martedì 22 ottobre 2019

“Quando il gioco si fa duro… i duri cominciano a giocare…” - il racconto integrale dell'ex marciatore Raffaello Ducceschi.

Pubblichiamo un lungo articolo-racconto firmato dall'ex marciatore Raffaello Ducceschi, che dopo aver letto questo recente articolo di Emanuela Audisio apparso su Repubblica del 1 ottobre scorso (foto sotto) sul problema del caldo atroce che ha sconvolto i mondiali di atletica leggera, ha deciso di dire la sua sul problema delle temperature bollenti durante le competizioni.



L'idea nasce il giorno in cui il vostro Feticista Supremo invia il pezzo della Audisio a Ducceschi (i due sono amici di lunga data, come leggerete meglio nel pezzo) chiedendogli un commento a caldo da poter poi ripubblicare su PPR

Ne è venuta fuori una bella testimonianza, accorata e a tratti convulsa, di chi certe cose le ha vissute sulla propria pelle.

Abbiamo scelto, insieme all'autore, di pubblicare lo scritto in cinque parti separate. 

Buona lettura.

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Nota introduttiva dell'autore (che vedete nella foto sotto mentre taglia il traguardo al Campionato Mondiale di Roma del 1987 in cui si classificò quarto con il tempo di 3h47'49").

Per i fanatici della punteggiatura tradizionale, perfetta e corretta: non mi piace, non mi sembra adeguata, la punteggiatura tradizionale, va bene per scrivere saggi, articoli di cronaca e politica… mi sembra nata più per risparmiare carta… son un creativo, non un giornalista… la mia punteggiatura è un esperimento e una proposta… vuole creare le pause tra le frasi slegate di un discorso narrato a voce… nel quale principale e subordinate se ne vanno ognuna per conto suo… più teatrale, più poetico… o almeno ci provo… pause lunghe… pause per pensare… più lunghe di una virgola… due punti… e punto e virgola!



“Quando il gioco si fa duro… i duri cominciano a giocare…”

Qualche giorno fa ho letto il bell’articolo di Emanuela Audisio (scritto per Repubblica) sui "bollenti" mondiali di atletica in mezzo al deserto, in Qatar, a Doha…

Io vivo a Barcellona, in Spagna, colpa della marcia: ai miei tempi tutto il mondo andava in Messico ad allenarsi, in altura, e parlava spagnolo… già che ci sei, cucchi in spagnolo… poi ti sposi… fai figli… e sono qua.

Le gare le guardo poco, poco tempo… se non partecipo, almeno organizzando o allenando, soffro troppo…

Sono quindi un po’ fuori dal mondo… ma ci pensano gli amici a tirarmi dentro…

Qualche giorno fa il caro Enrico Maria Porro mi ha chiesto “scrivi 2 righe sul pezzo della Audisio”… Mi conosce bene e sa cosa rischia.

Ed eccoci qua…

Emanuela ha ragione, le condizioni a Doha sono estreme, più di 30 gradi, 70% di umidità e più…stadi vuoti… gare di notte…

Certo, bisognava dare ai paesi arabi i primi campionati di atletica… però vengono dei dubbi…
ma analizziamo… (perdonatemi, ho il pallino della storia e della memoria, ogni tanto vanno rinfrescate…)

Cominciamo dal clima: Doha è tremendo, va bene… ma guardiamo altrove… a Milano per esempio… Fa sempre caldo, fa sempre umido… se non vai sotto le montagne il vento è un miraggio nel deserto…

Nel 2003 a Milano da giugno a settembre c’erano dai 30 ai 40 gradi, umidità tipica milanese, minimo 70% con punte molto più alte… tre mesi tremendi… se le olimpiadi le fai a Milano… se ti tocca l’anno sfigato, è peggio di Doha… conviene allenarsi in Sicilia, almeno in riva al mare fa vento e rinfresca, a Milano no. Scusate… di dov’è la marciatrice Giorgi?

A Barcellona 1992 oltre al caldo umido ci misero pure la salita finale, che porta allo stadio olimpico sul Montjuïc, etimologicamente Monte Giudeo… dopo 49 km un incubo lungo un chilometro…almeno per me che non sopportavo le salite, non le sapevo fare… quasi quasi ringrazio di non averla fatta…

E Tokyo? Dicono sia peggio di Milano… Sarà casuale che han vinto la 50 km e la 20 km due giapponesi?

Notte.

Scelta pessima, specialmente per la marcia che deve essere giudicata e ha bisogno di luce per essere vista bene… Nel 1978 ai campionati europei di Praga ebbero la brillantissima idea di relegare le gare di marcia di notte… una novità… chissà perché non ci aveva mai pensato nessuno a far la marcia di notte? … illuminarono il percorso di gara con i fari dei camion militari: creatività…Ceca!
Dicono che non si vedesse niente… sotto i piedi di alcuni atleti “si poteva giocare a bocce”… battuta da marciatori: saltellavano da squalifica come “non si era mai visto”… e non lo videro nemmeno i giudici… ne arrivarono troppi al traguardo… compresi gli “squalificandi”…

Postilla per la Giorgi e Praga 1978: la Giorgi ha avuto molti problemi di squalifica in passato, non conosco l’illuminazione notturna di Doha, ma non credo che l’abbia avvantaggiata, credo piuttosto che sia stata saggia la scelta di passare alla lunga distanza: il ritmo più lento aiuta ad evitare problemi di squalifica, difatti vinse già in primavera in Coppa Europa con nuovo record europeo, casomai il caldo di Doha ha aiutato a rallentare il ritmo.

Caldo e deserto

Melbourne 1956

Pino Dordoni, campione olimpionico della 50 km nel 1952 a Helsinki, per tutti noi marciatori italiani era “il Cavaliere”.  Per antonomasia. A tutte le giovani matricole della nazionale di marcia faceva lo scherzo di non rispondere “signor Dordoni…signor Dordoni? …mah …non sente…?” “chiamalo Cavaliere…” suggerivamo… “Cavaliere…” chiedeva titubante la matricola “sì? mi dica…” … già dagli anni settanta diceva ”han fatto Cavaliere del Lavoro tanti ladri…almeno a me mi han fatto per meriti sportivi…chiamatemi Cavaliere”.

Profetico? No. Solo buon osservatore… di Merlbourne raccontava: “già solo per arrivarci ci vollero 52 ore di volo ad elica eravamo già stanchi prima di cominciare”…a dicembre…per gli Australi furono le prime olimpiadi “estive”…sì, perché gli australi le olimpiadi “estive” le disputano sempre…in pieno inverno!…è un bello svantaggio, si devono allenare nei mesi sbagliati… ma quella volta si presero una rivincita e le organizzarono nella loro estate… a dicembre appunto (nel 2000 a Sydney le organizzarono a settembre… alla fine dell’inverno… raffreddore per tutti)… ma non era sufficiente… nel 1956 durante la 50 km di marcia arrivò il vento dal deserto australiano, di sabbia, “il Ghibli” diceva Dordoni (che è un vento libico… ma non sottilizziamo) arrivarono in pochi, tanti i ritirati, vinse, guarda caso, un australe, neozelandese, mentre Abdon Pamich, italiano all’esordio olimpico, 4º… (si rifarà e vincerà molte medaglie).

Postilla sul Cavaliere: a Los Angeles dovevo fare l’ultimo allenamento lungo prima della 50 km, Dordoni mi seguiva in bicicletta dandomi l’acqua, ma sentivo già i primi sintomi (analizzando a posteriori) dell’anemia che mi avrebbe frenato in gara, poco dopo la metà dell’allenamento Dordoni mi vide già cotto e con l’affetto e la premura che lo distingueva, mi disse “prendi la bicicletta, che mi alleno io” e si mise a correre ed io a pedalare… Per anni poi raccontava l’aneddoto e amava concludere “hai mai visto un cavaliere che si mette a correre e porta (in bicicletta) il Cavallo?” … in allenamento come in gara, per i suoi alteti, faceva l’impossibile… con affetto e dedizione… alla mia prima 50 km in Germania Est, campionato tedesco, a metà gara piovve il diluvio, faceva freddo e quando stava incominciando a spiovere, fradicio, gli chiesi un asciugamano che avevo negli spogliatoi… lui aveva preso tutta l’acqua, stoico, i suoi atleti non li mollava… corse… poi un piano di scale… e poi giù di corsa con l’asciugamano e una maglietta asciutta ad aspettarmi al giro dopo… poi lo ricordò per anni “ma guarda te ‘sto matto! voleva asciugarsi e pioveva!”.

Alle Olimpiadi del 1968 a Città del Messico, che non è precisamente un posto fresco, si gareggiava a 2.000 metri di altitudine… velocisti e saltatori volavano… fecero record che “inspiegabilmente” durarono decenni… rarefazione dell’aria, minore gravità… totalmente sconosciute… invece maratoneti e marciatori pativano… i fisiologi inglesi organizzarono un convegno sul tema… l’unico che ci capiva qualcosa di altitudine era un fisiologo inglese, John Velzian che dal 1959 allenava in altura i primi keniani, li scoprì lui! Andò apposta a Nairobi alla ricerca di talenti, “scopritore e padre” di tutti i grandi fondisti africani, viene tutto da lui… nel 1968 sapeva già tutto… spiegò in un convegno ai fisiologi inglesi le sue esperienze “se ti alleni per qualche mese in altitudine, ti abitui” ma lo presero per pazzo (per altri dieci anni)…

Los Angeles 1984: Non si uccidono così anche i cavalli?

Chi (non) si ricorda della maratoneta svizzera a Los Angeles?


A Los Angeles c’era un caldo spaventoso, secco, a Gabriela Andersen-Schiess prese un colpo di sole, quando era già quasi al traguardo in pista, non correva, barcollava, non camminava… si trascinava, tutta storta, peggio di un burattino… sembrava sul punto di cadere ad ogni passo…”Aiutatela!” macché!

Dorando Pietri nelle olimpiadi del 1908 a Londra, in piena crisi, all’ultimo km della maratona, primo ad entrare allo stadio, crollò a terra più volte, fu rialzato e poi sorretto dai giudici emozionati, accompagnato al traguardo, vincitore, oro! e poi… squalificato dagli stessi giudici che lo avevano aiutato, per essersi lasciato aiutare da loro…
…da allora, finché non crolli a terra nessuno ti tocca più… ti lasciano crepare lì… non sia mai che post mortem, ti squalifichino!

Così la Gabriela svizzera, stoica percorse l’ultimo lentissimo giro di pista, sola, piegata in due… non mollava… arrivò da sola al traguardo, i giudici la sorressero dopo, 37ª maratoneta, ma non ultima di 44 che L.A. ne ha… (Dario Fo)

Però queste cose le paghi care, fisicamente, con la sua agonia, lunga quanto un giro di pista raggiunse la fama mondiale… tutti agonizzarono con lei in diretta TV… (guardatelo su YouTube). Come per Dorando, Nicola and Barth, “that agony is your triumph” (Joan Baez)… ma lei chiuse lì la sua carriera.

Ma pochi sanno che non fu la sola.

