A proposito della recente polemica tra Laura Boldrini e Mattia Feltri, siamo lieti di ospitare sul nostro blog il punto di vista di nonunacosaseria:
Caro Pazzo,
una delle categorie giornalistiche che si è imposta negli ultimi anni è quella del “provocatore finto anticonformista”. Si tratta di un tizio che scrive cose molto sopra le righe, quasi sempre sfidando il buonsenso, spesso offendendo, qualche volta addirittura superando il limite costituzionale della libertà di espressione. Per giustificare e nobilitare questi scritti o l’uso di parole ormai unanimemente considerate spregiative come “negro” o “terrone”, il provocatore si autoproclama voce fuori dal coro, persona schietta, che dice le cose come stanno e non si allinea al pensiero politically correct.
E già qui sarebbe da chiedersi: è buon giornalismo tutto ciò? Anzi: è giornalismo?
Ci sono poi testate giornalistiche online in Italia che per incrementare il proprio numero di lettori offrono degli spazi a personaggi più o meno noti. Ospitano dei blog. Non lo fanno con spirito di servizio, né perché sono piattaforme di blog come ce ne sono tante: lo fanno perché così aumentano il numero di lettori e/o di pagine visitate e per ottenere ciò danno spazio magari anche a personaggi politici, i quali, dal canto loro, hanno una vetrina interessante dalla quale esprimere i propri punti di vista. Attenzione: non è come quando il direttore di giornale chiede un commento al politico oppure quando questo interviene partendo con “caro direttore” e il giornale lo pubblica. No, c’è proprio il blog. Magari aggiornato due volte l’anno, ma c’è.
E anche qui sarebbe da chiedersi: è normale che un politico abbia uno spazio del genere – che implica un do ut des non dichiarato – su una testata giornalistica indipendente?
Le due situazioni si sono incrociate un paio di giorni fa, creando un’altra anomalia. Il politico di turno (Laura Boldrini) ha scritto un articolo sul blog ospitato dalla testata online di turno (Huffington Post) e il direttore (Mattia Feltri) non lo ha pubblicato perché conteneva una critica al “provocatore finto anticonformista” di turno (Vittorio Feltri) che per coincidenza è anche il padre del direttore stesso.
Mattia Feltri ha motivato in modo un po’ discutibile la sua decisione spiegando che Laura Boldrini è un’ospite in casa d’altri e come tale deve comportarsi. Il che è vero fino a un certo punto, perché Boldrini più che un’ospite è la titolare di un blog che è lì per incrementare il numero di pagine visitate dell’Huffington Post. Ma, soprattutto, visto che non c’è nessun insulto nell’articolo di Boldrini, ma soltanto il richiamo critico a una provocazione lanciata da Vittorio Feltri, la domanda è: se la provocazione originaria l’avesse scritta non Vittorio Feltri, ma Maurizio Belpietro oppure Alessandro Sallusti e di conseguenza la critica di Boldrini fosse stata indirizzata a Belpietro o a Sallusti, cosa avrebbe fatto Mattia Feltri? Avrebbe pubblicato? Penso proprio di sì. In altre parole, il direttore di un giornale indipendente cancella un articolo non perché questo sia diffamatorio o falso o scritto male o poco interessante o contro il buonsenso o fuori dalla linea editoriale della testata, ma semplicemente perché lo tocca negli affetti familiari.
Anche qui sarebbe da chiedersi: tutto normale? Agli altri giornalisti che lavorano per quella testata va bene una situazione del genere?
Altro aspetto interessante è il dibattito che ne è seguito. Personalmente, sono rimasto colpito da quei giornalisti figli o nipoti di giornalisti che si sono schierati dalla parte di Mattia Feltri. Forse è davvero giunta l’ora di abolire l’Ordine dei Giornalisti. Ma per fondare l’Ordine dei Figli di Giornalisti.
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