martedì 29 dicembre 2009
Qual è quel giornale che su cinque articoli ne fa scrivere solamente uno da una donna? Avete indovinato.
Caro Feticista Supremo,
l’ultimo numero del Venerdì ha celebrato il 2009 come l’anno della donna. Mi è sembrata la giusta occasione per riprendere la “questione D” affrontata ad inizio novembre quando, in un post originato da uno spunto del blogger Gurdulù, ci eravamo interrogati sulla visibilità delle donne all’interno dell’organizzazione di Repubblica.
Non avendo informazioni sull’organizzazione interna del giornale, tranne che sulla gerenza pubblicata quotidianamente, che però non presenta alcun nome femminile tra i vertici (il “soffitto di cristallo” citato da Gurdulù?), o su quante siano le giornaliste in forza sull’organico complessivo, avevo giudicato la consistenza della pattuglia femminile attraverso l’osservazione delle firme che compaiono sull’edizione nazionale. Un criterio molto parziale, ne sono conscio, ma l’unico disponibile ad un lettore. Non ne avevo tratto una sensazione del tutto positiva.
Ho voluto però verificare se questa sensazione potesse essere smentita dall’evidenza empirica. Così dai primi di novembre al 27 dicembre mi son preso la briga di prender nota delle firme apparse sul giornale per misurare quantitativamente la distribuzione degli articoli tra uomini e donne. Nel fare ciò ho operato alcune semplificazioni: ho conteggiato la firma e non il numero degli articoli scritti in un’edizione (salvo che l’autore non abbia spaziato su più sezioni), ho considerato solo i giornalisti e non i collaboratori esterni (sperando di non aver mal censito qualche nome), ho accorpato la mortifera sezione attualità con la cronaca, ho evitato di riassegnare gli articoli apparsi in R2 e Domenica alle sezioni di pertinenza.
I risultati dell’osservazione di poco più di 50 numeri del giornale sono stati i seguenti: il 22,3% degli articoli è stato firmato (o co-firmato) da una donna. Non proprio un numero eclatante, cosa ne pensate?
Scendendo per li rami delle sezioni:
- politica: 25% di articoli firmati da donne;
- economia: 22%;
- esteri: 14%;
- cronaca/attualità: 29%;
- cultura: 27%;
- spettacoli: 32%;
- sport: 3%;
- R2 (inteso come le prime 5-6 pagine): 30%;
- R2Cult: 27%;
- Domenica: 46%.
Ecco qui l'elenco delle firme femminili apparse in questo mese e mezzo di osservazione (cito solo quelle comparse almeno due volte):
politica: Casadio, Longo, Mafai, Milella, Vitale;
economia: Ardù, Bennewitz, Grion, Polidori, Puledda, Serrano;
esteri: Caferri, Ginori, Nadotti, Vannuccini;
cronaca/attualità: Asnaghi, Cappelli, Carratù, Cavallieri, Cervasio, Chiarelli, Cillis, Coppola, Dazzi, De Arcangelis, De Luca, Dusi, Gallione, Granello, Laurenzi, Liguori, Liso, Marcega, Martinenghi, Montanari, Pasolini, Piccoli, Pintus, Pleuteri, Sannino, Sasso, Schiavazzi, Selvatici, Serloni, Strippoli, Vincenzi, Vinci, Zagaria, Ziniti;
cultura: Bignardi, Fiori, Lilli, Lipperini, Mazzocchi, Nirenstein, Paglieri, Rota, Somaini;
spettacoli: Aspesi, Bandettini, Bentivoglio, Bizio, Finos, Fumarola, Fusco, Putti, Scalise, Zonca;
sport: Audisio.
Direi che sport (non è necessario clonare la Audisio per irrobustire i ranghi...) ed esteri (quando si tornerà ad avere un corrispondente donna? Sono molto lontani i tempi della Vannuccini e della Annunziata) sono bocciati, la politica richiede un irrobustimento (uscita la De Gregorio, Alessandra Longo non sembra averne preso l’eredità) e l’economia un maggior sfruttamento della rosa a disposizione (mediamente di buone competenze), mentre le altre sezioni sono molto vicine se non sopra le famigerate quote rosa.
