venerdì 8 febbraio 2008
Bolzoni&Zucconi: i mafia boys di Repubblica.
La cronaca del colpo mortale alla mafia italo-americana è stata affidata al boss siciliano Attilio Bolzoni e a quello italo-americano Vittorio Zucconi. Di routine il pezzo di Zucconi. Notevole invece quello di Bolzoni che vi riproponiamo integralmente:
Franky Boy, il boss invisibile
che voleva riprendersi Palermo
di Attilio Bolzoni
Se Franky Boy non si fosse vantato tanto per quei suoi amici siciliani che cercavano soltanto lui e di lui dicevano che "era il tutto di là", cioè quello che dava ordini a New York, forse oggi la mafia più blasonata al mondo, non starebbe a piangersi addosso e a meditare di ritirarsi su un'isola dei Caraibi o in qualche sperduta tierra venezuelana. Ma Franky Boy ha avuto una vita troppo facile per poter presagire il futuro nero che lo avrebbe travolto e trascinato alla rovina la sua "famiglia". Anzi, le sue due "famiglie". I Gambino d'America e gli Inzerillo di Sicilia. Povero Franky Boy. Dal brivido del comando - "ambasciatore" della Cosa Nostra americana per gli affari e le faccende dei Palermitani - a capro espiatorio per la più grande stangata poliziesca dai tempi di John Gotti senior.
Ha finalmente un volto il misteriosissimo Frank Calì, quell'uomo che gli agenti dell'Fbi e i poliziotti italiani e i federali della Royal Canadian Mounted Police sentivano nominare al telefono nelle mezze frasi smozzicate degli aspiranti Padrini delle borgate palermitane. E' lui l'invisibile personaggio che tutti volevano incontrare e al quale tutti rivolgevano una preghiera, chiedevano un consiglio, portavano rispetto. Tutti, tutti erano in fila da Franky Boy, l'astro nascente della mafia americana. Fino all'altra notte il suo destino di "Don" sembrava segnato. Le radici, i legami di sangue, la sua sicurezza e le sue aspirazioni. Era tutto già scritto.
ll nome completo è Francesco Paolo Augusto Calì. E' nato a New York il 26 marzo del 1965. Suo padre Augusto Cesare è un palermitano che aveva una bottega di articoli casalinghi e di materiale elettrico in via dei Candelai 21 a Palermo, nel popolare quartiere di Ballarò. Poi ha aperto un Video Store sulla 18° Strada a Brooklyn, l'Arcobaleno Italiano Inc. Ogni due o tre mesi prende un aereo e torna a Palermo con la moglie Agata in un appartamento fra i palazzi della città nuova, al civico 58 di via dei Nebrodi. E' incensurato il padre di Franky Boy, però negli archivi del Federal Bureau of Investigation conservano ancora un file con un suo interrogatorio del 1986. In quell'anno viene sfiorato dall'indagine sullla Pizza Connection, scoprono che è socio di Domenico Adamita, uno del giro di Tano Badalamenti.
L'ex bottegaio di Ballarò fa nascere il suo primogenito negli States. Lì Francesco Paolo Augusto diventa Franky Boy. Fra Brooklyn e Cherry Hill.
Sposa Rosaria, la sorella di Pietro Inzerillo, uno della "famiglia" di Passo di Rigano che a New York serve piatti stracolmi di anellini al forno e sarde a beccafico sui tavoli del suo Nino's Restaurant. Da ragazzino Franky Boy si lega a Jackie D'Amico, il capo della "decina" di Cosa Nostra sulla 18° Strada. Comincia la scalata. Sul suo conto gli investigatori americani hanno qualche sospetto, lo schedano per la sua vicinanza "con gli Inzerillo di Palermo e i membri del cartello Siderno della 'ndrangheta".
Qualcuno racconta poi chi è in realtà quel ragazzo figlio di emigrati italiani. "Già nel gennaio del 1997 una fonte attendibile dell'Fbi riferisce che Calì Frank, conosciuto anche come Franky Boy, è stato combinato nella famiglia Gambino", scrivono i poliziotti della prima Divisione del servizio centrale operativo e della Squadra mobile di Palermo nel loro ultimo rapporto sul nuovo patto mafioso fra Palermo e New York.
