Ciao Pazzo,
negli anni dell’università mi dilettavo a scrivere di sport sul Tirreno di Lucca. Duccio, Marco, Luca (e Fabrizio, Paola e Dante) mi insegnarono tanto, ma colui a cui mi ispiravo – senza ahimè riuscirci – era Gianni Mura.
Il mio sogno era poter fare anch’io “I sette giorni di cattivi pensieri” o “L’intervista al campionato” e avrei tanto voluto scrivere sulla falsariga del suo editoriale del lunedì: quattro righe introduttive, la frase “altre considerazioni” e poi giù per punti numerati a spiegare meglio tutte le varie questioni tenendole distinte.
Questo da settembre a giugno. A luglio, invece, era la volta dei resoconti dal Tour de France. Che non si limitavano alla cronaca del tipo “al cinquantesimo chilometro è scattato Chiappucci, ma Bugno lo ha ripreso”. No, lui parlava del Sauvignon Blanc della Loira da abbinare ai crostacei e intanto raccontava del gruppo disposto a ventaglio. Nel 1997 ero andato all’Alpe d’Huez a vedere la corsa e quando vidi passare l’auto di Repubblica con dentro Gianni Mura abbandonai la postazione per inseguirla: correvo urlando “giannimuraaaaa” finché non si sporse dal finestrino e mi salutò.
Feliciano Bechelli
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