martedì 6 gennaio 2009

Opinioni su Repubblica: Luca Sofri e Cristian Rocca tornano all'assalto. E picchiano duro, prendendo anche la mira.



Luca Sofri e Cristian Rocca, vecchie conoscenze di questo blog, sono tornati all'assalto sulla crisi d'identità del nostro amato giornale.

Tutto ha inizio da questo post di Luca Sofri sul suo Wittgenstein:

Confusi in un playback

I quotidiani italiani che compro ogni mattina variano in numero, secondo i periodi. Nelle scorse settimane erano sei, quest’estate tre, ieri e oggi cinque. Ma due sere fa, chiacchierando con dei parenti, abbiamo improvvisamente convenuto che di questi tempi, con internet e la scarsa qualità dell’informazione italiana, i quotidiani uno non li legge per sapere cosa succede: li legge per sapere cosa c’è sui quotidiani.

p.s. penso invece da un po’ di tempo un’altra cosa: che i giornali italiani dovrebbero ringraziarla, la crisi dei giornali. Che se solo ci fosse un minimo di mercato e qualche soldo, il primo che passa farebbe un buon giornale e se li mangerebbe tutti.


Il post di Sofri ha stuzzicato Cristian Rocca che su Camillo ha così scritto:


Giornali


Luca ha scritto cose vere sui giornali italiani: ormai non li leggiamo più per leggere che cosa succede, ma per sapere che cosa c’è sui giornali. Io, senza parlare del mio, ne sfoglio soltanto due, Corriere e Repubblica (Rep. online). Quando sono in Italia aggiungo la Stampa e ogni tanto il Riformista. In redazione ho anche gli altri, di cui guardo velocemente soltanto la prima pagina (tranne quando voglio ridere, e allora li sfoglio). In generale non si trovano quasi mai cose interessanti da leggere (salvo che sul mio, anche quando non sono d’accordo). La Stampa è il grande giornale dove trovo più cose, malgrado i deliri di Barbara Spinelli e un certo autoritarismo questurino. Il Corriere ha un eccellente gruppo di editorialisti (Panebianco, Galli della Loggia, Battista, Giavazzi, Ostellino, Gaggi e Grasso, più Hitchens) e poco altro. La Repubblica può vantare il più inutile gruppo di editorialisti contemporanei. Proprio l’altro giorno notavo come su Repubblica, al di là di come la si pensi, non ci sia mai un editoriale da leggere. Io, per esempio, non conosco nessuno che legga Scalfari, Bocca, Aspesi, Rodotà, Valentini, Citati e Caracciolo di cui sappiamo circa trent’anni prima che cosa scriveranno e, soprattutto, che non gli basteranno diecimila battute. L’unico che si fa leggere, almeno da me e per arrabbiarmi, è Bernardo Valli. Zucconi è un genio, ma le cose che scrive possono essere lette solo da chi non ha mai messo piede in America o è strafatto di pregiudizi. Giuseppe D’Avanzo e Massimo Giannini non fanno gli opinionisti, ma dettano la linea politico-editoriale del momento e ogni due giorni annunciano con inquietudine di aver scoperto la nuova P2. Francesco Merlo s’è perso. Berselli fa quello che può. Serra è un autore satirico, specie quando pensa di non esserlo. Maltese sa scrivere solo che Berlusconi è un porco. Poi ci sono i frequenti editoriali, rubricati alla voce "idee", ma pubblicati esclusivamente per il nome altisonante da poter sfoggiare in prima, quasi mai per il contenuto: Nelson Mandela, Salman Rushdie, Tony Blair (quando si portava), Desmond Tutu e molti scrittori americani e israeliani. Mi chiedo come sia possibile che dal giornale dell’intellighenzia della sinistra liberale, democratica e moderna (almeno, così dicono loro) in tutti questi anni non sia mai uscito uno che abbia cose da dire, da analizzare o da raccontare. La risposta forse è facile: Rep. non è il giornale della sinistra liberale, moderna e democratica. Ci sarebbe, poi, da parlare delle pagine culturali, di quelle dello spettacolo e dei magazine, ma rischierei la querela. Anche se, di nuovo, il Corriere ha almeno il merito di aver arruolato Alessandro Piperno e Paolo Giordano, due che sanno scrivere e raccontare.