Maurizio Damilano, per esempio, rischiò la fine dell’elvetica nella 50 km di marcia.
Pochi giorni prima, nella 20 km, i favoriti erano Ernesto Canto, messicano, e Maurizio… outsider Raul Gonzales, pure messicano, campionissimo della 50 km…
La gara la fanno loro tre, verso il 15 km Maurizio li stacca… è in fuga verso la vittoria ma prende la seconda bandiera bianca di ammonizione, alla terza (forse) vai fuori… e rallenta, meglio non rischiare… invece i 2 messicani hanno due cartellini rossi, (segreti) nelle mani del giudice presidente, due proposte di squalifica alla terza vanno fuori (sicuro)… ma Maurizio non lo sa… il presidente dei Giudici è italiano, Tosi, ha le proposte in mano, potrebbe avvertire aumm aumm. Maurizio, è il vantaggio del presidente… potrebbe dirgli “Maurizio, non hai cartellini rossi, i messicani ne hanno due! vai!” non è un santo ma è pur sempre il protettore dei marciatori italiani… squalifica gli altri… (per questo c’è un solo giudice per nazione, per squalificare ce ne vogliono tre) ma quella volta se ne dimentica, non avvisa Maurizio e lui rallenta… meglio un bronzo oggi… che la squalifica… un altro oro, un domani… i messicani hanno anche loro le 2 bandiere bianche, non sanno di avere i 2 cartellini rossi, ma sono messicani ed il loro motto è “mejor morir delante que vivir detras”… se la giocano e gli va bene: rientrano… attaccano e staccano Maurizio, è guerra in Messico…
…ma Raul soffriva il caldo e si spugnava… Ernesto e Maurizio no, non soffrivano e non si spugnavano, ma Raul sì… ad ogni giro, attraversava la Sepulveda Avenue a 3 corsie, per prendere le spugne, diabolicamente poste dal lato sbagliato della strada… allungava almeno 6 metri e ad ogni giro perdeva un paio di secondi… calcoliamo… per 6 o 7 giri fanno 12 secondi… arrivò 6 secondi dietro Ernesto e perse l’oro… Insomma chi soffre il caldo si spugna, sempre…
chi non lo soffre non si spugna mai… o quasi…

Pochi giorni dopo gareggiammo sulla 50 km stesso caldo spaventoso… fondamentale spugnarsi… a Maurizio Damilano che al 40º (gradi e km) era secondo, in vista dell’argento, toccò quasi la stessa sorte della svizzera…
ma andiamo per ordine…
Pronti via Maurizio va dietro al grande favorito, Raul Gonzales, e dietro loro vari inesperti aspiranti suicidi, io e Bellucci strategia prudente, partiamo tranquilli, sole a picco, solito caldo secco, fu subitio tremendo, all’inizio gara prendevamo 5 o 6 spugne… ci buttavamo in testa anche l’acqua da bere… c’erano anche delle “docce nebulizzatrici”… bagnare non bagnavano una fava, rinfrescare meno che meno… funzionava così: per due secondi o tre, dal deserto californiano, entravi nelle nebbie della val padana a 35 gradi, e dopo aver provato l’ebbrezza dell’afa asfissiante lombarda tornavi a Los Angeles… grazie…

E a proposito di spugnaggio, nella foto qui sotto un momento del Campionato Italiano di 50 km di marcia nel 1984 svoltosi a Palermo. Da sinistra: Sandro Bellucci (arrivò 2º), Giorgio Damilano, Maurizio Damilano, Raffaello (che vinse).


Ma l’acqua non era sufficiente.

Siccome c’erano pure dei bicchieri con la scritta da miraggio “Ice” allora io e “Ciccillo” Sandro Bellucci facemmo entrambi in tempi diversi la stessa minQuyata alla disperata ricerca di refrigerio (ma l’unico Re Frigerio lí era Ugo, il campione milanese che alla sua terza olimpiade, dopo tre ori nelle prime due, vinse il bronzo nella 50 km a Los Angeles nel 1932…) dopo aver scoperto che l’acqua quando è solida non si riesce a bere, d’istinto, provammo a muovere il bicchiere di cubetti di ghiaccio, capovolto in testa, per vedere se per “frizione” sui capelli ci saremmo bagnati un po’…macché! io mi dico “ma sei scemo? come ti viene in mente che possa funzionare?” e butto cubetti e bicchiere… il giro dopo Bellucci mi passa, provo a seguirlo… al tavolo del ghiaccio, vedo che prova anche lui a frizionarselo sui capelli e lo butta anche lui incazzato… mi sento un po’ meno cretino… i chilometri passano, raccogliamo cadaveri cotti dal sole, uno dopo l’altro, il caldo aumenta… lo spugnaggio è uno ogni giro, 2,5 km… ma l’acqua non basta mai e verso la fine della gara Bellucci ed io cominciamo a rovesciarci i SECCHI d’acqua delle spugne in testa… senza fermarsi, al volo, 1, 2, 3, 4 secchi d’acqua uno dietro l’altro… quanti ne riusciamo ma dopo un giro siamo già SECCHI…

Maurizio in fuga con Gonzales… son soli… verso il 40º (km o gradi?) Maurizio patisce il caldo e si stacca, è ancora secondo dietro Raul Gonzales (quello che perse l’oro nella 20 km per spugnarsi)…ma poi arriva l’insolazione…

…un poco di topografia: la gara si svolge sulla Sepulveda Avenue, su un rettilineo di 1.250 metri, con 2 boe per un totale di 2 km e mezzo… in realtà non è solo il percorso di gara, potete controllare su gugol maps…la Sepulveda è un rettilineo di 30 km che attraversa Los Angeles… nessuna curva, neanche un accenno, uno di quei colpi di righello degli urbanisti del nuovo mondo… ma per Maurizio no, per lui il sole fa un eccezione e gliele dà… e dopo la gara Maurizio ci racconta: “all’improvviso ho visto la strada tutta a curve… il pubblico mi correva incontro… poi scappava indietro… poi di nuovo verso di me e poi di nuovo si ritirava indietro… molte volte… non capivo…ma ero io…” i suoi fratelli (Giorgio, suo gemello, 11º alle olimpiadi di Mosca era riserva, e Sandro il fratello grande allenatore (in entrambi i sensi, come fratello e come allenatore, mettete la virgola dove volete…) lo aspettano al tavolo dei rifornimenti in ansia per l’argento oramai sicuro… e lo vedono arrivare a zig zag, seguendo le curve che non ci sono… lo prendono e lo obbligano a sedersi e ritirarsi… per non fare la fine della svizzera… ma la Gabriela, entrata in pista, non la poteva più fermare nessuno, loro invece sono in strada e lo fermano… per continuare a vincere medaglie a volte bisogna ritirarsi… ha ragione Emanuela Audisio così si ammazzano anche i cavalli...

