A me pare che il problema sia più ampio e generalizzato. Certo, esiste un problema Repubblica, ma avete visto le prime pagine di oggi? Libero dedica l'apertura sul proprio direttore e riserva il fondo destro all'ennesimo attacco di Pansa a Scalfari. Il Riformista, pure, titola su sé stesso e Polito polemizza con Scalfari che il giorno prima aveva litigato con Polito che la sera precedente lo aveva criticato al Tg1. Il Giornale scava nel passato di Gad Lerner con un grande richiamo fotografico in prima pagina. Il direttore del Corriere della Sera scrive un altro editoriale per replicare a Scalfari che ieri aveva risposto alla precedente critica successiva alla sua prima contestazione frutto dell'antecedente frecciata. L'Altro (L'Altro!!!) pure rivendica il ruolo del giornale che cerca la verità (e 'sticazzi!, verrebbe da dire) nell'ennesimo articolo autoreferenziale. E poi non so cos'altro mi stia sfuggendo.
Certo, la qualità di Repubblica non è più quella di venti anni fa e nemmeno di dieci; e si ha la sensazione che Ezio Mauro, in tutta questa faccenda, si sia fatto prendere la mano fino a non controllare più la situazione, quasi che il reale direttore sia Giuseppe D'Avanzo (uno bravo, ma che si arrapa talmente tanto che se si convince che la terra è piatta poi non glielo leva dalla testa nessuno). Ma, come dicevo all'inizio, a me pare ci sia un problema in Italia molto serio. La stampa su carta è un personaggio in cerca di autore: le nuove generazioni si informano sul web e chi vuole approfondire può farlo da sé (esempio: riguardo alla votazione di ieri alla Camera io mi sono informato dalle notizie online, mi sono letto il resoconto sul sito del Parlamento e poi mi sono fatto un'opinione più completa leggendo alcuni blog, tra cui quello di Andrea Sarubbi che ricostruisce puntualmente la giornata di lavoro con annessi retroscena). Non solo il web: c'è anche la tv, dove regna il conflitto d'interessi berlusconiano.
E poi la recessione economica, che induce molti a tagliare le spese superflue: fino a un po' di tempo fa io acquistavo due quotidiani, poi ne ho lasciato uno e ora che devo prendere l'automobile nuova mi rifornisco alla rassegna stampa della Camera (online!) durante la pausa pranzo.
Insomma, ci sono parecchie concause che, a mio avviso, inducono i quotidiani, compresi i più diffusi e autorevoli, a diventare sempre più autoreferenziali e confusi(onari), mentre i giornalisti per non ripetere quel che i lettori già sanno sempre più si arrampicano sugli specchi, facendo prevalere un finto "stile" alla sostanza (vedi Aquaro) o pompando a dismisura i retroscena (vedi Maria Teresa Meli, sul Corriere, ma anche Tito, su Repubblica) e le notizie (si legga in proposito il pur interessante articolo odierno su Agnese Borsellino). Repubblica non fa eccezione.
Nonunacosaseria
7 commenti:
A mio modesto avviso il problema della ridotta qualità ANCHE di Repubblica, rispetto a 10 o 20 anni fa, fa il paio con quello più oggettivamente strutturale del panorama politico e DEI politici. Tralasciando il fenomeno Berlusconi (beninteso, fenomeno detto in senso negativo ci mancherebbe altro!), sarei più propenso a sottolineare la scadente qualità (morale, intellettuale e tecnica) dei politici della cosiddetta Seconda Repubblica. I personaggi di venti e più anni fa che affollavano il Transatlantico di Montecitorio erano di ben altro spessore: i Berlinguer, i Pertini, i La Malfa, i Moro, le Jotti, gli Ingrao e via discorrendo danno sicuramente una pista (mi si passi il termine gergale e popolare) agli ominicchi politici attuali. E così è accaduto per la stampa. i Benedetti, gli Ottone, i Biagi, i Montanelli, i Pannunzio, gli Scalfari, i Bocca, i Levi e chi più ne ha più ne metta, sicuramente hanno ben altro carisma e spessore giornalistico rispetto ai pennivendoli attuali, capitanati dai Belpietro e dai Feltri. La questione è tutta qui. La classe (parafrasando il Manzoni) chi non ce l'ha non se la può dare. Un cordiale saluto a Enrico Maria Porro da Nomadus.