Rimane ancora vuota la casella manageriale (ricordo che il Corsera ha un vicedirettore donna, Barbara Stefanelli). In generale, tolti i soliti nomi senatoriali e le collaboratrici esterne di chiara fama, si fatica a notare un consistente avanzamento femminile nel giornale.
Ripeto, nessun giudizio definitivo o verità assoluta, solo un contributo perché si abbia una migliore percezione della questione.
Si potrebbe replicare, come fece Jack Skellington al tempo, che Repubblica è messa meglio di altri giornali su questo aspetto. Non dubito, ma io rimango convinto che bisogna ragionare in termini assoluti e non relativi, soprattutto quando da sempre si fa della difesa della dignità della donna e del suo ruolo nella società una propria battaglia. Dal nostro giornale vorremmo coerenza tra valori conclamati e comportamenti tenuti. Sempre.
A tutte le giornaliste di Repubblica l’augurio di un magnifico 2010.
Barbapapà
Abbiamo un interessante aggiornamento che ci è stato fornito dal preciso Rastignac, un collaboratore anonimo di Repubblica:
I numeri effettivamente parlano da soli, però: il caporedattore degli spettacoli è una donna, Marina D'Amico;in cultura ci sono 6 donne, tra cui anche il vice caporedattore, e 3 uomini; al Venerdì, oltre alla direttrice Gnocchi, ci sono 11 donne e 7 uomini. Negli altri settori redazionali le presenze si equivalgono, tranne forse economia e affari e finanza. Certamente si potrebbe fare molto di più, ma alcuni pregiudizi sono duri a morire persino in un avamposto riformista come Repubblica...
basti pensare che all'ufficio centrale, la cucina del giornale, tutte le donne che hanno provato hanno abbandonato perché i ritmi di lavoro mangiano la vita. Se decidi di avere un figlio, devi pagare un prezzo: non avere orari decenti, lavorare i festivi, ferie brevi e a singhiozzo, ecc. ecc.
Ovviamente, la scrittura te la dimentichi (a parte qualche vice direttore).
Già lavorare in un giornale comporta tempi di lavoro che necessitano di grande pazienza se il tuo compagno o la tua compagna fanno un altro mestiere, con orari normali; in più, se sei donna e aspiri a diventare caporedattore o vice direttore, devi lavorare il doppio perché se tieni famiglia non puoi svanire nel nulla e quindi dovrai lottare contro le leggi temporali. Naturalmente per gli uomini è più facile dato che hanno quasi sempre delle mogli che si fanno carico di tutto.
Un'ultima considerazione: con la direzione scalfariana, le donne erano molto di più, più presenti e meno dedite ai pezzi sulle misure del reggiseno perfetto.
Buon anno, Rastignac
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17 commenti:
mi pare interessante perché rispecchia il maschilismo imperante nella secietà italiana: nello sport le donne che ne scrivono sarebbero solo il 3%, mentre aumenterebbero al 46% (!) per "Domenica", che non so cosa sia ma immagino siano le solite stupidate :)
Aghost! Ma la domenica non leggi Repubblica?!
Approfitto per elencare le firme femminili apparse in questo mese e mezzo di osservazione (cito solo quelle comparse almeno due volte):
politica: Casadio, Longo, Mafai, Milella, Vitale;
economia: Ardù, Bennewitz, Grion, Polidori, Puledda, Serrano;
esteri: Caferri, Ginori, Nadotti, Vannuccini;
cronaca/attualità: Asnaghi, Cappelli, Carratù, Cavallieri, Cervasio, Chiarelli, Cillis, Coppola, Dazzi, De Arcangelis, De Luca, Dusi, Gallione, Granello, Laurenzi, Liguori, Liso, Marcega, Martinenghi, Montanari, Pasolini, Piccoli, Pintus, Pleuteri, Sannino, Sasso, Schiavazzi, Selvatici, Serloni, Strippoli, Vincenzi, Vinci, Zagaria, Ziniti;
cultura: Bignardi, Fiori, Lilli, Lipperini, Mazzocchi, Nirenstein, Paglieri, Rota, Somaini;
spettacoli: Aspesi, Bandettini, Bentivoglio, Bizio, Finos, Fumarola, Fusco, Putti, Scalise, Zonca;
sport: Audisio.