Nella foto sotto Ducceschi alle Olimpiadi di Los Angeles 1984 impegnato nella 50 km di marcia in cui si classificò quinto con il tempo di 3h59'26". Quella che si vede è la Sepulveda Avenue.


Dopo la gara (la 50 km alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984 ndr) io e Sandro Bellucci gli chiediamo “Maurizio, ma non ti sei spugnato?” “sì certo!” risponde, “quanto?” insistiamo “molto!” e noi scettici “…ma molto quanto?” “mah…all’inizio una spugna… alla fine anche 4 o 5…” Ciccillo ed io… prendevamo i secchi…

Ernesto Canto, l’oro della 20 km che non pativa il caldo si prese anche lui la sua insolazione… a circa 10 km dal traguardo vedo davanti a me, in mezzo al percorso di gara un gruppo di messicani con chitarra e sombreros camminando… non capisco “Qatsho fanno?”… mi avvicino al mio ritmo…in mezzo Ernesto, lentissimo… il pubblico messicano lo incoraggia “venga Ernesto!” andavano molto più forte di lui… se lo cercate sulla Sepulveda è ancora lì che arriva…

…scusate devo ricordare un curioso fatto statistico… sembra che a Los Angeles i marciatori italiani arrivano sempre 3º e 5º: 1932, 50 km, Fringerio 3º, Rivolta 5º; 1984, 20 km Damilano 3º, Mattioli 5º; 50 km, Bellucci 3º ed io 5º…potenza dei numeri…

Postilla per la famiglia Damilano: a Doha Sandro Damilano ha vinto un’altra valanga di medaglie come allenatore della squadra cinese… Maurizio Damilano, se non sbaglio è ancora il campione che ha vinto il maggior numero di medaglie dell’Atletica Leggera Italiani… Ma Sandro come allenatore ha vinto tutte le medaglie di Maurizio… poi un’altra grande quantità con atleti italiani… ma da quando ha incominciato ad allenare la squadra cinese il numero è esploso… sono decine e decine…sospetto che come famiglia sono un caso unico nelle sport mondiale… agli statistici l’arduo calcolo…

Ma allora? l’acua in sü i cujun! 

Facciamo solo gare al fresco? per marciatrici e maratonete? (includo i maschi nel generico femminile… oramai c’è pure la 50 di marcia… siamo tutte uguali…f emmine e maschi…) e no! ci sono i 100 metri! ci sono anche i salti! Quelli vogliono il caldo! per un mondiale al fresco ce n’è uno al caldo… uno per resistenti e uno per esplosivi che al freddo si rompono… allora dobbiamo fare solo gare “tiepidine”? una via di mezzo? accontentiamo tutti o… scontentiamo tutti? Ma poi… siamo sicuri che proprio tutti le marciatrici e le maratonete vogliono il fresco?

Comincio da me… io preferivo il caldo… perché? perché pativo il caldo…proprio non lo sopportavo! per tutta la mia adolescenza sognavo le spugne… da Allievi e Junior non te le davano mai… mentre sudavo e soffrivo nelle gare estive S-ragionavo coi giudici… “a partir dai 20 km” dicevano… ma Qatsho! “a partir dai 20 km le spugne sono OBBLIGATORIE! sotto i 20 son facoltative in base al clima!” invece quelli (Strohntsi) interpretavano il regolamento in senso inverso restrittivo “sotto i 20 km spugne per nissün!” (i miei giudici erano lombardi)

il mio allenatore da ragazzino, Aldo Musazzi “el Müsass” per i milanesi, veterano della guerra d’Africa e della 100 km di marcia ci insegnava il suo trucco segreto: “mi…quan faseva cald… ciapavi la spügna piena d’acqua frègia…aprivo i pantaloncini e sciaff strissavi l’acua in sü i cujun! e zam ! … partivi come un lampo”… non lo dimenticai mai e lo feci spesso..

regola numero 1: spugnarsi sempre… in casi estremi, sui coglioni troppo caldi…
(il trucco segreto del Müsass)

Nella foto qui sotto Ducceschi durante il Campionato Italiano di marcia 50 km nel 1984 a Palermo. Si classificò primo con il tempo di 3h43'


Postilla 5 per i coglioni: cerchiamo di capirli, sono importanti, la natura gli ha affidato il futuro…questi grandi competitori… s i giocano tutta la sopravvivenza della specie in una sola maratona… provateci voi a vincere all’esordio contro più di un milione di competitori agguerriti… se i testicoli si scaldano troppo… si prendono un colpo di calore e non arrivano più a congiungersi con la loro dolce metà… l’ovulo… allora capite che è importanissimo che rimangano a temperatura più o meno costante… come fare?… allora la selezione naturale (come direbbero Darwin o Telmo Pievani) ha sviluppato un meraviglioso ed imperfetto congegno… lo scroto… questo sacchettino… se fa freddo si restringe, se fa caldo si allunga… le palle van su e giù come due ascensori… ed ecco spiegato fisiologicamente il trucco segreto del Müsass… In una lunga gara di resistenza al caldo i suddetti pendagli, mentre quelli del pubblico si squagliano nella noia dell’attesa… quelli del campione (qui è d’obbligo il generico maschile) corrono il rischio di torrefazione… una spugnata di acqua fredda… o anche il contenuto di una bottigliata ghiacciata ha l’effetto di una sferzata… riparti come un razzo…ve lo garantisco! …ditelo ai giovani… ricordate il trucco del Müsass! … per i maschi… e le femmine? … non lo so… lascio alle più creative il compito di sperimentare cosa spugnarsi…

Poi passai Senior e arrivarono i frullati di fegato e gli spugnaggi...

