martedì 15 novembre 2011

Dedicato ai pipierrini che non vivono in Lombardia.

Sul dorso milanese di Repubblica, ogni martedì, c'è una nuova, intensa rubrica di Fabrizio Ravelli che si chiama Venti righe. Quella apparsa oggi è dedicata al grande Enzo Jannacci, che sta passando una fase delicata della sua vita. Ve la riportiamo per intero, tanto sono solo venti righe:
Spero che nessuno si sia perso la bella intervista che gli ha fatto Gino Castaldo su Repubblica, lo scorso 9 novembre. A me Enzo Jannacci torna in mente adesso che comincia a far freddo, di notte quasi zero gradi, e vedo quanta gente c’è in giro che dorme per strada. Barbùn: brutta parola, ma come la diceva Jannacci non era brutta. Ora si dice senzacasa, homeless, clochard. Insieme con le definizioni politicamente corrette, aumentano anche loro. Sempre di più, anche gente che fino a pochi giorni prima aveva una vita normale, una casa, una famiglia, un lavoro. Basta poco per scivolare.
Mi piacerebbe che, in nome di Jannacci, si facesse di più per questa gente, noi privati e anche il Comune. Non solo coperte in regalo (anche quelle, ovvio), o mezzanini del metrò aperti la notte. Dico qualcosa di stabile. Ampliare il dormitorio di viale Ortles, o farne uno nuovo usando uno dei tanti edifici in disuso. L’assistenza che c’è già (per lo più di religiosi) è benemerita, ma non basta. E poi magari dedicare questo nuovo ricovero proprio a Enzo Jannacci. Pare brutto legare il nome di un artista geniale ai barbùn? A me non pare. E sono convinto che al nostro grande Enzo farebbe piacere. Soprattutto adesso che soffre. L’intervista era titolata “La vita se ne va, ma ho fatto cose belle”. Potremmo farne una anche noi, e dedicargliela.

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