Alcune considerazioni sui temi di questi giorni. Abbiate pazienza, sarò lungo.
Lo scontro Repubblica-Corsera. Da amante della carta stampata trovo sempre molto stimolante quando si confrontano scuole di pensiero diverse sul modo di fare giornalismo. Non vedo autoreferenzialità se i giornali si fronteggiano, anche in modo duro, su questi temi. La diversità di opinioni è il sale della democrazia ed i giornali rappresentano un tassello fondamentale di qualsiasi sistema politico moderno. Oltretutto, scrivere uno/due editoriali sul giornale non mi pare rappresenti una occupazione manu militari dello spazio da dedicare alla realtà circostante. Certo, est modus in rebus: ogni confronto/scontro/polemica deve poi chiudersi.
L’eccessiva attenzione a Berlusconi di Repubblica. Ritengo doveroso da parte del nostro giornale dedicare tempo e spazio ad un uomo che porta un sistema di disvalori assolutamente inusuale nelle principali democrazie occidentali. Trascurare Berlusconi nelle sue forme di esternazione o nei comportamenti significa assuefarsi all’idea che si possano calpestare sistematicamente e impunemente valori che dovrebbero essere prerequisito fondante e condiviso di qualsiasi paese democratico e liberale. Repubblica mantiene inalterata la propria capacità di indignarsi sempre e comunque di fronte a questi comportamenti anomali ogni qualvolta si presentino. Nel nostro paese si sta diffondendo molta assuefazione, come chi è ormai aduso ad un veleno che gli è stato inoculato gradualmente sotto pelle per anni, e si sta perdendo la capacità di indignazione. E’ un paese incarognito, chiuso in se stesso ed in default morale da decenni. Non dobbiamo abbassare la guardia, quindi, anche a costo di apparire ripetitivi e petulanti (questo non vuol dire però che ogni singola uscita dello psiconano vada sparata a 6 colonne in prima pagina).
La cartina di tornasole della bontà del severo approccio di Repubblica rimane l’attenzione critica della stampa internazionale, anche quella conservatrice (vedi il Times), alle vicende berlusconiane (salvo pensare che vi sia invidia verso di noi, come ha bizzarramente scritto sul Sole 24 Ore ieri tale Gotor).
Aggiungo una convinzione: se Repubblica non avesse mantenuto alto il tono della polemica, oggi ci sarebbero molti ad accusare il giornale di connivenza. (segue)
La svogliata attenzione di Repubblica all’azione di governo. Se sul secondo punto quindi dissento su alcune critiche, invece sulla capacità di coprire esaustivamente l’operato del Governo in relazione ai problemi reali del Paese concordo con quanto emerso in molte analisi a partire da quella molto bella di Fabio Venneri. Questo è il punto essenziale. L’attenzione di Repubblica verso Berlusconi non può concentrarsi solo sui suoi comportamenti privati (ma di rilevanza pubblica, evidentemente) o sui suoi problemi con la giustizia, quasi il giornale fosse diretto da D’Avanzo come afferma Nonunacosaseria. Un politico che si definisce “uomo del fare”, e che molti affermano debba essere giudicato solo per quello che fa, deve essere analizzato con particolare profondità proprio sull’azione di governo. Qui Repubblica sta mancando significativamente la propria ragion d’essere. C’è una crisi che è grave, che ha forti impatti sociali ed è sapientemente occultata dai TG Rai e Mediaset. L’azione di governo non può essere analizzata solo con un approccio macro, ovvero con i puntuti e brillanti commenti di Boeri, Penati, Spaventa, Giannini o lo stesso Scalfari che fanno opinione, ma non danno una esatta misura al lettore medio di cosa sta succedendo alle persone. La crisi va affrontata anche con un approccio micro, ovvero scandagliando