... con anni di ritardo e scoprii che se mi spugnavo solo io… gli altri scoppiavano e io andavo da dío… Los Angeles lo dimostra:
a Los Angeles ero tra i favoriti ma andai pianissimo… non per il caldo, il caldo lo sentii poco, (vedi i coglioni) ma per l’anemia (lo scoprii l’anno dopo col dottor Rodolfo Tavana, poi “refurtiva” del Milan calcio che lo rubò all’atletica… mi trovò sempre anemico, e mi curava con frullati di fegato crudo… a me il fegato piace… va in giro ancora adesso a dirlo in conferenza “avevo un’atleta che beveva frullati…”) a Los Angeles feci un tempo che al fresco sarei arrivato 20º… ma si ritirarono tutti… (17 arrivati e 17 tra ritirati e squalificati) e arrivai 5º…Grazie Caldo!

Gli anni seguenti cercai invano una rivincita in gare fredde nel canale di Irlanda, a Stoccarda e a New York… mentre mi allenavo per i Mondiali di Roma 1987 ascoltavo con il walkman Jimi Hendrix “Where are you when in the hot come Summer?” pensavo al calore romano, mi gasavo, e macinavo km…

A Roma 1987 per la prima volta le marciatrici gareggiavano sui 10 km anziché sui 5 km… gara più lunga il caldo picchia di più… gara di pomeriggio afoso… le marciatrici avevano (finalmente) per la prima volta i rifornimenti in gara ma non erano abituate… se poi non c’è la spugna puoi buttarti in testa l’acqua da bere… ma erano inesperte… passarono dalla strada afosa, ai tunnel più freschi e poi dentro il calderone insopportabile dello Stadio Olimpico… io stavo guardando la gara col campione australiano Andrew Jachno, carissimo amico, incoraggiando sua moglie Lorraine…lei entra nel tunnel… noi entriamo nello stadio correndo, usciamo nelle tribune… e sento Andrew che grida “oh My God! that’s Lorraine” non capisco cosa vuole dire… le marciatrice son piccoline, lontane in pista, non si distinguono… poi vedo che mi indica che sullo schermo gigante dall’altra parte dello stadio c’è un occhio gigante grande 5 metri… aveva riconosciuto credo l’iride della moglie (potenza dell’amore sportivo) ripresa in primissimo primo piano dal cameramen… era crollata al suolo svenuta nell’afa romana… ì a 100 metri dal traguardo, troncata dallo sbalzo termico e dall’inesperienza… ma mica era sola… Giuliana Salce la campionessa mondiale indoor insidiata da Maria Grazia Orsani, giovane promessa di Afragola, campana, entrambe suonate come una suddetta (ma in senso musicale e non geografico) campana… cadevano al suolo, tra i vasi di fiori del rettilineo dell’arrivo, marciatrici di ogni nazionalità… tutte quelle che non si erano idratate…

Qui trovate il reportage di quella gara infernale firmato per Repubblica da Emanuela Audisio

Qui trovate un filmato in cui si vede l'arrivo nello Stadio Olimpico di Lorraine Jachno. Il filmato è arricchito dal commento di Abdon Pamich invitato come esperto e che risponde alle domande del commentatore RAI.

Nella foto sotto la folla stipata sulle tribune dello Stadio Olimpico attende l'arrivo delle marciatrici


Io empatizzo con le amiche marciatrici… ho sempre empatizzato con le donne… con i maschi meno… sono avversari… soffro per le amiche svenute in gara… ma mi frego le mani… “Where are you when in the hot come Summer?” …
Mi frego le mani… ma solo fino al giorno in cui il commissario tecnico Enzo Rossi ci comunica “partenza della 50 km alle 7 di mattino” ..7+4=11… arrivo verso le 10 e quaranta del mattino…”Comeeee?…oh ma Enzo! Ma siete tutti Scemi? Qatsho facciamo? organizziamo i mondiali per far vincere i tedeschi dell'est e i russi?”

Sì avete capito bene: è arrivata l’ora di fare Outing anche per me…
…ho fatto truccare i mondiali di Roma per andare a medaglia…lo confesso…


Non ricordo se ho proprio detto “siete tutti scemi” a Enzo Rossi… era il Boss… il CT… ma ero moooolto incazzato e più o meno il senso era quello…
Qatsho! ma cambiate la partenza! Noi andiamo forte col caldo! Cambiate l’orario! ma Mettetela alle 9! così arriviamo… (9+4 ore…10, 11, 12…) alle 13! ma fateci partire alle 10 così arriviamo alle 14! e andiamo a nozze!”… Enzo Rossi non rispose...

Scusi lei è Ducceschi?

Qualche giorno dopo stavo facendo colazione nel centro dell’Acqua Acetosa dove eravamo alloggiati noi italiani… si avvicina un cameriere e mi chiede “scusi lei è Ducceschi?” “Sì” minQyha…ma sono così famoso?” mi stupisco. Ai marciatori non ci kakha mai nessuno… “Il Presidente le vuole parlare” “chiii?” “il Presidente Primo Nebiolo…la aspetta” e mi passa il telefono del ristorante…
…il Grande Presidente Mondiale, il Signore dell’Atletica vuole parlare proprio con me? Oddio cos’avrò combinato stavolta? “Pronto!…” oddio è proprio Lui “…allora Raffaello…Ti abbiamo cambiato la partenza…” sono emozionatissimo ”…partirete alle 8, ora devi andare a medaglia!” …merda! troppo presto! …penso…non si poteva fare alle 9? …almeno alle 8:30? …“Bene! …Grazie Presidente”.

Esco dal ristorante, felice come una pasqua incontro Enzo Rossi proprio lì fuori… “Oh Enzo! Grazie…mi ha appena detto il presidente che mi avete cambiato la partenza…” “aho! ma che sta’addí? …ecché stiamo a cambiare la gara atté? …Abbiamo cambiato la gara… per problemi coi sindacati… perché ci son molti uffici vicino al percorso di gara… ci son problemi coi parcheggi…quindi abbiamo spostato la gara… mica la spostiamo per te…” una bella lezione di Aumm’ Aumm’…

Regola numero 2: “Negate, negate sempre…” (Dustin Hoffman, Lenny)

Poco dopo incontro gli amici australiani Simon Baker (futuro oro in coppa del mondo 1989 a Barcellona) ed Andrew Jachno (ricordate? il marito della moglie svenuta in mezzo ai vasi di fiori… )… “Stronzo! sei stato tu!” …e ridevano… ok, avevano saputo del cambio partenza… non ricordo bene le parole in inglese ma giurerei che avessero detto proprio il complimento in italiano che fa rima con Bronzo… io con una faccia equivalente risposi (come diceva Enzo?) “…it was not for me, it was for a parking problem, the people, the cars, the Unions…” …non so perché ma non mi credettero…

qualche ora dopo incontro Rudy, il mio medico, Rodolfo Tavana “Raffaello! sei un pazzo criminale! ma non hai visto le donne?” …ma insomma! …che imparino a spugnarsi no?…mi sentivo un po’ colpevole per aver fatto cambiare l’orario a mio favore…ma il senso di vergogna durò poco… poche settimane…anzi…mezzo metro…quello che regalarono a Giovanni Evangelisti per vincere un Bronzo che poi gli fu ritirato… quel mezzo metro c’era solo per lui… il caldo invece era uguale per tutti…

poi invece quella mattina molto presto piovve forte… alla partenza faceva quasi freddo… poi piano piano si scaldò, fece un po’ di caldo solo nella seconda metà della gara… arrivai al traguardo alle 11:47… abbastanza caldo per far ritirare qualcuno ma non a sufficienza per arrivare a medaglia… 4º
non fui l’unico a trarre vantaggio da quel po’ di caldo…

La gara la vinse il campione della DDR, la ex Germania Est, Hartwig Gauder, che pochi mesi fa venne a trovarmi a Barcellona e mi rivelò che anche lui andava forte con il caldo e quando seppe che spostavano la gara lui era contentissimo… così sconfisse la sua bestia nera, ce l’aveva in casa, Ronald Weigel che invece lo pativa da buon tedesco est, (aveva vinto l’oro pochi mesi prima in coppa del mondo a New York col fresco)… ed il russo, Vjačeslav Ivanenko, terzo, cotto ma non tanto…

Qui sotto il filmato (con commento in catalano) di quella stupenda finale di Roma, da cui sono tratti i due frames che vedete più sotto e che ritraggono proprio Raffaello Ducceschi (lo vedete meglio nel filmato al minutaggio 2 ore e 20 minuti e 2 ore e 29 minuti circa).





Postilla 6 per Hartwig Gauder (che vedete nella foto sotto): Hartwig, vinse molte medaglie, ottimo stile di marcia. È il mio Campione Mondiale Personale… quello che mi ha sconfitto quando sono arrivato 4º… Nel suo libro di Memorie “Una vita 2 cuori” (Ein Leben zwei Herzen) racconta come gli hanno trapiantato il cuore, come visse per mesi tra la vita e la morte attaccato a un cuore artificiale in attesa “di un donante”… a carriera sportiva finita la vita gli offriva una nuova competizione… un virus entrato da un dente cariato gli spappolò l’originale… prima ironia della vita… un fondista che perde il suo cuore da campione … non fate subito i maliziosi… era della DDR, sì, grande sospettata di doping…ma lui nel suo libro di memorie dichiara di non essersi mai dopato… invece il suo rivale numero 1 sì: Ronald Weigel a carriera finita, anni dopo, fece outing e confessò tutto, con una certa dose di coraggio e trasparenza… Hartwig doveva lottare contro il suo agguerrito rivale che si dopava… e possiamo immaginare che anche contro la sua federazione… lottava da pulito contro il doping nella tana del lupo… noi sapevamo che tra gli allenatori dei due Campioni Mondiali non correva buon sangue… Hartwig racconta che oggi viene discriminato come ex DDR… come medaglia d’oro lo invitano dappertutto come ospite d’onore… poi si ricordano che è della Germania Est… lo sospettano di doping… dal palco d’onore lo spostano alla platea…”sai che cosa? meglio non rischiare” e lo lasciano a casa… dopo aver vinto da pulito lo discriminano da dopato… seconda ironia… Nota Bene: ai mondiali di Roma facemmo l’antidoping in 4, Hartwig, Ronald (reo confesso), Ivanenko (sovietico…) ed io, pipì insieme… naturalmente risultammo tutti puliti… efficacia dell’antidoping… No Comment… Ma torniamo al Cuore… Dopo essere stato trapiantato di cuore voi cosa fareste? Vi mettete a riposo… vi godete la vita… la pensione di invalidità da trapiantato…Hartwig no, camminate, camminata nordica e corsi sportivi per cardiopatici… gli han dato persino una cattedra all’università… anzi 2: una in Germania ed una Giappone… solo che dopo vent’anni di farmaci antirigetto se ne sono andati anche i reni… dialisi… si ferma? Macché! continua a fare sport per allenare il suo secondo cuore… solo che nel dicembre 2018 è caduto sciando e… si è rotto le anche… mesi di letto e riabilitazione per… reimparare a camminare … terza ironia… non riesce a star fermo… a maggio 2019 era già a Barcellona a trovarmi col suo bellissimo nipotino… con moglie, figlio e nuora, tutti dentisti (sarà per evitare altri virus?)… ma non era in dialisi? Sì, viaggia con una macchina portatile che lo obbligava a tornare in hotel ogni 5 o 6 ore…la nostra fu quindi una chiacchierata “breve”… mi chiese del lavoro e gli raccontai delle mie difficoltà “But I don’t give up!” gli dissi, non mi arrendo, mi rispose “arrendersi? perché arrendersi? Give up it’s boring! È NOIOSO Ritirarsi lo sanno fare tutti! the fun is fighting… il divertente è lottare!”… e questo è il senso della sua vita… e anche della mia. Una storia di 2 amici… una storia da De Amicis…