Nel 1999 i federali agganciano Frank Fappiano e lo convincono a collaborare. E' anche lui uno della "famiglia" Gambino e anche lui fa il nome di Francesco Paolo Augusto Calì. Dice che gliel'hanno formalmente presentato come "wiseguy", come uomo d'onore. Quattro anni dopo anche un altro mafioso americano pentito, Michael Di Leonardo, svela all'Fbi il ruolo sempre più rilevante di Franky Boy nella Cosa Nostra di New York.
E' proprio nel 2003 che cominciano i viaggi dalla Sicilia. E' sempre nel 2003 che gli Inzerillo, gli "scappati" dalla guerra di mafia degli Anni Ottanta, tornano in massa dal New Jersey a Palermo. Vanno ad abitare nelle stesse case che avevano abbandonato per sfuggire allo sterminio dei Corleonesi. Tutti a Passo di Rigano, la borgata dove erano nati loro e i loro padri e i loro nonni.
Torna per primo Francesco Inzerillo detto u' truttaturi, figlio di quel Pietro del Nino's Restaurant che è il cognato di Franky Boy. E poi torna Tommaso, cugino del boss Salvatore Totuccio Inzerillo ucciso il 10 maggio del 1981 in via Brunelleschi e cognato di John Gambino, il nipote del vecchio capo dei capi Charles. Torna anche Francesco fratello di Totuccio. E tornano pure Rosario che è un altro fratello di Totuccio e Giuseppe, figlio di Santo. Torna per ultimo anche Giovanni.
E' il figlio sopravvissuto di Totuccio, cittadino americano, nato a New York nel 1972. Gli Inzerillo supersistiti alla mattanza di Totò Riina sono stati "graziati" - per intercessione proprio dei loro parenti di Cherry Hill - a patto però che non mettano più piede a Palermo per il resto della loro vita. Quel rimpatrio collettivo apre un dibattito dentro Cosa Nostra, il "discorso degli Inzerillo" divide i grandi capi mafiosi che allora sono ancora tutti in libertà.
C'è Salvatore Lo Piccolo che si spende per il loro rientro intrecciando alleanze che - nella testa sua - lo avrebbero portato al vertice dell'organizzazione mafiosa siciliana. Antonino Rotolo, fedelissimo dello "zio" Totò Riina, è contrario per paura di vendette e del potere che gli Inzerillo potrebbero prendere. Come al solito Bernardo Provenzano è ambiguo, doppio, è favorevole ma con prudenza, è contrario ma con prudenza. Gli Inzerillo intanto sono già a Palermo e nessuno li tocca.
La verità è che tutti - quelli che non li vogliono e quelli che li vogliono - intuiscono che attraverso loro e soprattutto attraverso i loro cugini americani, si presentano nuove prospettive di affari, nuove occasioni economiche e finanziarie. E' un'opportunità straordinaria per una Cosa Nostra in crisi di liquidità e da molti anni ormai non più leader sulla scena del crimine internazionale. Così i boss siciliani riscoprono l'America. Così tutti mandano i loro uomini più fidati negli Usa. Li mandano alla corte di Francesco Paolo Augusto Calì, il figlio del bottegaio di Ballarò.
Il 26 novembre del 2003 ci vanno Nicola Mandalà e Gianni Nicchi, il primo della "famiglia" di Villabate e il secondo di quella di "Pagliarelli", fazioni corleonesi dure e pure. Nicchi ha soltanto 25 anni ma è già considerato una stella mafiosa. Il 23 dicembre del 2003 partono per il New Jersey Giuseppe Inzerillo, figlio di Santo, e Salvatore Greco. Il 22 gennaio del 2004 è Giovanni Inzerillo, il figlio di Totuccio, che va in America accompagnato da un personaggio "importante". Si chiama Filippo Casamento, un boss di 82 anni che una volta a Palermo - era sottocapo della "famiglia" di Boccadilfalco - comandava. Prima di sbarcare a New York però i due si fermano per qualche giorno a Toronto, in Canada. Prendono una stanza allo Sheraton, poi si fanno portare al ristorante Peppino al 2201 della Finch Avenue. E lì partecipano a un summit. Per nove ore stanno intorno a un tavolo con alcuni siculo americani, ci sono anche Michele Modica e Michele Marrese, "noti esponenti mafiosi originari di Casteldaccia dimoranti in Canada".
I viaggi dei siciliani continuano per tutto il 2004 e il 2005 e il 2006. Pedinamenti, intercettazioni, filmati. Gli agenti dell'Fbi documentano ogni trasferta. E ogni trasferta porta sempre a lui: a Franky Boy.
