giovedì 23 aprile 2020

Carlo Verdelli non è più il direttore di Repubblica.

Carlo Verdelli non è più il direttore di Repubblica. 

Neanche Sir Alfred Joseph Hitchcock avrebbe potuto fare di meglio. Ma pure Dario Argento.

Che schifo. 



6 commenti:

Anonimo ha detto...

Dispiace dirlo ma è da un pezzo che la Repubblica ha smesso di essere sé stessa, e la manovra di oggi è la pietra tombale sul giornale che abbiamo amato con Scalfari e Mauro.

Gabriele ha detto...

Peccato sia finita così e proprio in questo momento in cui Verdelli è soggetto a minacce ed attacchi osceni.
Detto questo credo la direzione Verdelli sia stata deludente, nonostante lui sia e resti un fuoriclasse. La prima pagina gridata in questo momento storico in cui tutti urlano è stata una scelta sbagliata e credo abbia fatto scadere la qualità del nostro giornale. Alcune scelte grafiche ed editoriali però non sono da buttare.

Anonimo ha detto...

Caro Pazzo,
prima ancora che si sapesse della nomina (scontata) di Molinari ho deciso di interrompere il mio antico rapporto di lettore con "Repubblica". La scelta dell'editore si commenta da sé. Detto tutto quello che si può dire e che è stato detto sul giornale-partito, sull'editore puro-impuro di "Repubblica" e su tutto il resto che è stato scritto in questi anni, il quotidiano ha rappresentato in quaranta e passa anni un punto di riferimento (amato, "odiato", criticato, condiviso, ecc.) per quella parte di opinione pubblica che si è riconosciuta in una sinistra critica. Questa storia oggi finisce, temo per sempre. Il "peccato originale" di Verdelli forse è stato quello, agli occhi degli Agnelli post-avvocato, suggerito da Mughini: il "legame" con l'ex mondo di Lotta Continua. Sia quel che sia (e trascurando la trascurabile opinione di Mattia Feltri, secondo il quale il padre, quel tizio che schiuma livore nei confronti dei meridionali, sarebbe sotto scorta da venti anni senza che questo per lui costituisca un vanto) ritengo che la decisione del nipote (con la minuscola) sia da segnalarsi anche per il momento in cui cade e che vede Verdelli sotto attacco. In questi casi un editore innanzitutto difende i propri giornalisti e solo dopo, caso mai, li caccia. Ma forse per il nipote la ricorrenza del 25 aprile coincide con la liberazione dal "rosso" Verdelli, non da quegli altri.
Calaber

Alessandro Riba ha detto...

Repubblica ha cambiato la storia del giornalismo italiano e, ancora oggi, nonostante cambiamenti e difficoltà varie, resta un giornale con un’identità precisa. Carlo Verdelli, sul quale nutrivo più di un dubbio, ha saputo ridare forza e colore ai valori che tutti noi lettori di questa comunità amiamo. Il licenziamento di oggi, per i tempi e i modi utilizzati, è inaccettabile. La scelta del successore incomprensibile. Sarebbe bello che il comitato di redazione e le più importanti firme del quotidiano (per fortuna ce ne sono ancora molte) facessero sentire forte la loro voce. Per quanto mi riguarda, spero di poter continuare a leggere Repubblica anche in futuro ma, ora come ora, ne dubito fortemente.

Giovanni Filero ha detto...

C'era una volta un giornale unico, appunto "la Repubblica", la Repubblica di Scalfari, dei suoi eccezionali giornalisti e collaboratori. Dal 1979 fino al 1997 la leggevo ogni giorno, anche quando mi trovavo all'estero. Mauro non era Scalfari, ma la Repubblica è rimasta (quasi) la stessa. Ho continuato a leggerla, con minore assiduità. Con Calabresi la lettura è stata molto diradata: ero stufo della linea "rosa", di una sinistra sentimentalista, dei vati Serra e Saviano, degli innumerevoli inserti, insertini e allegati. Con Verdelli, avevo iniziato a sperare, aveva cercato di ridare linfa a un giornale invecchiato. Ora, con i nuovi padroni, la famosa famiglia di Torino (con sede in Olanda), la brutale defenestrazione di Verdelli, so che la Repubblica non sarà più la stessa e io non avrò più nessuna motivazione per comprarla e leggerla. Spero tanto che la voce che De Benedetti, Feltrinelli e Lerner vogliono fare una nuova Repubblica sulle ceneri della cara defunta, con direttore proprio Verdelli.

Gatecrasher ha detto...

Non credo che la ragione del licenziamento risieda nel legame con gli ex LC, con Elkann al timone si trattava di una scelta scontata - della quale in parecchi nell'ambiente erano già a conoscenza - e senza dubbio maturata con una tempistica poco felice.

Come ha commentato il primo anonimo: dispiace dirlo ma è da un pezzo che Repubblica (senza articolo, grazie) ha smesso di essere sé stessa.
Onestamente, certa retorica che accompagna alcuni messaggi nel commiato al giornale di una vita suona - con rispetto parlando - abbastanza grottesca.
Un giornale poteva rappresentare una bandiera ed un punto di riferimento nel 1980, nel 1990, forse nel 2000, non certo in epoca contemporanea.

Quanto al futuro: il trend è quello che conoscete e nessuno potrà arrestarlo.
Tutti i quotidiani sono in calo continuo e costante: i ventenni, ma anche i trentenni e gran parte dei quarantenni del giornale in edicola se ne strafregano.
Anche molte persone di mezza età hanno smesso di acquistare il loro quotidiano.

Magari qualcuno se li scarica da Telegram o Whatsapp, dove ogni giorno dal primo mattino circolano tutti i giornali, i periodici e centinaia di inserti/collaterali comodamente consultabili tramite smartphone.
Ma si tratta di persone che non andrebbero in ogni caso in edicola.

Ergo? Repubblica, come la concorrenza, continuerà a perdere copie e lettori, a ridurre la tiratura, e poi vedremo.

Verdelli ha fatto il massimo in una situazione impossibile, gli stessi titoloni 'strillati' - che non condivido - non sono altro che uno strumento per recuperare disperatamente il lettore occasionale che magari una tantum il salto in edicola lo fa.
Ma si tratta di una missione impossibile in partenza, inutile raccontarsi palle.