Il cerchio si chiude con un secondo post di Sofri:

Appunti per un quotidiano da fare


Non si chiudano risentiti a riccio gli amici che ho a Repubblica: questa cosa la potrebbe scrivere chiunque ogni giorno (persino farne una rubrica), e diverrebbe forse noioso. Ma un giorno ogni tanto, ricordare come stiamo messi magari aiuta. Magari.
Quando io dico che i quotidiani italiani sono fatti male - molto male - non mi riferisco di solito a chi li scrive (che pure…) ma a chi li fa, appunto. È la costruzione del giornale, la sua ideazione, il modo in cui si sceglie cosa farne, cosa pubblicare, quali pezzi commissionare, quali copiare, a chi affidarli, come impaginare, come titolare, cosa scrivere nelle didascalie, cosa mettere nelle brevi. Questa è la parte più trasandata e maldestra dei giornali italiani, quella dove il controllo della qualità è più basso o inesistente. Ogni giorno compaiono sui quotidiani italiani trascuratezze, errori, e cose spiegate male per cui la formula “rispondiamo solo ai nostri lettori” dovrebbe avere un senso: perché i lettori domandano “ma come cazzo li fate ’sti giornali? ma che vuol dire ’sta roba?”.
Prendete Repubblica, oggi. In prima pagina (in prima pagina) ci sono due articoli due dai corrispondenti in America, entrambi molto bravi. I due pezzi sono sullo stesso argomento (le dimissioni di Bill Richardson) e sono uno accanto all’altro: e in prima come di consueto compaiono solo le prime righe. Tra queste prime righe, nel pezzo di Calabresi è scritto che Obama “perde uno dei suoi pezzi migliori, Bill Richardson”; dieci righe dopo, in quello di Zucconi è scritto che Obama “perde uno dei pezzi più pregiati del team, il ministro Bill Richardson”. E ancora: il pezzo di Calabresi, all’interno, dice che si tratta di “un pesante colpo di immagine” e “un brutto colpo di immagine”. E qual è il titolo in prima pagina? “Brutto colpo all’immagine”, certo: solo che è il titolo del pezzo di Zucconi.
Nello stesso numero di Repubblica a caso, quello di oggi, c’è un titolo in cui è scritto “raimbow”, con la emme. E un articolo sulla morte del figlio di Travolta in cui si usa la formula “Travolta e Kelly Preston hanno sempre negato che il figlio soffrisse di autismo”: cosa vuol dire? Da dove nasce questa smentita? Qual è la notizia, che era autistico o che non lo era? E soprattutto, cosa c’entra? Boh, non è dato saperlo. Nel supplemento R2 c’è una pagina intera dedicata alla smentita dei luoghi comuni su cosa si produce dove in Italia. La storia poteva essere interessante: solo che se leggi l’articolo l’unica sorpresa è che si produrrebbe più marmo in Sicilia che a Carrara. Tutti gli altri luoghi comuni sono rispettati: la moda in Lombardia, la pasta in Campania, e le presunte sorprese sarebbero che si fa più vino in Veneto che in Toscana e che sui motori da diporto la Lombardia supera la Liguria. Il tipico pezzo che in una redazione normale il giornalista propone, il caporedattore dice “buono: va’ avanti”, poi vede i risultati e decide di lasciar perdere.
Sulla Stampa, che di solito è fatta un po’ meglio, oggi c’è un pezzo in prima pagina che racconta una storia che sembra notevole e particolare: le persecuzioni e minacce subite da uno che crea suonerie telefoniche. Vi starete chiedendo perché: qui c’è l’articolo. Io non l’ho capito, e se lo capirò sarà solo facendo delle ricerche su internet, ora che mi è venuta la curiosità. La famigerata internet.


Ringraziamo Andrea G. per le ottime segnalazioni.

La foto è di Nadav Kander.

