mercoledì 14 aprile 2010

La morte di Berselli: il ricordo di Andrea Scanzi.



Ciao Eddy, cesellatore di sublimi cazzeggi e adorabili tiri mancini.

Edmondo Berselli detestava i guru e la seriosità. Per questo non è mai andato d’accordo con i santoni della sinistra e la pletora di venerati maestri, più volte e goduriosamente sbertucciati. Inizialmente metteva inizialmente soggezione. Ne sa qualcosa Andrea Rivera. Eddy (noi lo chiamavamo così e a lui piaceva) se lo trovò premiato a Forte dei Marmi, nella rassegna per la satira. Non era d’accordo e, durante la conferenza stampa, se la prese con la sua parlata romanesca. Bastò una frase: “Per favore, Rivera, si esprima in italiano”. Risero tutti. Tranne Rivera.
Si sforzava di apparire cinico, ma non lo era. Lo muoveva una curiosità bulimica. Ecco perché ogni suo libro è gioiosamente incasinato. Tiri mancini su tiri mancini, da gran fantasista qual era. E chissà perché lo hanno sostituito così presto.
Le cose di cui amava parlare di più erano Lucio Battisti e la sua labrador. Se volevi provocarlo, bastava citargli i cantautori. Lui, a casa sua, prendeva la chitarra e sorrideva. Lodava l’era pre-68, si lamentava perché Shapiro gli faceva fare tardi (“Quello vive ancora da rockstar ma io no”) e si vantava che “i Pooh hanno suonato in casa mia” (ben sapendo che l’avrei mitragliato, citandogli oscuri gruppi islandesi)... (prosegue qui).

Andrea Scanzi

Nessun commento: