lunedì 20 settembre 2010
D&G, e pace fu (?)
Mi sono perso qualche puntata o posso rimanere spiazzato oggi nel leggere (nel domenicale!) un intervento a doppia firma di Dolce & Gabbana nel paginone di moda? Ma non c'era stata rottura dopo la notizia - data solo da Repubblica un paio di anni fa - dei problemi di D&G col fisco, tanto che i due stilisti avevano ritirato la pubblicità da Rep?
In generale questa tendenza non mi sembra molto in linea con la critica che il giornale fa alla società dell'apparire (dalla politica al costume), per non parlare di molti scritti di Serra, tutti condivisibili, sull'imbarbarimento dell'Italia post e neo-berlusconiana: la settimana scorsa il box che oggi è occupato da D&G era firmato - pardon: griffato - da Roberto Cavalli, una icona, sì, ma quanto a vestiti volgari oltre che a connotati plastificati. Ok, compie 70 anni, ma due peana in meno di una settimana (ieri una mezza pagina in cronaca) mi sembrano eccessivi.
Moriremo a sentirci dire "si deve dare spazio a tutti" e "i lettori vogliono anche contenuti leggeri"? Sono troppo bacchettone e poco up-to-date? E' il motivo per cui molti - non per dare ragione al lodo Prignano-Minzolini - preferiscono giornali "calvinisti" tipo il Fatto? E soprattutto: è davvero la pubblicità il padrone delle notizie (cfr. libro di Giuseppe Altamore ed. Bruno Mondadori)?
Occam
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