Meno male che qualcuno ha notato lo sconcertante articolo del prof. Piperno. Sono trascorsi alcuni decenni, ma, purtroppo, siamo ancora dalle parti dell'estetizzazione dannunziana della violenza, della tracotante giustificazione del terrore concepito come forza "levatrice della storia". Unica variante rispetto al passato la sostituzione dello pseudo-proletariato di Autonomia operaia con gli "intellettuali arabi" che avrebbero progettato ed eseguito l'11 settembre. Peccato soltanto che la "sublime bellezza" ammirata da Piperno nella distruzione delle due Torri, "simboli dell'imperialismo americano", sia costata alcune migliaia di vittime innocenti.
"Quanto alla viltà dell’agguato , come si fa ad onorare i mercenari americani che per mestiere uccidono, utilizzando i droni per non correre alcun rischio; uccidono, per la mercede, esseri umani che non hanno alcun motivo di odiare; mentre andrebbero considerati vili quel pugno audace di intellettuali – alcuni di loro avevano perfino superato l’esame di fluidodinamica—che, utilizzando dei temperini, si impadroniscono di quattro enormi aerei di linea, facendo fronte agli equipaggi e a centinaia di passeggeri, per uccidersi ed uccidere, schiantandosi sui quei mostri di vetro e cemento simboli dell’impero americano? Qualsiasi possa essere il vincolo di fraternità culturale che lega la sorte dell’ europeo all’ americano, è del tutto evidente che l’ammirazione dell’uomo libero , non scevra da raccapriccio, va agli insorti e non ai mercenari – il coraggio temerario del corpo umano che si fa beffa della potenza tecnologica e la rivolge contro coloro che l’ hanno fabbricata. Per questi ed altri motivi, noi, l’undici di settembre, nel decennale di quell’evento dalla bellezza sublime, chineremmo, se solo le avessimo, le nostre bandiere per pietà verso gli americani morti per caso e ad onore degli intellettuali arabi -- a noi, per altro ostili, ma certo umani, troppo umani -- che hanno spappolato gli aerei catturati contro le Torri Gemelle, condensando, in quel gesto collettivo, la volontà generale delle moltitudini arabe. Manca ancora la parola del poeta che racconti questa impresa da eroi maledetti. In ogni caso, quel che è certo è che l’undici di settembre a New York, come la decapitazione di Luigi Capeto, l’assalto bolscevico al Palazzo d’Inverno, la Sorbona occupata nel ’68, la caduta del muro di Berlino, è una rappresentazione icastica che farà nido nell’immaginario collettivo, perché segna la fine di una epoca e ne annuncia una nuova. A dispetto tanto delle anime belle quanto degli ipocriti che hanno sentenziato prematuramente l’impotenza controproducente della violenza collettiva"
Non so chi sia "l'uomo della strada" dell'anonimo commento, ma, purtroppo, ho letto anche l'articolo del prof. Piperno e il titolo non è altro che la sintesi di uno dei concetti centrali che esprime. A ogni modo, io preferirei essere uomo della strada (e non mi soffermo sulle implicazioni evangeliche a proposito dei piccoli e degli ultimi), piuttosto che possedere la sapienza e scrivere articoli come quello di cui si sta qui parlando.
4 commenti:
Meno male che qualcuno ha notato lo sconcertante articolo del prof. Piperno. Sono trascorsi alcuni decenni, ma, purtroppo, siamo ancora dalle parti dell'estetizzazione dannunziana della violenza, della tracotante giustificazione del terrore concepito come forza "levatrice della storia". Unica variante rispetto al passato la sostituzione dello pseudo-proletariato di Autonomia operaia con gli "intellettuali arabi" che avrebbero progettato ed eseguito l'11 settembre. Peccato soltanto che la "sublime bellezza" ammirata da Piperno nella distruzione delle due Torri, "simboli dell'imperialismo americano", sia costata alcune migliaia di vittime innocenti.
L'uomo della strada una volta guardava le figure, ora legge solo i titoli e spara sentenze.
"Quanto alla viltà dell’agguato , come si fa ad onorare i mercenari americani che per mestiere uccidono, utilizzando i droni per non correre alcun rischio; uccidono, per la mercede, esseri umani che non hanno alcun motivo di odiare; mentre andrebbero considerati vili quel pugno audace di intellettuali – alcuni di loro avevano perfino superato l’esame di fluidodinamica—che, utilizzando dei temperini, si impadroniscono di quattro enormi aerei di linea, facendo fronte agli equipaggi e a centinaia di passeggeri, per uccidersi ed uccidere, schiantandosi sui quei mostri di vetro e cemento simboli dell’impero americano?
Qualsiasi possa essere il vincolo di fraternità culturale che lega la sorte dell’ europeo all’ americano, è del tutto evidente che l’ammirazione dell’uomo libero , non scevra da raccapriccio, va agli insorti e non ai mercenari – il coraggio temerario del corpo umano che si fa beffa della potenza tecnologica e la rivolge contro coloro che l’ hanno fabbricata.
Per questi ed altri motivi, noi, l’undici di settembre, nel decennale di quell’evento dalla bellezza sublime, chineremmo, se solo le avessimo, le nostre bandiere per pietà verso gli americani morti per caso e ad onore degli intellettuali arabi -- a noi, per altro ostili, ma certo umani, troppo umani -- che hanno spappolato gli aerei catturati contro le Torri Gemelle, condensando, in quel gesto collettivo, la volontà generale delle moltitudini arabe.
Manca ancora la parola del poeta che racconti questa impresa da eroi maledetti. In ogni caso, quel che è certo è che l’undici di settembre a New York, come la decapitazione di Luigi Capeto, l’assalto bolscevico al Palazzo d’Inverno, la Sorbona occupata nel ’68, la caduta del muro di Berlino, è una rappresentazione icastica che farà nido nell’immaginario collettivo, perché segna la fine di una epoca e ne annuncia una nuova. A dispetto tanto delle anime belle quanto degli ipocriti che hanno sentenziato prematuramente l’impotenza controproducente della violenza collettiva"
Non so chi sia "l'uomo della strada" dell'anonimo commento, ma, purtroppo, ho letto anche l'articolo del prof. Piperno e il titolo non è altro che la sintesi di uno dei concetti centrali che esprime. A ogni modo, io preferirei essere uomo della strada (e non mi soffermo sulle implicazioni evangeliche a proposito dei piccoli e degli ultimi), piuttosto che possedere la sapienza e scrivere articoli come quello di cui si sta qui parlando.
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