mercoledì 22 dicembre 2010

Omaggio al Vecio. Parte quarta.

Si è spento consumato dal tumore, in silenzio, come una candela che dopo aver illuminato il buio con la sua fiammella tremolante, si accorcia fino ad estinguersi. Enzo Bearzot è morto questa mattina a Milano.
Per caso mi trovavo sul sito repubblica.it quando c'è stato l'aggiornamento che mi ha provocato un colpo al cuore, quello che ha conservato intatto il ricordo di una notte estiva tra le più straordinarie che possa ricordare. Quando il calcio, quel calcio che non c'è più come oggi il "vecio", era capace di regalare emozioni intense, di sedurre come neppure una donna potrebbe e saprebbe fare.
Correva l'11 luglio 1982, il giorno dopo sarei dovuto partire per un lavoro stagionale, ma quella notte la volli vivere tutta intera. Rividi quella finale mondiale tre volte: prima con gli amici, poi nella piazza dove si stava festeggiando e trasmettendo su schermo gigante (i primi esperimenti) la ripetizione della gara e, infine a casa, quando la tv stava ritrasmettendo, ancora una volta, Italia-Germania.
Il mattino dopo, di buon'ora, saccheggiai l'edicola acquistando una copia di tutti i quotidiani disponibili. Preparai i bagagli per la partenza tra un resoconto e l'altro, già sapendo che sarebbe stata storia quella che stavo vivendo. Nella stazione di arrivo, tardo pomeriggio del 12 luglio, mi fermai davanti ad un chiosco ormai quasi vuoto, da dove raccattai un paio di testate residue, per completare la collezione.
Una ricognizione adesso dolorosa, impregnata di struggente malinconia e non nascondo che ho dovuto stringere forte gli occhi per non essere sopraffatto dall'emozione, quella che solo la morte di un uomo giusto è capace di provocare. Intervistato da Gianni Mura, tre anni fa in occasione del suo ottantesimo compleanno, che gli chiese - tra l'altro - come avrebbe voluto essere ricordato, così Enzo Bearzot rispose alla domanda conclusiva: "Come una persona perbene". Per questo lo piango.
Che la terra gli sia lieve.

Frank57

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