sabato 5 dicembre 2009
La migliore del giorno: Aquaro che attacca Le Monde per difendere Dan Brown.
Noi ce la stavamo mettendo veramente tutta per riabilitare AA, e per cercare di evitare che il mostro da noi stessi creato ci sfuggisse di mano e diventasse preda di personaggi privi di scrupoli della giungla blogosferica.
Ci si potrebbe attendere che uno nella delicata situazione di AA ci pensasse due volte prima di mettersi a fare lo sbruffone con i colleghi. Oggi, dedica la sua rubrica “Le critiche degli altri” a prendere in giro la recensione di Dan Brown ad opera di Véronique Maurus su Le Monde.
E già questo è triste. Qui trovate l’articolo della Maurus.
C’è bisogno di essere a NYC per leggerlo?
Solo due parole. Lasciamo perdere l’esordio in cui si paragona gratuitamente la Maurus (che ha 58 anni) a una delle “nonne di una volta,” dedite a “buttar giú” avemarie qualora “sorprese a pensare peccato.” Vorrei che mi si spiegasse la pertinenza di questa elaborata similitudine.
AA dice che la Maurus “impiega tre quarti della recensione ad applaudire ‘Il simbolo perduto’ e sferra l’attacco nel finale.” Ciò è falso: è vero esattamente il contrario: un quarto a parlarne bene (189 parole); tre quarti a parlarne male (555 parole).
La critica che muove la Maurus è quella fondamentale che si deve muovere a DB: nei suoi libri non si capisce cosa si debbe intendere come storicamente vero e cosa sia falso. Punto.
“Où finit la réalité, où commence le fantasme ? Où est la vérité dans ce bric-à-brac trop savant pour être tout à fait honnête? Rites, symboles, détails architecturaux, faits ou théories historiques, arrangés à la sauce brownienne, sont-ils avérés - et dans quelle mesure ?”
È un difetto gravissimo, che fa sí, proprio come dice VM, che anche chi resti conquistata dall’abilità narrativa di DB, alla fine della lettura sia delusa e irritata. Poiché DB non è Eco. È inutile che qui AA faccia il furbo: “Ma va?”. Non si tratta di paragonare DB a Eco, se non nel senso che nel “Nome della Rosa,” per esempio, si capisce sempre cosa sia “storico,” e cosa sia “inventato.” E cosí dovrebbe essere in tutti i romanzi storici. Punto e basta. C’è poco da fare i furbi.
Tanto piú se a fare l’ironico è uno che ha sentito con le sue proprie orecchie DB affermare di credere a cose del genere (l’intervista famosa):
“Nel romanzo cito un esperimento di Princeton: se davanti a un bicchiere d’acqua che si congela pensi a cose belle, pensieri puri, il bicchiere fa dei bellissimi cristalli di ghiaccio. Se pensi a cose malvage, violente, beh, i cristalli diventano brutti.”
Un esperimento di Princeton! È questo che vuol dire la Maurus: se nel romanzo panzane colossali come queste vengono presentate come “verità scientifiche,” come può una lettrice intelligente non lasciare la lettura irritata e disgustata? (E infatti proprio le castronerie su questo tema, la “noetica,” sono tra le cose che piú inquietano la Maurus.)
Non è del tutto vero che DB dica che è “solo un romanzo,” Angelo: te lo ha detto proprio a te che alla storia dei cristalli ci crede perfino lui (esperimento di Princeton!). Altro che: “mica il lettore è un bambino”: è lo scrittore che è un bambino.
Ma se anche DB fingesse di credere a quelle idiozie (teoria possibile, ma, ahimè, temo troppo ottimista), sappiamo tutti che tra i milioni di lettori di DB, di “lettori bambini” ce ne sono moltissimi. E non parlo di bambini veri. La readership di DB è proprio divisa tra “lettori bambini” che si bevono tutto come oro colato (cosa gravissima, poiché di tutto c'è bisogno tranne che di una promozione dell'ignoranza e dell'irrazionalismo); e lettori non bambini che leggono per curiosità, per piacere, o per dovere, e che ne escono irritati e disgustati. Stop.
