venerdì 9 gennaio 2009
Maurizio Crosetti incontra Fabrizio De Andrè.
Il cimitero di Staglieno ha l’ingresso dietro una curva, con la fermata dell’autobus e i chioschi dei fiori. Dentro, sa subito di vecchio e questo è bello. Il sentiero sale dopo il campo dei morti in guerra e dei marinai che le onde si ripresero. C’è quasi sempre vento. Se domandi al custode dov’è sepolto Fabrizio De Andrè, lui ti indica col dito più avanti, è un gesto che tremola nella luce, poi disegna un piccolo arco nel cielo. Perché bisogna proprio passarci, sotto l’arco, per arrivare al campo 22 e piegare un po’ a sinistra, verso le tre tombe di famiglia quasi uguali. Quella di mezzo, dice il guardiano, è di De Andrè.
Ci sono andato camminando piano, come a un funerale dove ci fossi solo io. I muri gialli e scrostati, intorno, raccontavano di un’immensità di gente. Davanti alla tomba ho visto tanti ciclamini bianchi. Ma non mi sono avvicinato subito, perché c’era una donna e non volevo disturbare. Una donna quasi anziana che non piangeva: si limitava a soffrire terribilmente, ce l’aveva scritto in viso quando se n’è andata. Poi il sole è sceso in fretta. E’ così che succede.
Dal blog RIMBALZI di Maurizio Crosetti
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