mercoledì 23 luglio 2008
Fassino querela Repubblica: psicodramma a sinistra.
Segnaliamo un intervento di Massimo Coppa sul suo blog a proposito del caso Tavaroli-Repubblica:
Nel PD ed a “Repubblica” vogliono continuare a farsi del male, dimentichi di far parte della stessa famiglia politico-giornalistica.
Piero Fassino non ci sta ad apparire sul giornale di cordata quale detentore di un fondo segreto estero: affermazioni fatte dal “gran spione degli spioni” Tavaroli e riportate in un doppio servizio confezionato da Giuseppe D’Avanzo con l’intento apparente di far capire agli italiani che non è vero che Tronchetti Provera possa considerarsi innocente come un puttino nella vicenda dei servizi deviati di Telecom: una struttura interna, segreta, che ha spiato, intercettato e confezionato dossier su mezzo mondo, tutto illecitamente (vedi post precedente a questo).
Oggi, su “Repubblica”, appare una durissima lettera di Fassino (che si può leggere QUI), nella quale l’ex segretario diessino risponde ai dubbi che avevamo espresso un post fa: il giornale diretto da Ezio Mauro sarà querelato. D’Avanzo sarà querelato per aver scritto l’articolo ed il direttore sarà perseguito, ovviamente, per omesso controllo. Naturalmente è stato querelato anche Tavaroli.
Mentre si nota l’assordante ed imbarazzato (?) silenzio del direttore di “Repubblica”, sempre oggi D’Avanzo deve scrivere una specie di compitino nel quale è costretto a difendersi, spiegando che non c’è nessun intento persecutorio o diffamatorio verso Fassino o chicchessia, ma che dovere di un giornalismo onesto e coscienzioso è quello di indagare, spiegare, denunciare e bla bla. Tutti concetti giustissimi, per carità: fa impressione ed amareggia constatare che bisogna ancora spiegarli, nell’Italia del ventunesimo secolo.
D’Avanzo rispiega anche che non è vero che “tutto va bene, madama la marchesa”: la vicenda dello spionaggio targato Telecom è grave, checché ne dica qualcuno (pur senza nominarlo, si riferisce certamente al “Corriere della Sera”, di cui Tronchetti è azionista). Il marito di Afef è quantomeno responsabile di omissione di vigilanza e di responsabilità colposa, visto che non si è accorto della “Spectre” che andava formandosi in azienda. L’articolo è leggibile QUI.
La verità giudiziaria è, apparentemente, che il vertice di Telecom nulla sapesse. E’ credibile? Penso di no, ma bisogna arrendersi alle risultanze delle indagini. E tuttavia “Repubblica” giustamente nota che le cose non sono così semplici.
Massimo Coppa
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