“Aucune distance, pas un clin d'oeil. Le but est quindi’on y croie et c'est là le problème. C'est aussi la recette du succès - et du battage médiatique.” Sacrosanto. E invece no. Aquaro deve andare a fare il polemico; e passi che possa pensarla diversamente: ma no: sfotte e deforma il pensiero dell'ignara interlocutrice, ancora inspiegabilmente qualificata come "nonna" nell'ultima frase (chiusura ad anello).
Un ultimo punto. A un certo punto, AA sembra partire per la tangente: “Dall’altra parte dell’Oceano, nella sua casa-rifugio di Exeter, tra i boschi del New Hampshire, sprofondato a testa in giú come fa ogni giorno al mattino per rischiararsi le idee, al professore non deve sembrare vero di aver passato l’esame di francese.” What? Si può immaginare un modo piú macchinoso, maldestro, oscuro, e sbagliato di riferirsi a Dan Brown? Lasciamo perdere i criptici rimandi alla patria di DB, o alle sue ginnastiche mattutine: li capiamo solo noi che ci ricordiamo della sua assurda intervista del 23/10 u.s. Il fatto è che qui AA definisce DB come “il professore,” e, se c’è una cosa sicura al mondo, è che DB non è professore di alcunché. Ha insegnato tipo al liceo dal 1993 al 1996: dubito che ciò possa valere a definirlo oggi come "il professore." Il fatto che AA creda che il suo personaggio Robert Langdon, professore ad Harvard, sia “l’alter ego” di DB, come da lui dichiarato nella celebre intervista, non fa sí che automaticamente anche DB sia un professore di Harvard.
Caterina
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3 commenti:
Dopo la lettura del post mi son detto: ma è matta Sua Sommità a dedicare tutto questo tempo all'analisi di quella maldestra rubrichetta di Aquaro sulle recensioni altrui?
Poi mi son fermato a riflettere. Se Aquaro avesse dedicato il giusto tempo alla lettura del pezzo della Maurus, come ha fatto Caterina, non si sarebbe avventurato in una terra incognita col suo bagaglio di imprecisioni, superficialità e supponenza.
Occorre fatica e impegno per redigere un articolo che informi correttamente il lettore.
Aquaro evidentemente ritiene che il suo innato talento gli consente di sorvolare sull'approccio tradizionale, ovvero serio e impegnativo, che dovrebbe caratterizzare un qualsiasi lavoro. Il suo talento, che si esprime attraverso una scrittura pseudo-brillante e quell'atteggiamento di fastidiosa compiacenza che a volte assume, va ben oltre gli angusti confini del noioso giornalismo che si insegna da sempre, legato alla notizia ed al rispetto delle celebri cinque W nel riportarla al lettore, per approdare sul pianeta del giornalismo narrativo, ove la notizia non vanta primazia alcuna.
Caterina ha dimostrato invece come si possa redigere, con un po’ di sano impegno e dedizione, un articolo correttamente informato. E come non serva un giornalista a NYC per trattare simile argomento.
La superficialità con cui Aquaro informa il lettore è la medesima che gli impedisce di dare una forma convincente alla sua narrazione della società americana, che non sia un banale (e sciatto) copia e incolla dalle fonti informative locali.
La sua incapacità a scovare notizie e storie paradigmatiche dell'evoluzione della società Usa, andando quindi oltre il racconto di quanto imposto dalla cronaca, è ragione sufficiente, a mio parere, per rimandarlo a casa e risparmiare il costo della sua superflua permanenza negli Usa.
Rispondendo alla domanda iniziale di Sua Serenità: sono matta.
Pur di difendere Aquaro, cosa non faresti...
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