lunedì 8 febbraio 2010

Da Nashville a Fort Lauderdale: i fantastici viaggi di AA, l'inviato che guarì dalla refusite.

Bei tempi quelli in cui AA sbagliava i nomi propri un giorno si e l'altro pure.
L'altroieri, nel suo pezzo da Nashville su Sarah Palin, è riuscito persino a scrivere correttamente "Stanley Kubrick", anche se poi ci ha piazzato un bel "Benvenuti a Palinopoli".

E anche ieri, nel pezzo sul SuperBowl da Fort Lauderdade, ci ha sorpreso tutti quanti, infarcendo l'articolo di nomi e nomignoli di persone e cose, senza sbagliare un'acca.

Non è per tirarcela, caro Angelo, ma dovrai riconoscere che il nostro terrorismo psicologico di mesi e mesi di dure reprimende, a qualcosa è servito.

Adesso la refusite non sai più neanche dove sta di casa. O no?

5 commenti:

Anonimo ha detto...

VUOI SCHERZARE? Leggi l'articolo di stamattina sulla vittoria dei Saints. Da manicomio! Addirittura sbaglia i nomi dei giocatori, e dimentica che l'ultimo touchdown nasce da un intercetto della difesa e non da un lancio dell'attacco. Per lui i field goal ( i calci) sono semplicemente gol/rete, come nel calcio!

attilio ha detto...

E il buon AA potrebbe rimproverarci quel UN ACCA scritto senza l'apostrofo...

Enrico Maria Porro ha detto...

attilio, chi va con lo zoppo...grazie.

Attilio ha detto...

Caro Pazzo, vado OT per segnalarti come il famigerato Premio Igor Man de La Stampa sia già ampiamente alla frutta. Dopo l'odissea di Molinari ad Haiti, lo 'sgoob' di Paolucci sulle sim fasulle e le bella inchiesta dell'Anello, sabato son stati premiati i servizi riguardanti la bruttissima faccenda dell'omicidio del ragazzino romeno. Ora, niente da togliere al lavoro dei due giornalisti (Peggio e Numa) che hanno fatto il loro onestissimo lavoro (non più e non meno di un qualsiasi reporter locale), ma comincio a pensare: vuoi vedere che pian piano li premiano tutti...?

Barbapapà ha detto...

Direi, ancora una volta, di evitare entusiasmi se un giornalista (Aquaro) non si esibisce in continui refusi. Come scrisse qualche tempo fa Geppo, qui siamo all'ABC del giornalismo.
Ho evitato la lettura del pezzo odierno sul Superbowl perché mi è bastato il fastidiosissimo articolo di presentazione dell'evento che AA ha scritto ieri, sotto la testatina "L'America di Obama" (no, dico: è dal 1967 che si celebra il rito del Superbowl!).
Per chi se lo fosse perso, ecco l'incipit (leggetevelo tutto d'un fiato):

Corri, Drew Brees, corri e fiondati lontano, corri verso la meta con la palla agguantata in quelle mani grandi quanto guantoni, come dice il tuo allenatore, Sean Payton, che grazie a te ha portato i suoi Saints in finale, la prima volta in 43 anni di storia per la squadra di New Orleans, e adesso quasi ci crede che oggi riuscirà a portarli in paradiso, a battere i Colts dell' Illinois e ascendere al cielo dei cieli del football, quel Super Bowl che ha un nome da Santo Graal e invece fu inventato per americanissime ragioni di mercato.

Ma perché non la smette con questo fastidiosissimo stile? Gli diano piuttosto, a Repubblica, la possibilità di sfogare queste sue incontrollabili pulsioni artistiche su un suo blog e lo riconvertano ad un giornalismo più sobrio e sulla notizia, quando si esibisce sulla carta stampata.
Haiti mi pare già un pallido ricordo...