Barba lo so, non sono un bravo feticista: abitando in montagna infatti leggo Repubblica di carta saltuariamente ormai (di certo non esco apposta a prendere il giornale in macchina). La cosa inquietante è che non ne sento particolarmente la mancanza :) Devo preoccuparmi? Mi stracciate la tessera? :)
Reinhold Messner una volta attraversò l'Antardide a piedi per andare a comprare Repubblica. Se non sbaglio.
Grandissimo Barbapapà!
Antartide.
I numeri effettivamente parlano da soli, però: il caporedattore degli spettacoli è una donna, Marina D'Amico;in cultura ci sono 6 donne, tra cui anche il vice caporedattore, e 3 uomini; al Venerdì, oltre alla direttrice Gnocchi, ci sono 11 donne e 7 uomini. Negli altri settori redazionali le presenze si equivalgono, tranne forse economia e affari e finanza. Certamente si potrebbe fare molto di più, ma alcuni pregiudizi sono duri a morire persino in un avamposto riformista come Repubblica...
basti pensare che all'ufficio centrale, la cucina del giornale, tutte le donne che hanno provato hanno abbandonato perché i ritmi di lavoro mangiano la vita. Se decidi di avere un figlio, devi pagare un prezzo: non avere orari decenti, lavorare i festivi, ferie brevi e a singhiozzo, ecc. ecc.
Ovviamente, la scrittura te la dimentichi (a parte qualche vice direttore).
Già lavorare in un giornale comporta tempi di lavoro che necessitano di grande pazienza se il tuo compagno o la tua compagna fanno un altro mestiere, con orari normali; in più, se sei donna e aspiri a diventare caporedattore o vice direttore, devi lavorare il doppio perché se tieni famiglia non puoi svanire nel nulla e quindi dovrai lottare contro le leggi temporali. Naturalmente per gli uomini è più facile dato che hanno quasi sempre delle mogli che si fanno carico di tutto.
Un'ultima considerazione: con la direzione scalfariana, le donne erano molto di più, più presenti e meno dedite ai pezzi sulle misure del reggiseno perfetto.
Buon anno, Rastignac
Grazie Rastignac per il commento delizioso. L'ho subito riportato sul post, come update.
Per Aghost: tranquillo! Nessuna tessera stracciata, qui non ne abbiamo di tessere. Le lasciamo a quelli del PDL.
Rastignac, volevo scrivere dettagliato ed è uscito delizioso.
Aghost, la Domenica di repubblica è presente anche sul sito internet; sono raccolte in PDF qui: http://www.repubblica.it/domenica/index.html?ref=hpsbsx
Ti consiglio di farci un salto perché è una rubrica a mio avviso veramente ben fatta.
P.S. Ma quindi tu il "domenicale" di scalfari lo leggi solo su internet? Non sai cosa ti perdi! Su carta è tutta un'altra storia!:)
Grazie, Rastignac. Sempre preziosi e illuminanti i tuoi contributi.
La difficoltà a conciliare impegni lavorativi, ancor più se manageriali, con la gestione della famiglia è comune a quasi tutti i lavori. Ci possiamo dolere, ma è purtroppo una realtà con cui si deve combattere ovunque. E' importante e confortante sapere però che ci sono state in passato donne ritenute degne di ascendere al soglio dell’ufficio centrale, salvo poi dover rinunciare per i sopradetti motivi.
Per il resto, i settori del giornale che citi a maggior presenza femminile - cultura e spettacoli - sono guardacaso quelli che hanno maggiormente ospitato firme femminili nel periodo di osservazione.
