mercoledì 31 dicembre 2008

Malatesta vince ad Agincourt.



Il 2008 delle pagine culturali di Repubblica si chiude con un bel pezzo (come al solito, più di una recensione) di Stefano Malatesta sulla cavalleria medievale che prende spunto dal recente libro di uno studioso israeliano. Se mi perdonate la battuta, la cavalleria è il cavallo di battaglia di Malatesta. Una rapida ricerca con il motore interno del sito di Repubblica dà 25 occorrenze per il toponimo Agincourt e vede l’amico Malatesta in netto vantaggio con cinque citazioni (sei con quella di oggi) su Irene Bignardi, Timothy Garton Ash e Antonio Monda, fermi ciascuno a due occorrenze. Ma mi piace ricordare qui anche il pezzo in cui nel lontano 1986 Beniamino Placido punzecchiava Galli della Loggia usando per fioretto il sommo Shakespeare: “We few, we happy few, we band of brothers”, dall’Enrico V (Atto IV, scena III). La sonora sconfitta dell’altezzosa cavalleria francese, la migliore dell’epoca, per mano (anzi, per freccia) della fanteria inglese è uno dei temi prediletti di Malatesta che spesso la menziona assieme all’orda mongola e alle altre celebri disfatte dei cugini di Oltralpe, fino all’apoteosi di Waterloo. Da appassionato napoleonico rimango però convinto che
Waterloo non valga Austerlitz.

Saul Stucchi

1 commento:

Saul Stucchi ha detto...

"apoteosi" ovviamente dal punto di vista inglese [ndr]