il Nord per raccontare cosa stanno soffrendo da un lato i lavoratori e dall'altro la piccola e media industria, l’artigianato, le libere professioni, ovvero il bacino di elettorato appannaggio tradizionale della destra. Ci sono ottimi giornalisti a Repubblica che hanno competenze per raccontare questo mondo, come ad esempio Roberto Mania, un giornalista economico solido con ottime relazioni nel mondo del lavoro. Fossi in Ezio Mauro, anzichè sovradimensionare il plotone Usa, io creerei una/due figure di “corrispondenti dal Nord” ovvero dal mondo dell’imprenditoria e del lavoro più indeboliti da questa crisi e dall’inazione e dall’inefficace azione del Governo. Io non ho la scomposizione dei dati di vendita di Repubblica su base regionale, ma non sarei sorpreso nello scoprire che è al Nord che perdiamo maggiori copie. Specularmente al PD (e non a caso), noi non siamo più in grado di raccontare un pezzo rilevante del Paese, quello che vota per Berlusconi. Il Nord, ed in generale, la crisi, non possono essere trattati episodicamente, come avvenuto fino ad oggi, o solo attraverso la brillante, arguta e acuta penna di Alberto Statera perchè è più attento a descrivere Poteri Forti e sottobosco economico-politico che la modesta cronaca quotidiana della piccole imprese. E lì di malumore ce n’è molto, come ha testimoniato il Sole (e, blandamente, Repubblica) la scorsa settimana dando conto di un convegno di piccole imprese, tenutosi vicino a Varese, in cui l’insofferenza attuale ha lambito anche i rappresentanti del governo ivi presenti.
La copertura di tutte le notizie. Bisogna inoltre fare un’informazione completa, coprendo tutte le notizie, anche quelle scomode per la nostra parte.
Repubblica ha raccontato con grande svogliatezza la ricostruzione dell’Abruzzo, timorosa di dover portare acqua al mulino del governo. Se c’è un intervento che ha funzionato (posto che sia così), va raccontato e bene anche se riguarda questo Governo.
Repubblica ha mostrato poca voglia di affrontare lo scandalo sanità che ha interessato il PD in Puglia, dove non ha minimamente dato mostra delle capacità investigative dei vari Bonini – d’Avanzo.
Io voglio, anzi pretendo un giornale che mi racconti la realtà senza pregiudizi, senza calcoli di parte, senza reticenze. Se Repubblica non si riporta sulla retta via del giornalismo indipendente (da tutto, anche dai propri pregiudizi), mantenendo ferma la propria visione del mondo e dei valori che devono guidarlo, è destinato a perdere sempre più copie. (segue)
Chiudo con una considerazione: fare giornalismo critico verso Berlusconi è un’operazione perdente perchè contro hai un dispiegamento di forze sproporzionato: 5 telegiornali in un paese con il più basso indice di diffusione dei giornali tra i paesi sviluppati. Ed il 70% degli italiani che ha votato alle ultime elezioni, secondo il Censis, si è formato la propria opinione attraverso i telegiornali. Quindi, onore al merito di Repubblica per la sua battaglia. Ma se vogliamo sopravvivere, ripeto, dobbiamo essere completi nel fare informazione, esattamente come chiedono tutti coloro che intervengono su questo blog e amano questo giornale.
condivido barba. Aggiungerei che probabilmente il giornalismo dovrebbe tornare alle origini: cioè alzare il culo dalla sedia.
Dopo anni di copia&incolla di ansa e veline, e di gossip politico-salottiero, sarebbe una ventata salutare
E' quello che, sul versante televisivo, si sono messi a fare i bravi Iacona -Gabanelli. Ugh, ho detto.
Ammazza (come se dice a Roma)! Hai letto tutta l'omelia! Sei un grande. Vai in pace, hai la mia benedizione. :)
good start
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