Scalfari affonda indirettamente Bersani e la sua strategia basata su "una legge elettorale alla tedesca".
Nel dibattito precongressuale del Pd si inserisce il partito di Repubblica. E lo fa in modo dirompente: Eugenio Scalfari e il suo giornale chiudono a Pierluigi Bersani e fanno l'occhiolino a Ignazio Marino e al suo laicismo. Ma siccome è difficile pensare che Marino abbia i numeri per conquistare la segreteria, Scalfari preconizza una sua convergenza sul candidato con il programma più affine al suo, Dario Franceschini.
L'endorsement sta nel commento domenicale del Fondatore. Il quale spiega, in modo un po' criptico ma assolutamente evidente, che la novità ("Un'assoluta e per me positiva novità") di questo dibattito precongressuale è l'attenzione al laicismo, finora sempre trascurato dal Pci e dalle successive incarnazioni della sinistra, ma ora molto presente "specie da parte di personalità post comuniste". Traduzione: Marino e Franceschini, non Bersani.
Dei tre candidati, prosegue Scalfari, mentre Franceschini "conferma la laicità come un connotato di fondo", è Marino che "mette in prima fila il laicismo e si riserva di convergere con i suoi delegati sul nome di quello dei due candidati principali che presenta spiccate affinità con il suo programma". Cioè, appunto,come detto in premessa, Franceschini.
In altre parole e fuori dalle cautele, Scalfari e Repubblica appoggeranno Marino e la sua battaglia per la laicità e poi ne prevedono e ne sosterranno la confluenza su Franceschini.
La controprova poche righe dopo, quando Scalfari affonda indirettamente Bersani e la sua strategia basata su "una legge elettorale alla tedesca" che mira "a un'alleanza nazionale con il centro cattolico e moderato di Casini". Ma questo schema "ricorda il tacito duopolio Dc-Pci della Prima Repubblica". Per concludere con l'affondo, tombale per il nuovo segretario del Pd: "Mi sembra uno schema alquanto "retrò" per un partito riformista, senza dire che l'Udc non farà mai alleanze nazionali con la sinistra e l'ha detto in modo esplicito più e più volte".
E' divorzio, dunque, tra Repubblica e il Pd. Il quotidiano romano ha sempre giocato in casa, da decenni, nell'area del Centrosinistra, condizionandone la selezione, la vita e la morte dei diversi leader. Sin dai tempi della Dc e del Pci, in forza della convergenza politica con i filoni antichi e più omogenei del cattolicesimo di sinistra e degli ex e post-comunisti. Da ultimo con Walter Veltroni e Dario Franceschini, ma prima con Francesco Rutelli e Romano Prodi e indietro negli anni fino a risalire a Ciriaco De Mita. Ora, schierandosi contro il vincente Bersani, la svolta. Ma per Bersani potrebbe non essere una brutta notizia. Affrancarsi dal condizionamento del quotidiano di Scalfari, Mauro e De Benedetti potrebbe significare sottrarsi dalle incursioni e dalle quotidiane inframmettenze del giornale, guadagnandosi una maggiore autonomia politica e organizzativa e un gioco a tutto campo. Anche perché ai suoi predecessori l'apparentamento con Scalfari e i suoi uomini non ha proprio portato bene.
Fonte: www.affaritaliani.it
2 commenti:
posso amabilmente contestare la ricostruzione? nel 1994 repubblica - o meglio: scalfari - si schiero con veltroni contro il favorito d'alema.
come dire che il mulo disse alla vacca.
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