Gli piaceva il calcio, tanto da dedicargli un libro intero, anche se la sua storia è triste «perché passa dal piacere al dovere». Non gli piaceva la sinistra che snobba il calcio in quanto oppio dei popoli (qui evidente la vicinanza con Pasolini). Si definiva «mendicante di bellezza» e si specchiava solo in Messi. Però sapeva a memoria la formazione tipo dell’Inter del Mago (Sarti, Burgnich, Facchetti ecc). Con Osvaldo Soriano, Galeano è la stella (uruguayana) nel cielo dei giornalisti sportivi che non vivono di solo 4-3-3. Ha scritto: «Come tutti gli uruguagi avrei voluto essere calciatore. Giocavo benissimo ma solo di notte, mentre dormivo. Durante il giorno ero il peggiore scarpone mai apparso sui campetti del mio Paese». Ma anche: «Se non ci fosse il diritto di sognare tutti gli altri diritti morirebbero di sete». Ci teneva agli etimi: «Democrazia, parola che significa potere del popolo, è stata umiliata fino a ridursi al contrario di giustizia». E ancora: «Ricordare deriva da re-cor, significa ripassare dalle parti del cuore». Non faceva sconti: «La carità è verticale, va dall’alto al basso. Non mi piace. La solidarietà invece è orizzontale, ha rispetto degli altri». Si era appuntato un cartello degli Indignados spagnoli: «Se non ci farete sognare, non vi faremo dormire». Credeva nella grandiosità delle piccole cose. Dalle parti del cuore non ha mai smesso di abitare né di scrivere. Mi piace immaginarlo come un ambulante di generi un po’ così, la dignità e la speranza.
Gianni Mura, la Repubblica, 14 aprile 2015
Tratto dal sito Lo Slalom - Il meglio del racconto sportivo scelto e commentato
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