Ieri il Corriere della Sera ha ospitato un intervento firmato da alcuni parlamentari del Partito Democratico capeggiati da Arturo Parisi.
Ed ecco entrare in azione il particolare software del nostro Nonunacosaseria che decripta in italiano quel che scrivono politici e giornalisti.
Di seguito il testo della missiva di Parisi. Poi, in blu e corsivo, quel che realmente stavano pensando al momento della stesura della lettera.
Caro Bersani,
quasi tutte le parole che negli ultimi diciotto anni hanno accompagnato, e guidato, il nostro cammino comune hanno perso il loro senso. Progetto, democrazia governante, scelta maggioritaria, alternativa, bipolarismo, vecchio ulivo, nuovo ulivo, primarie, democrazia di partito, categoria di partito e, soprattutto, partito nuovo: queste sono le più importanti ma non le uniche. Dire che abbiamo perso il bandolo della matassa è il minimo ma, assieme a questa asserzione, ci pare fondamentale riconoscere la necessità di aprire una fase di ricerca, di una ricerca che non possa essere più contenuta nei rituali e nelle procedure di partito ma debba svolgersi, invece, in un clima di assoluta libertà tra i cittadini.
Nel corso del tempo si è affermato, per di più per iniziativa dei principali dirigenti del partito, un modo di «essere» partito e di «stare» nel partito che non corrisponde più alle forme evocate in passato dal termine «partito» e, allo stesso tempo, promesse in nome di un partito nuovo per il futuro. Sono talmente tanti gli episodi di questa mutazione che non ci si fa più caso. La costituzione di associazioni con propria autonoma e formale membership, il rifiuto di riconoscere le sedi ufficiali come primo e fondamentale luogo di analisi e valutazione dei principali passaggi politici ed elettorali, la remissione del mandato di segretario nazionale fuori dagli organi ufficiali, i coordinamenti extrastatutari sono solo alcuni episodi di questo lungo commiato. Non meno rilevanti sono poi gli episodi che hanno segnato la vita parlamentare. Valga per tutte la clamorosa dissociazione dall’indicazione del gruppo di un’intiera filiera della dirigenza, a cominciare da te, in occasione dell’emendamento sul finanziamento pubblico dei partiti. Senza la forza assicurata alla struttura di comando dal controllo delle risorse messe a disposizione dal finanziamento pubblico e senza il potere che viene ai vertici dirigenti dal conferimento di incarichi e posizioni, del partito resterebbe ben poco.
In questo contesto non sorprende, per fare un esempio, leggere di patti decisivi per la vita del partito stretti durante un pranzo, e poi di una loro messa in causa in una successiva intervista, né dell’illustrazione sui media della linea di partito da parte di dirigenti pur autorevoli che non rivestono, tuttavia, nel presente responsabilità formali. Piuttosto che attardarci, come è capitato in passato, a recriminare sul mancato rispetto di forme ormai superate e di cambiamenti promessi, tanto vale prenderne atto. Siamo perciò arrivati alla conclusione di concorrere, d’ora innanzi, alla vita del partito valutando occasione per occasione, cominciando dalla prossima riunione della Direzione Nazionale, in relazione alla possibilità di prendere decisioni fondate su un trasparente confronto sufficientemente approfondito e assunte in contradditorio su documenti riconoscibili. Non riteniamo infatti produttivo continuare con la pratica di riunioni che precipitano in frettolosi voti unanimistici chiamati a confermare decisioni già assunte.
quasi tutte le parole che negli ultimi diciotto anni hanno accompagnato, e guidato, il nostro cammino comune hanno perso il loro senso. Progetto, democrazia governante, scelta maggioritaria, alternativa, bipolarismo, vecchio ulivo, nuovo ulivo, primarie, democrazia di partito, categoria di partito e, soprattutto, partito nuovo: queste sono le più importanti ma non le uniche. Dire che abbiamo perso il bandolo della matassa è il minimo ma, assieme a questa asserzione, ci pare fondamentale riconoscere la necessità di aprire una fase di ricerca, di una ricerca che non possa essere più contenuta nei rituali e nelle procedure di partito ma debba svolgersi, invece, in un clima di assoluta libertà tra i cittadini.
Nel corso del tempo si è affermato, per di più per iniziativa dei principali dirigenti del partito, un modo di «essere» partito e di «stare» nel partito che non corrisponde più alle forme evocate in passato dal termine «partito» e, allo stesso tempo, promesse in nome di un partito nuovo per il futuro. Sono talmente tanti gli episodi di questa mutazione che non ci si fa più caso. La costituzione di associazioni con propria autonoma e formale membership, il rifiuto di riconoscere le sedi ufficiali come primo e fondamentale luogo di analisi e valutazione dei principali passaggi politici ed elettorali, la remissione del mandato di segretario nazionale fuori dagli organi ufficiali, i coordinamenti extrastatutari sono solo alcuni episodi di questo lungo commiato. Non meno rilevanti sono poi gli episodi che hanno segnato la vita parlamentare. Valga per tutte la clamorosa dissociazione dall’indicazione del gruppo di un’intiera filiera della dirigenza, a cominciare da te, in occasione dell’emendamento sul finanziamento pubblico dei partiti. Senza la forza assicurata alla struttura di comando dal controllo delle risorse messe a disposizione dal finanziamento pubblico e senza il potere che viene ai vertici dirigenti dal conferimento di incarichi e posizioni, del partito resterebbe ben poco.
In questo contesto non sorprende, per fare un esempio, leggere di patti decisivi per la vita del partito stretti durante un pranzo, e poi di una loro messa in causa in una successiva intervista, né dell’illustrazione sui media della linea di partito da parte di dirigenti pur autorevoli che non rivestono, tuttavia, nel presente responsabilità formali. Piuttosto che attardarci, come è capitato in passato, a recriminare sul mancato rispetto di forme ormai superate e di cambiamenti promessi, tanto vale prenderne atto. Siamo perciò arrivati alla conclusione di concorrere, d’ora innanzi, alla vita del partito valutando occasione per occasione, cominciando dalla prossima riunione della Direzione Nazionale, in relazione alla possibilità di prendere decisioni fondate su un trasparente confronto sufficientemente approfondito e assunte in contradditorio su documenti riconoscibili. Non riteniamo infatti produttivo continuare con la pratica di riunioni che precipitano in frettolosi voti unanimistici chiamati a confermare decisioni già assunte.
Con amicizia,
Arturo Parisi (e altri sei)
Arturo Parisi (e altri sei)
Caro Bersani,
da quando Veltroni ha fondato quel suo movimento - come si chiama?, quello dei settantacinque, dài, ci siamo intesi - non passa settimana che i giornali non lo intervistino o che non vada a Ballarò o ad Anno Zero. Una roba...
E me non mi caga più nessuno.
Ma ti pare giusto?
E allora sai che c'è?
Fondo anch'io una corrente di partito e alzo la posta: da qui in avanti, voto secondo le linee del partito se e quando mi pare.
Oh!
Saluti
Arturo Parisi
p.s.: Floris, il mio numero di cellulare è sempre il solito... chiama quando vuoi!
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