Se solo non avesse piovuto

… quel quarto posto fu il piazzamento migliore della mia carriera sportiva… se solo fossimo partiti un’ora più tardi… se solo non avesse piovuto…

In spagnolo quando la giocata ti si ritorce contro “te ha salido el tiro por la culata” cioè, spiego… fanno riferimento al fucile che anziché sparare al nemico ti esplode in faccia e letteralmente significa “ti è uscito il colpo dalla culatta” (… o forse dovrei dire “ti è uscita la colpa dal culo”?)…non è che il caldo mi si sia ritorto contro… perché in effetti un po’ di vantaggio lo ebbi… ma non come speravo… guadagnai qualche posizione e sfiorai la medaglia…vinsi quella del quarto posto… oro, argento, bronzo e stronzo… quella ho vinto!

Ma non c’e solo il caldo...
... una vittoria, una buona prestazione è frutto di molti elementi…

a proposito di “colpa che ti esce dal culo” vorrei sfatare un mito…
…lo disse Enzo Rossi in TV durante la telecronaca per dare un po’ di suspence… e da allora lo ripeterono tutti… Lo dice anche la mia pagina su Wikipedia “ai mondiali di Roma Raffaello fu afflitto da dissenteria”… insomma spostare la partenza non fu una cagata… ma… quasi!
… in realtà non ebbi nessun attacco di dissenteria, mi fermai una paio di volte…
…ma secondo voi?…a muovere il Quulho per 4 ore cosa succede? eh… si rimescola tutto… si smuove! quasi tutti i marciatori in quattro ore si fermano a cag... al P-stop dicono i miei amici australiani…anche in allenamento ci si ferma spesso… nei bar, nei campi o dove capita… lungo il percorso di gara ci sono delle trappole mortali “i Gabinetti!”
Guai a chi li usa!

regola numero 3: non usate i gabinetti

Dordoni ce lo diceva sempre… Pamich perse l’oro per poco agli europei… per fermarsi ai gabinetti… anni dopo si ripetè a Tokyo...

due anni dopo si ripeté a Tokyo (chiedete a Pamich, per favore, del vento di Melbourne, di Budapest e di Tokyo! ci darà la sua versione ufficiale… io ho solo la memoria e Pino Dordoni) “Abdon, doveva “fermarsi a farla” come a Budapest … ovviamente temeva di perdere un’altro oro… decise di farla in mezzo alla strada, davanti al pubblico nipponico… i poliziotti giapponesi allora si fecero intorno ad Abdon, gli fecero un capannello rotondo intorno dando le spalle ad Abdon, guardando il pubblico che così non poteva vedere”… non poteva vedere ma sapeva perfettamente… anni dopo lessi che era una usanza degli antichi signori Giapponesi, Shogun, Samurai e simili… i servi circondavano il loro Signore facendogli da gabinetto umano… i poliziotti solo “rinverdirono” con Pamich un'antica usanza…(colore sbagliato…verde… meglio marrone, no?)

regola numero 4: cagate veloce!

io memore di quella lezione mi allenai per anni, gara dopo gara… “Zut” ero un lampo, velocissimo a Roma mi fermai un paio di volte ma giurerei che persi meno di 10 o 20 secondi…

ai Campionati Europei di Barcellona 2010 i gabinetti colpirono ancora… Alex Schwazer si fermò ai gabinetti… perse se ricordo bene 1 minuto e 20 secondi… lo recuperò in meno di 2 giri, due km, troppo veloce, veniva dall’oro sulla 20 km e cercava la doppietta sulla 50 km, aveva ancora le gambe stanche e quell’accelerata pazzesca gli procurò dei crampi che lo portavano al ritiro… ma in quegli anni non c’era più Dordoni a ricordare la storia…

Regola numero 5: Studiate la storia

queste non son cagate…

nell’estate del 1982 ero appena diventato un professionista dello sport travestito da poliziotto amateur, fiamme oro, e giravo l’Italia in autostop con lo zaino… una sera, in una famosa località balneare ligure del Levante mi fermai ad ascoltare un gruppo di ragazzi italiani e stranieri che cantavano Guccini e i Beatles… io timido mi avvicino titubante ma uno di quelli che ascoltavano decise di intrupparmi “ciao come ti chiami?” era Enrico Maria Porro (per la cronaca uno di quelli che suonavano era Giuseppe Cesaro, oggi scrittore, autore del romanzo Indifesa e giornalista).

Nacque un’amicizia che mi porta oggi a scrivere queste righe e due estati dopo portò Enrico in vacanza in Spagna a cercare dappertutto notizie sulla mia gara a Los Angeles… ma qui in Spagna tutti i giornali parlavano solo della “Costola”..no… non quella di Adamo…quella di Josep Marin…oro agli europei di Atene del 1982 sulla 20 km, ma forte anche sui 50, cercava la doppietta…cos’era successo?
…viaggiava nel sedile posteriore dell’auto della squadra spagnola a Los Angeles…voleva cambiare stazione radio… o alzare il volume… quindi si sporse sul sedile anteriore per arrivare all’autoradio…appoggiando un po’ troppo il tronco… ma è piccolino di statura e per arrivarci si sporse e appoggiò troppo… si ruppe una costola… così!
…favorito in entrambe le distanze fece solo una comparsa con la costola dolorante nella 20 km, riuscendo a mala pena a finir la gara ma era un “cagnaccio” di quelli che non mollano mai, arrivò ancora sesto, rinunciò alla 50 km perdendo 2 medaglie con una costola…

regola numero 6: impara a cambiare la radio… e non rompere le costole!

