giovedì 9 settembre 2010

E d'improvviso, una doccia fredda: è morto Guido Passalacqua.



Guido Passalacqua, il "decano" di Repubblica è morto questa notte in una stanza dell'hospice del Vidas.

Nato a Brescia, figlio di un professore di liceo classico e di una maestra elementare, si era trasferito a Pavia per frequentare l'università e da qui era arrivato a Milano. Innamorato del giornalismo e della politica, aveva comiciato a collaborare con il Panorama di Lamberto Sechi e poi era diventato direttore, insieme a Claudio Sabelli Fioretti, di Abc. Ne avevano fatto un giornale di inchiesta, scandaloso, ma per la capacità di raccontare fatti.

A Repubblica, Guido è arrivato fin dai numeri zero ed è stato una delle colonne intorno a cui si è sviluppato il successo del giornale. Negli anni del terrorismo era uno di quelli in prima linea: le sue indagini erano talmente documentate da metterlo nel mirino dei terroristi della Brigata XXVIII Marzo. Gli hanno sparato per strada, colpendolo a una gamba. E lui non ha mai fatto il reduce, né l'eroe. La cultura classica ereditata dalla famiglia, la discrezione, il fare burbero dei bresciani, sono sempre stati i suoi tratti distintivi.

La crescita di Repubblica lo ha visto occupare anche posizioni di organizzazione, fino a diventare il capo delle pagine di cronaca e il numero due della redazione di Milano. Nei giornali c'è chi fa la carriera della scrittura e chi fa quella del desk: Guido ha percorso tutte e due le strade, senza mai pensare, però, a quello che fosse più interessante per la "carriera". Era una parola, questa, che trovava volgare: per lui il giornalismo non era una passione, era un dato immutabile della sua vita. Guido era un giornalista e basta.

Nell'85, quando Umberto Bossi non era ancora il Senatur, ha cominciato ad occuparsi della Lega e ne è diventato uno dei più profondi conoscitori. La sua passione per la politica trovava un altro modo di esprimersi. Il suo rapporto con Bossi è stato straordinario: e il destino ha voluto che si ammalassero insieme.

Quando Bossi è stato colpito dall'ictus, Guido ha scoperto di avere un tumore al cervello. Anche questo lo ha affrontato con il disincanto con il quale prendeva tutte le cose della vita. La malattia non lo ha fermato: dopo la prima operazione ha scritto e pubblicato un saggio sulla Lega, che resta uno dei testi fondamentali per capire il movimento.

Bon vivant, sempre di un eleganza un po' demodé, leggeva di tutto e aveva una grandissima cultura. Aveva pensato che gli sarebbe piaciuto finire la sua vita nella casetta sulle colline del pavese che aveva comprato e messo a posto, orgoglioso di aver fatto da solo, con le sue mani, "i muretti a secco".
Lascia un figlio, che amava tantissimo; e la moglie.

Cinzia Sasso - La Repubblica

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Si però, il finale del pezzo è un po' ambiguo: "Lascia un figlio, che amava tantissimo; e la moglie". Punto e virgola, e la moglie. Che invece?

Barbapapà ha detto...

Un giornalista serio e bravo.
Gli sia lieve la terra.