lunedì 30 marzo 2020

"Il suo social network preferito era un bar d’estate, con il pergolato sul retro" - Ricordi e testimonianze su Gianni Mura.

“Se le lacrime finiscono, mi piacerebbe farne un romanzo per foto. L’ho visto processato alle Frattocchie quando ancora esisteva il Pci. Alla bocciofila di Albizzate l’ultima estate: lo annunciano dall’altoparlante, il pubblico si alza ad applaudire, e lui ringrazia. A fare la cronaca di una veemente partita della pace Comunità ebraica-Palestina (lui non scriverebbe mai veemente) … Condurre una meditatio a numero chiuso a Sotto il Monte. Il tema? Una frase di Isaia: “Essi trasformeranno le loro spade in aratri”. E riempire una sala parlando di Impressionismo e Grande Boucle, tutto giocato sui colori della Provenza, forse a Genova.
L’ho visto giocare a “calcio camminato”, sport per oversize (lui non scriverebbe mai oversize) dove è vietato correre. Preparare per ogni Tour la sua playlist (lui non scriverebbe etc.), che partiva da Brassens e arrivava a Giovanna Marini, passando per bravi e squattrinati cantautori del premio Tenco.
L’ho visto fare un video con Ligabue e scrivere una canzone per i Têtes de Bois. E soprattutto confessare passioni innocenti: i ravanelli, i funghi da raccogliere in Trentino con Paola, le carote (ma mai esagerare nella Ribollita), le albicocche. L’ho visto piantarsi come un toro di fronte alle richieste bizzarre che possono arrivare da un giornale. In quei casi, si partiva da lontano: Gianni, come stai, oggi ci manca la grande firma, ci sarebbe da fare questo pezzo sui centravanti mechati. Ma poi non risparmiarsi mai, nemmeno per un commento alla trentesima di campionato con la Juve in testa. … Un giorno prese un interminabile locale Pescara-Roma. Era solo: arrivò il capotreno e gli disse: «Signor Mura, come mai lei qui?». Io pensavo che fosse indistruttibile. E che non fosse mai abbastanza: che servisse sempre mezz’ora e mezzo bicchiere in più. Il mio social network preferito – sorrideva – è un bar d’estate, con il pergolato sul retro.
Con un finale quasi fisico a tarda notte, quegli abbracci che oggi non possiamo darci. Amava i suoi fratelli grassi, anche se era molto dimagrito, e ne era felice”. 

Giuseppe Smorto - Repubblica

Tratto dal sito Lo Slalom - Il meglio del racconto sportivo scelto e commentato


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