"E' amico nostro, è il tutto di là", confida il 21 ottobre del 2005 Gianni Nicchi al suo capomandamento Antonino Rotolo. Di là c'è l'America. Quell'America dove Nicchi e i suoi amici - mentre contrattano il prezzo di qualche decina di chili di stupefacenti su una partita di mezza tonnellata appena ritirata dai mafiosi di New York - scorrazzano per le strade della Grande Mela su un'auto intestata alla Haskell International Trading Inc, una società nel settore della distribuzione alimentare con sede legale al 900 di South Avenue a Staten Island e amministrata proprio da Frank Calì. Come la Circus Fruits Wholesale Corp con sede al 5015 di Fort Hamilton Parkway a Brooklyn. Come la Two Brothers Produce Inc sulla 17° Strada, la Bontel Usa Corp sull'Hamilton Avenue o la Ox Contracting Inc sulla 52° Strada o la Ital Products Express Ltd sulla Terza Strada. Tutte società - del Food e delle Costruzioni - intestate a Franky Boy o formalmente a Silvestre Lo Verde, uno che gli italo-americani di Brooklyn conoscono come "Silvio". E' un fruttivendolo di Palermo, emigrato nel 1988 negli Stati Uniti. E' già finito in carcere come corriere in un traffico di droga movimentato dai soliti Adamita. Il padre di "Silvio", Leonardo, è parente dei Gambino di Cherry Hill.
Una girandola di nomi legati uno all'altro dalla consaguineità, due famiglie che quando scavalcano l'Atlantico diventano una sola grande famiglia. E al centro c'è sempre Franky Boy.
Il suo nome comincia a circolare insistentemente. Ne parlano con ossessione i boss di Palermo. Finisce sulla bocca di troppa gente. Non è più uno dei tanti anonimi wiseguy di Brooklyn. "Ma che sta succedendo alle cose nostre, alle facende di tuo figlio?", chiede Vincenzo Spatoliatore al padre di Frank quando qualche mese fa il figlio del bottegaio di Ballarò finisce sulle prime pagine dei giornali italiani e americani. "La stampa rompe", gli dice un certo Romolo chiamandolo direttamente all'utenza del suo Video Store di Brooklyn. E' diventato troppo potente Francesco Paolo Augusto. E si è messo troppo in mostra. Sente il fiato sul collo dei federali.
Sono braccati anche gli Inzerillo, giù a Palermo. Quelli si stanno riorganizzando ma capiscono che sono già "bruciati", controllati a vista. Il loro ritorno in Sicilia non è stato un trionfo come immaginavano.
"I nostri nomi sono segnalati, qua non si può più stare, ce ne dobbiamo andare ma non dalla Sicilia, non dall'Italia, dall'Europa bisogna andarsene", si lamenta Francesco Inzerillo u' truttaturi con i suoi nipoti Giovanni e Giuseppe che nell'estate del 2007 gli fanno visita nel carcere di Torino.
E' abbattuto, si sfoga e una microspia registra le sue paure: "E' tutta una catena e una catenella, basta essere incriminato per l'articolo 416 bis e scatta automaticamente il sequestro dei beni. E cosa più brutta del sequestro dei beni non c'è". A Giovanni Inzerillo, il figlio del grande boss di Palermo, dice: "Te ne devi andare in Centro America.. in Sudamerica, lontano". Giovanni lo ascolta in silenzio. Lo sa che alcuni suoi parenti sono già emigrati in quella parte del mondo. Hanno lasciato tutto per scomparire, forse per sempre. E' deluso Giovanni. Anche lui vuole diventare come Franky Boy e anche meglio di Franky Boy. Fosse solo per il nome che porta, per i quarti di nobiltà mafiosa ereditati dal padre Totuccio, dalla madre Filippa Spatola e dagli zii e dai cugini, i Gambino, i Di Maggio, i Di Maio e i Castellano. Si sente pronto Giovanni. Anche per gli altri è pronto.
L'investitura gliel'ha data qualche mese prima il vecchio Filippo Casamento. E' lui a rassicurare un amico americano che chiede: "Tuo figlioccio..ù picciriddu.. camina?, camina o non camina?". E Casamento risponde: "Camina, camina u' picciriddu".
Sta già "camminando" Giovanni Inzerillo. Significa che è sulla rampa di lancio per un luminoso futuro mafioso. Nei suoi sogni molto, molto più splendente di quello di Franky Boy.
(8 febbraio 2008) - La Repubblica
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