martedì 14 aprile 2020

"Pantani viene da una terra che non è solo discoteche e piadine" - Ricordi e testimonianze su Gianni Mura.

M’illumino di Pantani, che arriva sotto l’acqua con dietro, come lucciole grasse, i fari ballonzolanti delle grosse moto. Ma sì, illuminiamoci un po’ tutti di Pantani, che scuote dalla fondamenta questo Tour torbido, che schianta Ullrich come fosse un gigante di cartapesta, che si veste di giallo, che ridà grandezza e dignità al ciclismo e dunque anche a questo Tour malato e mal disegnato, non certo per i suoi mezzi, enormi da una parte e limitati dall’altra. … Pantani viene da una terra che non è solo discoteche e piadine: ai vecchi, lì, si dà ancora retta. mi sono accorto di perdere lucidità quando vince Pantani. Non c’è il dovuto distacco, tanto vale ammetterlo: mi prende. Ancora non so da quali luciferine profondità cavi quella voglia di solitudine, di sofferenza, che molto raramente (non ieri, ad esempio) si sciolgono sul traguardo in un sorriso. Alza una mano, poi l’altra, le batte una volta, serio, e basta. Come l’illusionista dopo il numero riuscito. Questa, come tutte ma più di tutte, è una corsa di uomini ma anche di carburanti. Può essere, ma diciamolo sottovoce, come nei romanzoni di appendice, il Tour dei grandi peccatori e dei grandi innocenti. Fermo restando che Marco Pantani originario di Sarsina, il paese di Plauto, dove ancora nella chiesa di San Vicinio si curano gli indemoniati con un collare di ferro, non è un ciclista. È un cuore in bicicletta. Più si sale e ci si avvicina al cielo, più questo cuore batte, ribatte, combatte. E abbatte Ullrich, ma vedere in questo la storia di Davide e Golia sarebbe assai banale. Cercheremo di meglio, sperando di trovarlo, coi nostri violini di parole di carta. A volte, è anche bello dire semplicemente: grazie.

Gianni Mura, la Repubblica, 28 luglio 1998

Tratto dal sito Lo Slalom - Il meglio del racconto sportivo scelto e commentato

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