Abbiamo trovato un interessante post (che vi proponiamo integralmente) che torna sulla nuova, e per molti discutibile, iniziativa di raccolta foto di Repubblica. Vale la pena leggerlo, anche se potrà sembrare lungo. Verso la fine del pezzo veniamo tirati in ballo anche noi di PPR che diventiamo, per l'occasione, "e-lettori feticisti". Buona lettura.
La Repubblica delle banane
Quando mi allontano da casa soffro ancora di una fastidiosa forma giovanile di stitichezza. A tale proposito pensavo di chiedere a Repubblica una raccolta di firme per liberare il mio colon. L’occasione fecale mi è gradita per spendere due parole sulla recente scelta movimentista del quotidiano romano. Trattasi principalmente di strategia editorial-impresariale. L’obiettivo evidente è quello di recuperare i molti lettori di carta sottratti dal Fatto ed incistarsi come riferimento stabile nelle teste dell’attivissimo (a chiacchere) popolo della rete. Piaccia o no, il Fatto Quotidiano rappresenta uno straordinario successo imprenditoriale in un settore da tempo in stato di putrefazione. A quei manettari di Travaglio e Padellaro non interessa la ‘responsabilità’. Picchiano come fabbri, perchè il loro unico scopo (alleluja!) è quello di vendere copie. Non è un caso che tra i loro ammiratori dichiarati ci sia quel simpatico bastardo di Vittorio Feltri. Un altro che dell’obiettività e della responsabilità se ne frega (romanamente parlando), ma che i giornali li sa vendere eccome. Al contrario, Repubblica, da sempre, si propone come strumento coaugulante del riformismo (arancione) italiano. Pretende un ruolo attivo nella selezione delle classi dirigenti del paese e nella formazione della mitologica ‘opinione pubblica’. Le sue campagne firmaiole, apprezzatissime dalle pornodive, servono questo obiettivo. Legittimo, per carità, ma non si pretenda la patente di obiettività o, Dio ce ne scampi, di responsabilità. L’ambizione dei repubblicani arriva fino ad immaginarsi distributori automatici di imprimatur alla guida politica del centrosinistra. Con sciagurato successo nel caso di Veltroni. Con meritatissime e sonore pernacchie nel caso, allucinante, di Roberto Saviano. Che allora tanto valevano i Fichi d’India di guzzantiana memoria. Il giornale fondato da Scalfari è sempre stato uno strumento d’opinione ostinatamente romanocentrico, ostile per natura, quando invece esisterebbero ragioni ben più sostanziali, ad una leadership (relativamente) periferica come quella di Bersani. L’unico elemento d’attualità che l’avvicina a questa dirigenza Pd è l’astio comune verso i ‘rottamatori’ e quel poveretto di Beppe Grillo. Vale a dire, i principali soggetti concorrenti d’area sul mercato delle idee 2.0. Persino quel bollettino per lobotomizzati milanesi che è il Corriere della Sera è meno smaccato nell’ostracismo verso il Movimento a 5 stelle. Oggi, per esempio, sulla sua home De Bortoli pubblicava un dialogo lunare tra il blogger genovese ed Adriano Celentano (che per una volta non stupra la grammatica, ma si limita a sodomizzare l’originalità). A Via Solferino sanno perfettamente che fra i loro affezionati, nessuno potrà mai prendere sul serio questi due soggetti, al contrario, il problema di Repubblica è che a forza di blandire i propri e-lettori feticisti a colpi di lenzuolate di D’Avanzo, di 10 domande e 10 bugie, di firme per la libertà dello yogurt al malto e la dignità del cormorano, c’è il rischio che questi cominicino a considerare le manette un’opzione ben più soddisfacente delle firmette. D’altra parte è noto che tra l’originale e la sua copia, il primo finirà sempre per prevalere.
dal blog Il provocatore occidentale
(foto presa qui)
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