Seconda recensione e seconda bocciatura. E' la volta di dissapore.com:
Conta 16 pagine, è estraibile, parla di cibo, uomini e storie di
gastronomia. La carta da giornale lo penalizza ma la sostanza c’è, anche
se avvolta ossessivamente nei Sapori e Dintorni di Conad, che
sperimenta nuove forme di invasività commerciale. Un inserto
gastronomico per il grande pubblico, che può scoprire chi è Massimo
Bottura, come salvaguardare il pane toscano o perchè il Tocai da qualche
anno si chiama Friulano.
Parliamo de La guida del cibo, l’inserto enogastronomico che da oggi trovate all’interno di Repubblica. Le intenzioni sono chiare e già espresse
da Carlo Petrini, il titolo rivedibile (a me La guida del Cibo non è
che suoni così aggraziato), l’impostazione sobria e l’impatto
gradevole. Ma i fanatici dell’argomento e i grandi esperti stanno alla
finestra in attesa di qualcosa che li scuota un po’ e magari rischiano
più di sorprendersi per il refuso sui rimandi di pagina in copertina
(vanno a pagina 42 e 43, non 32 e 33) che di leggere le solite firme sui
soliti argomenti.
Prendendo a pretesto la festa della donna di oggi, si parte giocando
sulla via femminile e maschile alla cucina. Una distinzione che ha
radici storiche come ci ricorda Licia Granello e che si esprime in
piatti simbolo. IL cromosoma XX è quello della selvaggina, della pasta
aglio olio & peperoncino e ovviamente del barbacue. Le donne
prediligono minestroni, verdure ripiene e mozzarella e sono ancora oggi
coloro che maggiormente eseguono una cucina di pura sopravvivenza.
L’uomo si permette di avvicinarsi ai fornelli più per voglia e istinto
creativo.
Una dicotomia di cui avevamo bisogno? Forse si, forse no. E del
profilo di Massimo Bottura? Meglio le due pagine dedicate all’Etna, il
cui immaginario gastronomico è sempre più vivido e ricco di storia e
tradizione.
E c’è anche il cantante Mario Biondi che paga dazio alla pasta alla norma così la coolness è assicurata.
Del Friulano abbiamo detto, del Brasile invece no. Non poteva mancare
infatti uno sguardo all’estero e la scelta carioca non è affatto banale
con un bel profilo gastronomico ben illustrato e l’elenco dei
ristoranti italiani dove mangiarne le specialità.
Il tutto però puzza di vecchio mondo enogastronomico che si guarda allo specchio e si nasconde ai tempi. Tempi di applicazioni per tablet e di interattività esibita senza remore, di riviste web battagliere e dissacranti. Di stile di scrittura frizzante e provocatore. Dov’è tutto questo nell’inserto di Repubblica? Dov’è il web? Dov’è l’iPAD new?
Ringraziamo Peppe per la segnalazione
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