venerdì 30 settembre 2011

Ode al Re Fuso.

Per chi se lo fosse perso, pubblichiamo lo strepitoso pezzo sui refusi scritto da Gianni Mura per il numero di agosto di E - il Mensile, la rivista di Emergency da lui diretta.
“Vedrà la sorte e avrà i tuoi orchi/ questa forte che ci accompagna/ dal gattino alla pera, insonne,/ sarda, cime un secchio ricorso/ o un vizzo assordo. I tuoi orchi/ Saronno una rana parola/ un grifo taciuto, un silenzio./ Così mi vidi oggi lattina/quando su me Lola ti piaghi/ nello spicchio. O cava speranza/ quel giorno Sanremo anche voi/ che sei la gita e sei il culla./ Per lutti la sorte ha uno sguardo. Berrà la corte e avrà i tuoi orchi./ Sarà come mettere un vizio/ come Venere nello specchio/ riemergere un riso corto/ come ascoltare un fabbro chiuso./ Spenderemo nel sorgo miti”.

Esco: rari settori, questi vermi fumosi di paese semplificano il nodo di spigare il gioco che abbiamo deriso di chiavare “Re Fuso”ed è 1.5 (uno maggio) ai corruttori di nozze, quelli che sorreggono le cozze nella sarta stappata ed evirano molle pacche. Per rapire il sesso di un pazzo pizzo, di un lezzo-puzzo, che mare scritto da un degente, seppiate le fregole rase: locale o consolante in giù o in seno rospetto alle crasi del cesto originale, cambio di locale o consolante. Questo vile, il mesto so.

Rasta il Gubbio: un orrore volontario è un re fuso? Farse sì, corse no. Spassiamo altre. È stata estate, anzi è. Belle ramazze spese sulla scabbia, appetitosi nachos con folto odio abbronzante, onde siccome suole, andine, foto d’acqua (Honda su onda?), marosi morosi, estetica estatica, pastelli di rabbia, non è ballo quel che è bollo ma è bullo ciò che giace, come monelli i Bonzi di Riace. O la corsa o la gita. Scuramente non c’è solo il mate, come dicono con noce argentina. Ci sono i conti, le rime innovate, i fini, gli abati, i raggi. Un Cansiglio umile: avare le carpe adatte. Canto più se si va per fanghi nei baschi o per lunghi (preferite il Bolero) nei loschi. 
State montani dall’urlo dei burloni, dal ciglio del Bar Atro (un vocale con sparsa luce), non entrate in una taverna, in una frotta, non cercate le stalle alpine: è questione di costanza, non di firma. Alpeggio, non c’è mai fine. La mortagna, le sue cave di lagno, di bronchi, i frati verdi, i ruggiti delle cacche. O toma o morte, si dice in Val d’Aorta. Cfr sull’argomento (mento con tanti occhi) La fontina della vergine di Ingmar Bergman, buona per molte ricotte da privare sulle nostre favole. Privare per credere. Chi cerca, trota (nei fumi, nei tormenti, nei rovi che coprono di sesso in sesso). Nel raso di Schliemann, chi cerca Troia. Non va scornato il logo.

Odiamo l’ego del Canzoni, I promossi spesi, l’inno minato, quel remo del mago di tomo. Ah, le macerie scolastiche, la scoria maestra di vite, le gite in carriera, i tori a noce spietata, la tacchina del Lapo ha un baco nella gamma, le prime ciocche, i litri da leggere. Due per due, te per due, tre per tre. Due per bue. A sproposito, cosa ci fa il bue Api in un’ernia? Confonde le dee. Che ne pensa l’ape reggina? Accetterà un fuco cosentino, un fuco ripieno, un fuco fatto come un cuoco fatuo. Perché i ditteri amano i datteri? Non è una rottura di palme? Sarà come i mistici che amano i distici, i romantici che amano i mantici.

Perché scrivo queste rose? Sono cuori di me, fiori di te, quadri di chi, picche non so. Mi è partito il pirlota automatico. Un gel fioco, Mura loco. Tanto va la matta al cardo che ci fascia lo zampino. Il basista sifoniaco ha perso il selz-control. Viaggio al centro della botte. In vino veritas. In Gino veritas, pensando a Veronelli. O anche al modico con le idee contuse, sia letto per inciso.

Bel topo. Dove sta? Sudan. Ovvio, un calmo parco. L’ospedale l’hanno chiamato Salam. Mi sembra di buon fusto, se non è fronte del porco poco ci manga. Sto schermando, lo so che salam significa pece. Pan e salam dà il senso panico della natura (non morta). Ma perché la ninfa si chiama Siringa? Si sente in vena? Troppe comande per un uovo sodo e disparato, distratto dallo sfarzo. Busta, diamoci un taglio come direbbe il bel topo. Chi è arrivato fin qui ha contato tutti i re fusi? Non vince culla, ad ogni lodo.

Gionni Pura.

3 commenti:

nonunacosaseria ha detto...

c'è poco da fare, mura è il più grande di tutti!

gpp ha detto...

Chiaramente un pezzo così poteva scriverlo solo sotto effetto di sostanze, alla Kerouac.
Chateauneuf-du-Pape Guigal ?
Brunello di Montalcino Castello Banfi ?
Chateau Léoville Las Cases St. Julien ?
Qualunque sia, dacci dentro Gianni, se gli esiti sono questi...

Barbapapà ha detto...

Applausi a scena aperta.