Critichiamo ciò che amiamo.
Se fin qui abbiamo criticato, ora amiamo anche un po'.
Vogliamo spezzare una lancia a favore del nostro caro Angelo che non deve aver trascorso una giornata facile, essendo stato sommerso da un'infinità di tweet, molti dei quali contenenti anche degli insulti gratuiti, che lui ha prontamente ritwittato, magari sbagliando, ma dimostrando di accettare le critiche.
Anche se.
Anche se, caro Angelo, dobbiamo ammettere che quanto ha scritto Massimo Mantellini non fa una grinza:
Io trovo che il tono e gli accostamenti, più ancora dei contenuti dell’articolo scritto dall’inviato a New York di Repubblica Angelo Aquaro, siano plausibili ed adeguati alla notizia che commentano solo per chi davvero non ha capito. Al di là della assurda indelicatezza di paragonare la morte di Aaron a quella di un divo del rock (per poi definirlo più avanti “guru riluttante”) , ben oltre la frase che ha fatto imbestialire molti (me compreso) sui “tanti, troppi smanettoni depressi come lui, entusiasti delle macchine e con la testa nelle nuvole, nei mille cloud che custodiscono i nostri dati e le nostre vite”, affermazione senza prove figlia di un provincialismo imbarazzante, sono tutte le parole usate ed il tono da romanzetto rosa utilizzato nell’articolo a colpire e sembrare davvero fuori luogo. Aquaro scrive usualmente così, con una teatralità un po’ plastificata da grande autore incompreso, noi ovviamente non abbiamo troppi titoli per sottolinearlo. 99 volte su cento tutto questo non significa poi molto. Nel caso della morte di Swartz l’alberonismo applicato da Aquaro ai temi tecnologici diventa invece improvvisamente insopportabile. Tim Berners Lee e Lawrence Lessig, piangono pubblicamente la morte di un giovane difensore dei diritti di rete, i grandi quotidiani di tutto il mondo ne trattano con cordoglio ed ammirazione, solo Repubblica trova la maniera di fare scrivere al riguardo un signore che nella migliore delle ipotesi non ha capito. Nella peggiore ha capito ma non gliene frega nulla.
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