giovedì 7 febbraio 2008

Crisi di governo: eccovi l'Eziomauro pensiero.

IL CAMBIAMENTO
di EZIO MAURO


Come se ogni volta il Paese aspettasse l'anno zero, dopo lo scioglimento delle Camere la destra guarda al voto di aprile come a un giudizio di Dio ritardato, che dovrà finalmente riconsacrare l'unione tra il Capo e il suo popolo nel destino della nazione. Nient'altro: si sente il filo della spada che taglia corto tra gli indugi della politica, che rassicura gli indecisi e ammonisce gli avversari, mentre raduna i reprobi e i convertiti, dopo l'ora d'aria.

Naturalmente, la sinistra italiana porta la piena responsabilità di tutto questo. In meno di due anni, la finta alleanza dell'Unione ha sperperato l'idea di un'alternativa credibile di governo, di classe dirigente, di cultura. Ha divorato nelle risse intestine i meriti del governo Prodi, ingigantendo nelle polemiche tutti i demeriti. Non ha trovato un'interpretazione dell'Italia capace di parlare al Paese, di portarlo a credere e a scommettere su se stesso. Ha dovuto dichiarare fallimento, riconsegnando le chiavi del governo come se il Paese le fosse non solo ostile, ma addirittura sconosciuto.

Ma con la sinistra colpevole, e dunque obbligata a cambiare radicalmente, nessuno in realtà può considerarsi assolto. Quando il capo dello Stato denuncia "l'anomalia" di uno scioglimento così anticipato delle Camere, parla per tutti e rivela l'impotenza di ognuno. Improduttivo sul piano politico, il sistema è bloccato sul piano istituzionale. E le istituzioni riguardano tutti, anche la destra che non ha saputo cambiare una legge elettorale sbagliata e dannosa, e non ha voluto due riforme essenziali per la governabilità e la legittimità del sistema: la riduzione del numero dei parlamentari (con la fine del bicameralismo perfetto) e la riduzione del numero dei partiti.

Anche su questo giudicherà ora il popolo sovrano. Dopo tante paure ideologiche e altrettante gabbie, il cambiamento sarà la leva del voto, l'innovazione la sua misura. Chi pensa a nuove alleanze finte, a destra e a sinistra, non ha capito il disincanto del Paese, la propensione al cambiamento, l'effetto della nuova solitudine repubblicana che nasce dalla disconnessione di molti cittadini dalla vicenda pubblica. Qualcosa che la destra ha incoraggiato corteggiando l'antipolitica e che oggi potrebbe mutare il quadro, cambiando natura e carattere di quel soggetto delicatissimo di una democrazia che è la pubblica opinione: e nessuno sa come.

(7 febbraio 2008) - La Repubblica

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