è una strana analogia, nel 1984 si gareggiò la prima maratona olimpica femminile… a Roma 1987 la prima 10 km di marcia femminile…a Doha la prima 50 km di marcia femminile, l’ultima gara femminile che mancava per uguagliare le gare dei maschi… tappe del femminismo sportivo… ma il tema è sempre lo stesso… e atlete erano pronte alla distanza più lunga, allenate, quel che mancava era l’esperienza… imparare a idratarsi e raffreddarsi… anche se… non potranno mai usare il “trucco segreto del Müsass”…

A Doha nonostante il caldo ha staccato il biglietto per le Olimpiadi dell’anno prossimo anche lo Spagnolo Jesus Garcia Bragado, “Ciusso” per gli amici, plurimedagliato, ne ha già fatte sette, partendo da Barcellona 1992, sempre ai vertici mondiali, sta facendo tutti i record… di longevità… di longevità sportiva… di numero di olimpiadi… di protesi…
…per fare la quinta olimpiade si mise una protesi a un’anca, per la sesta una nell’altra…

regola n.7: anche le anche (e le cartilagini) hanno un limite…

… ne ha fatte 7 e vuole l’ottava, tanto le protesi ce le ha già
… se arriva a Tokyo saranno 8… a Doha è arrivato 8º… quanto hanno influito caldo ed esperienza? Certo una gara veloce avrebbe penalizzato i suoi 50 anni… Bravo Jesus! nato per far miracoli…

…volevo citare Emanuela Audisio che nel suo bellissimo discorso tenuto a Barcellona lo scorso inverno nel tempio del Barça, al Camp Nou, quando le consegnarono il Premio Vázquez Montalbán per il giornalismo sportivo (foto sotto), numerava le regole fino a 11 come son 11 i giocatori di calcio… io mi fermo a 8… come le corsie di una pista di atletica, 8 come i finalisti, 8 come le olimpiadi che vuol fare “Ciusso” Jesus Garcia Bragado… 8 come il piazzamento ottenuto da Ciusso a Doha per il suo lasciapassare olimpico… con la tenacia e con l’esperienza…senza quel caldo ce l’avrebbe fatta? …chissà…lui non molla, per marciare bene, si sa, il segreto è smollare le anche… lo molleranno le sue anche?


regola n.8: non mollare…

Gare di notte? caldo umido? altitudine? cambi di stagione?… evitare i bagni? protesi d’oro? costole di gomma?… son tutti fattori che possono stravolgere il risultato…

il bello del Calcio è che nemmeno la squadra dei favoritissimi si può distrarre un’attimo perché subito una Korea o una Svizzera ti infilano una pappina e nello smarrimento te ne infilano un’altra… quindi i tifosi delle squadre minori possono sempre sperare in un momento di fortuna… che manda a casa i favoriti… nel calcio nulla è mai scontato e tieni i tifosi in suspence fino alla fine della partita.

Invece il bello dell’atletica è che il più forte vince sempre, vince sempre il migliore, ... il rovescio della medaglia è che spesso le gare sono scontate, si trasformano in una noia mortale dove il più forte domina senza regalare la benché minima emozione… il favorito se ne va al primo metro e arriva sicuro al traguardo… e allora si spera almeno in un noiosissimo record mondiale lungo magari le 2 ore della maratona o le tre o quattro ore della 50 km… e tutti vorrebbero, per il record di turno, il fresco per i fondisti ed il caldo per velocisti, salti e concorsi…

…così SetteBello, Primiera e Briscola si sa già chi ce li ha… da prima di cominciare… E invece no… a me piace rimescolare il mazzo delle carte buttare tutto a carte quarantotto e vedere chi è la più dura e la più tosta… (generico femminile) chi vince in ogni condizione… come nei tempi eroici dell’atletica…

…Eroi

gli eroi dello sport han sostituito gli eroi della guerra… si fa lo sport per non fare la guerra… si interrompe la guerra per fare lo sport… non è forse lo sport la sublimazione della guerra? Non è forse stato inventato nella antica Grecia per fare una pausa di pace tra guerra e guerra? La parola stessa Campione non viene forse dai duelli in guerra?
e nei romanzi e nelle leggende… all’eroe e al campione, a Rolando, al Cid Campeador, a Robin Hood, a Lancillotto e al Corsaro Nero… si chiedeva solo abilità, precisione, velocità?… o anche coraggio, audacia, tenacia, sacrificio, abnegazione… e non sono forse i Campioni gli eroi epici delle leggende moderne? Ecco spiegati allora, entusiasmo e ammirazione, che han fatto di Dorando Pietri e della maratoneta svizzera una leggenda…

Eleonora Giorgi aveva già vinto la prima 50 km di marcia femminile in Coppa Europa pochi mesi fa… col fresco… a Doha ha conquistato un Bronzo Eccezionale, lei, milanese, abituata al caldo umido di Milano, ha dimostrato di essere coraggiosa e tenace, una tosta per ogni stagione. Una vera campionessa.

Non si uccidono così anche i cavalli? rispondo a Emanuela con un altro film, Animal House, 1978, John Belushi: “quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare… questa potrebbe essere la nostra più grande notte” …la Notte di Eleonora… Brava Eleonora!

Raffaello Fabio Ducceschi

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