco da Arrigo Sacchi. Il quale non ha dubbi nell'indicare le gerarchie di bellezza: "Il gioco più divertente è quello della Roma, che inoltre non ha speso quanto l'Inter". Questa è estetica. In quanto all'etica, ci sarebbe la storia dello scudetto degli onesti. Ecco, quando Roberto Mancini coniò la definizione, come per magia diventò anche più antipatico di quanto già non fosse per talento naturale (per soprammercato, è pure un ex laziale: figurarsi quanto lo amano i romanisti). Ed è proprio l'allenatore con la sciarpa meglio annodata d'Italia, uno dei principali bersagli degli Anti Inter. Ma chi lo detesta, farebbe bene a non dimenticare che Mancini fu il primo a polemizzare in pubblico con Moggi e contro la Juventus della cupola. Anzi, veramente fu il secondo. Il primo era stato Capello: poi gli arrivò un contratto da Torino, e voilà il cambio di prospettiva storica.
Ma perché così tanta gente, nell'Italia delle mille divisioni, adesso augura all'Inter un'improbabile "fatal Parma"? E' solo la classica invidia? E' il segno del potere raggiunto da quelli che erano gli sfigati, però corretti, capaci di perdere sempre contro le forze del male? "Chi vince è antipatico, ora tocca a loro" conferma Cannavaro. Il salto del fosso non ha giovato ai nerazzurri, che quest'anno sono diventati eredi persino dei sospetti arbitrali che normalmente stavano 127 chilometri più a sud-ovest, direzione Torino. Al punto che qualche Anti Inter più cattivo, naturalmente non bianconero, è arrivato a definire l'Internazionale "la Juve del terzo millennio". Esagerazioni, però l'odio sportivo nasce così, e dopo è difficile bloccare la moltiplicazione delle cellule.
Non è escluso che gli Anti Inter ce l'abbiano pure con quel radical-chic di Massimo Moratti: era simpatico solo da perdente, anche questo è un destino ampiamente condiviso. Forse dà fastidio il suo spendere e spandere per la collezione di stranieri: ma ognuno, fino a prova contraria, col proprio petrolio fa quello che vuole. O magari c'è di mezzo il povero Materazzi, da eroe di Berlino a Fantozzi del Meazza.
Costui, di sicuro il calciatore italiano più insultato in ogni stadio, e ancora prima dell'inizio delle partite, è una comoda e abbondante icona per qualunque tifo contro: ma quando vinceva quasi da solo la Coppa del mondo, facendosi abbattere a testate, a tutti stava benissimo così, partito trasversale compreso.
E mentre Matarrese dice che "lo scudetto lo vince chi è più tranquillo", gli interisti toccano ferro e non solo. Poi, certo, si potrebbe rivolgere agli Anti Inter la domanda che magari chiude il dibattito. Preferivate Moggi? (Gli juventini che vincevano risponderebbero tutti sì, e neanche sottovoce).

Si ringrazia Bordo Campo.

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