Il fondo di sabato del diretur sulla questione Tulliani ha scatenato i nemici storici di Repubblica.
Per esempio, a Camillo non è piaciuto per nulla:
Non mi interessa niente della casa di Montecarlo, mi interessa lo stato del giornalismo italiano. Il Sole e il Post hanno giá spiegato gli aspetti imbarazzanti della vicenda “dimissioni” di Profumo, dimissioni che non ci sono mai state. Potrei aggiungere il caso Vittorio Emanuele, sputtanato per mesi in prima pagina da Repubblica e gli altri, poi tenuto nascosto quando i magistrati hanno stabilito che il fatto non sussisteva. Ora c’è la questione Montecarlo. Il giornalismo alle vongole, in questo caso, non è quello del Giornale o del Fatto, ma quello di Repubblica. Repubblica è campione di questa disciplina. L’avete letto l’editoriale di Ezio Mauro di oggi, no? Breve, acuto, sbaudo: Fini deve spiegare. La stessa cosa, Mauro l’aveva scritto mi pare l’11 agosto quando si iniziò a capire che il caso del cognato non era del tutto inventato. Prima e dopo e durante, però, Repubblica scrive le più fantasiose accuse, parla di patacche, rispolvera i servizi. Dossieraggi, deviazioni, trame oscure. Paginate di D’Avanzo. Poi, nel momento in cui si scopre che le cose forse sono vere, arriva in prima pagina l’editoriale severo di Mauro. Contro Fini, invece che contro se stesso.
E c'è rimasto male anche Daw-Blog:
“Fini chieda a Tulliani di rivelare i nomi e i cognomi degli acquirenti e le condizioni dell’affitto. Questo per rispondere al sospetto, ogni giorno più pesante, che Tulliani abbia intermediato per se stesso, dietro il paravento offshore. Solo così si potrà accertare definitivamente che la “famiglia” venditrice non è anche la “famiglia” acquirente”. Non sono parole di Daniele Capezzone, né stralci di un editoriale firmato da Vittorio Feltri. A mettere nero su bianco tali parole è stato, lo scorso 11 agosto, Ezio Mauro, direttore di Repubblica. Sembra strano, incredibile, soprattutto dal momento che a poco più di un mese da questo editoriale coloro che hanno avuto il merito di portare a galla tutte le marachelle del cognatino di Fini e le bugie del Presidente della Camera, vengano additati come pezzenti, traditori, tessitori di trame oscure con la complicità dei servizi segreti. E’ toccato pure a Roberto D’Agostino, infilzato dalla penna di Giuseppe D’Avanzo per aver osato pubblicare un documento (poi risultato vero) che sputtanava Gianfranco Fini. Insultato, dileggiato, schernito per aver fato uno scoop, per aver fatto conoscere la verità.
Perchè solo loro di Repubblica possono permettersi di fare le esclusive, di raccogliere (insieme a L’Espresso) le registrazioni degli amplessi di qualche prostituta pugliese, solo loro possono raccontarci per giorni e giorni quanto lungo fosse il fallo del premier della Repubblica Ceca Topolanek. Loro possono tranquillamente spandere letame su tutti (purchè legati in qualche modo a Berlusconi), mentre gli altri devono tacere.
Altrimenti ecco che scatta l’editoriale che affonda le radici nel torbido, nel delirio di collegamenti tra siti internet e massoneria, con la complicità dell’Eni e dell’Enel (come si è sentito dire D’Agostino). Un esempio lampante di quel dossieraggio che ogni giorno vanno biasimando. Un dossieraggio per lo più falso, visto che il titolare di Dagospia ha già ricordato come tra le sue pubblicità figuri anche Kataweb (proprietà di De Benedetti) e che il logo di Eni campeggia pure sul portale di Farefuturo. Insomma, l’ennesima dimostrazione che non è mai troppo tardi per tacere.
3 commenti:
Sulla questione Fini si potrebbe dire che l'Italia è una repubblica fondata sul cognato. Cade quello e cade il paese. Poi non mi è piaciuto per nulla il fantasioso virgolettato usato a piene mani nell'articolo di Carmelo Lopapa (domenica 26 settembre) che raccontava "la nottata" del duro confronto tra Fini e Giancarlo Tulliani. Il cronista è riuscito perfino a far dire alla moglie del presidente della Camera: "Gianfranco, devi fidarti di mio fratello. Ti giuro sulle nostre figlie che ti sta dicendo la verità".
Ora: o Lopapa era a casa Tulliani, magari nascosto in una poltrona, o questo modo di fare giornalismo, inventandosi letteralmente le cose e virgolettandole pure, è semplicemente ridicolo. Dai su.
E' tutto ridicolo, Aghost. In questo paese non si parla più di politica reale, quella che dovrebbe incidere sulla vita dei cittadini, da mesi. E i giornali anziché ribellarsi a questo deprimente andazzo e indicare altri percorsi, altri temi, altre questioni, gli vanno appresso dedicando paginate e paginate a queste penose vicende. Repubblica compresa, con tutti i retroscena, i virgolettati a gogò e l'inutile inviato a Santa Lucia.
E' invece divertente (si fa per dire) osservare la piena equiparazione che il cosiddetto giornalismo di destra fa tra la vicenda Fini e le vicende berlusconiane dello scorso anno...
Eh sì, sono proprio assimilabili. Anche giornalisticamente.
oggi ghedini ha smentito le virgolette di caporale. L'uso disinvolto, o addirittura fantasioso delle virgolette, è un pessimo vizio. Che di traduce in scarsa credibilità del virgolettatore e del suo giornale (per non dire dei giornalisti tot court).
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