3 commenti:

Saul Stucchi ha detto...

caro Enrico, mi sono stampato questo post per leggerlo con attenzione e calma perchè alla prima scorsa mi erano sembrati giudizi sparati un po' a vanvera, più che analisi. la stampa e la lettura a freddo sono servite. a confermare la prima impressione. ovviamente ci muoviamo nel campo della soggettività e io per primo non mi sentirei di sottoscrivere l'affermazione "Il Corriere ha un eccellente gruppo di editorialisti", tantomeno i nomi in parentesi. io personalmente non sopporto Panebianco e Galli della Loggia. di quest'ultimo penso quello che Rocca pensa di Serra, con l'aggravante che EGDL NON è un autore satirico. "Maltese sa scrivere solo che Berlusconi è un porco" non mi sembra un'analisi. mi pare più una c. "Rep. non è il giornale della sinistra liberale, moderna e democratica" dovrebbe dare avvio a un dibattito infinito. soprattutto su cosa sia la sinistra liberale, moderna e democratica (ma ho paura che per qualcuno la sinistra italiana o la sua parte più "presentabile" non sarà mai sufficientemente liberale, moderna e democratica". Oddio, se bisogna finire come Capezzone e/o Velardi, io metto la firma per questa sinistra NON liberale, moderna e democratica. e poi, apro e chiudo subito parentesi, che vuol dire oggi "democratica"? è tirannica la sinistra italiana che Rep.rappresenterebbe? oligarchica? aristocratica? genus mixtum? polibiana? revanscista? maoista? termidoriana? togliattiana? giovannirana?)
“ci sarebbe, poi, da parlare delle pagine culturali…”: su questo blog io stesso ho scritto che le pagine culturali di Repubblica – secondo me – sono peggiorate sensibilmente e notevolmente. Non ne farò quindi una difesa d’ufficio. Certo, in giro c’è di peggio. A cominciare proprio dal Corriere e dai pezzi di Alessandro Piperno. Io personalmente al Corriere invidio solo due cose: Ettore Mo e la collaborazione di Luciano Canfora. Da sempre preferisco le pagine culturali di Repubblica a quelle del Corriere; ripeto: sono peggiorate, anche per “colpa” - sempre secondo me – degli articolazzi e dei commenti di Sofri senior, che si cimenta senza remore su tutto lo scibile umano con una sicumera da Media Mogul che a me urta i nervi (ma, ripeto, sono gusti). Concordo con Sofri junior che la trasandatezza è imbarazzante, ma riguarda tutti i giornali (non solo i quotidiani e non solo i cartacei). Come lettore pagante, vorrei meno pubblicità interna, meno marchette, più parti scritte in rapporto alla pubblicità. Insomma, ragazzi: lavorate un po’ di più e un po’ meglio. Prendete a esempio El Pais (lo so: il mio è un consiglio di parte), soprattutto per gli inserti Babelia e Domingo. Lasciate perdere invece i giudizi di chi vorrebbe che Repubblica diventasse una sorta di Giornale con meno barzellette o un Riformista per adulti. Repubblica resta un grande giornale e a noi piace. Sempre di più di tutto quello che c’è in edicola.
Ciao, Saul

wittgenstein ha detto...

Cioè, sei d'accordo col mio post, mi par di capire. Ciao, Luca S.

Anonimo ha detto...

Considerando che Repubblica e Corsera hanno entrambi dei buoni cronisti, inviati e corrispondenti, trovo che il secondo abbia degli editorialisti "aristocratici" e "settari" (non che il domenicale di Scalfari sia leggibile da tutti, anzi).
Salverei solo Stella (che però è anche inviato), Sartori e Romano.
Ciò che mi spinge a preferire Corsera a Repubblica è un buon mix delle migliori firme del Corsera (Stella, Sartori, Ferrari, Mo, Olimpo, Cremonesi...). Se vedo solo EGDL, Panebianco, Battista evito.
Le pagine culturali del Corsera sono spesso troppo "accademiche", riservate a pochi. A differenza di Saul, però, credo che Piperno sia una gran firma e il suo colloquio con Saviano (pubblicato tempo fa) sia da conservare a vita per il ritratto "alternativo" che fa.
[Qui va un punticino di più a Repubblica (che ieri ha inanellato una seri di articoli interessanti su la tv francese, con intervista ad Augé, Larsson, Chatwin, Hikmet...)]