Rilevo mestamente che Repubblica è una perfetta fotografia della società italiana: politica ed economia sono settori tradizionalmente maschili ed il nostro giornale, per quanto sia un "avamposto riformista", li copre con firme prevalentemente maschili. Quasi non siano del tutto credibili, le donne, nell'occuparsi di tali vicende.
L'ultima considerazione sull'era scalfariana, che da antico lettore non posso che condividere, non fa altro che acuire il disagio.
Ti chiedo: è possibile che i reali ostacoli che frappone l'ambiente lavorativo (tra "imprinting" maschile e peculiarità del lavoro) ad una maggiore visibilità femminile siano amplificati anche da una supina accettazione delle donne di una condizione di "congenita" minorità? O c'è anche un problema di deficit di talenti? (può essere anche questa una spiegazione: ai tempi di Scalfari c'era una maggiore abbondanza di firme brillanti).
Il vicedirettore di cui parla Rastignac sarà Giannini?
Rispondo in primis a Giorgio: ovviamente parlavo di Giannini ma anche di Cresto Dina.
A Barbapapà dico che le due ipotesi finali non sono totalmente condivisibili: le donne di Repubblica non accettano supinamente la loro congenità minorità, sono anzi molto decise nel proporsi ma purtroppo molto della visibilità dipende anche dai loro caporedattori. Se il tuo capo non ti supporta davanti al direttore e al centrale al momento dell'assegnazione dei servizi forti, non avrai scampo. E non crediate che le inviate-decane abbiano più fortuna, anche loro si sentono spesso dire di no.
Quanto alla carenza di talenti, quelli che ci sono alla fine sono talmente frustrati che indirizzano altrove le loro capacità. Troppe ne ho viste, arrivare giovani e capaci, anche nelle redazioni locali, e rimanere per anni al chiodo. Poi, alla fine, hanno perso tutti i treni perché non hanno avuto la forza di saltare dal treno in corsa. Non a caso, le giornaliste che si sono imposte nel tempo sono quelle assunte da Scalfari: Laurenzi, Bignardi, Audisio, Aspesi, De Gregorio,Vannuccini, cito alla rinfusa anche quelle che ora sono solo collaboratrici o andate via.
Unica posizione femminile di rilievo, la nuova amministratrice delegata. Lavora tredici ore al giorno. Come un uomo, direbbe qualcuno.
Rastignac
Mi piace (e non mi stupisce affatto, in realtà) leggere che le donne siano decise nel proporsi.
Ma, comunque si osservi la questione, caro Rastignac, mi pare un panorama un po' desolante...
Se questo è ciò che offre il giornale progressista per eccellenza, non oso immaginare cosa succeda nelle redazioni dei giornali più retrivi.
A proposito di vicedirettori che scrivono, a me non dispiacerebbe veder sparire la rubrica di Cresto-Dina "Capitali", che ogni lunedì impreziosisce le cronache locali di Roma e Milano.
E' quanto di più inutile si possa leggere sul giornale.
Lunedì scorso Cresto-Dina ci ha deliziati con questa chicca:
"Cristiana dice addio a Milano nel modo in cui le piace di più. Bianca di neve. Ha svuotato cassetti e scrivanie. Ha riempito scatoloni e valige. Natale, scrive, non è tempo di regali ma di traslochi. Dopo due anni torna a Roma. Lascia momenti e persone preziose. Si sente sospesa e eccitata. Si domanda semplicemente che cosa deve aspettarsi dalla sua città, ora che torna per viverci.".
Ma non gli basta il blog per scrivere queste amenità?
Caro Barbapapà, pensi che se qualcuno di diverso dal vicedirettore avesse proposto 30 righe fisse di tali amenità sarebbe stato esaudito?
Ancora Rastignac
Touché! :)
secondo me l'amentà di Cresto-Dina impreziosizce il giornale. E' un vezzo che a me piace. Per il resto concordo con Barbapapà
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