La conobbi nell´ottobre del 1975. Ero nel mio ufficio all´Espresso in
via Po 12 a Roma, quando il telefono squillò e una voce femminile mi
chiese: «Lei è Scalfari? Sono Miriam Mafai. Vorrei vederla, è
possibile?». Non c´era nessun imbarazzo, nessuna esitazione in quella
voce, ma sicurezza e simpatia. Ci incontrammo il giorno dopo. Mentre ci
salutavamo la guardai con curiosità per cogliere qualche eventuale
somiglianza con suo padre e sua madre, due grandi artisti nella storia
della pittura moderna. Aveva qualche cosa dell´uno e dell´altra ma
soprattutto quel volto di allegria, simpatia e intelligenza che ha
conservato per tutta la vita, ancora fino a poche settimane fa quando
già il male aveva scavato dentro di lei il solco dal quale alla fine la
vita è volata via.
Ci siamo subito dati del tu. Mi disse: «”Del giornale che vuoi fare so
già qual è il tuo progetto, il resto lo conoscerò mentre lavoreremo”.
“Ti dovrai dimettere da Paese Sera, ti dispiace?” rispose: “L´ho già
fatto ieri” “prima che ci parlassimo” “non avevo dubbi”».
Eugenio Scalfari - La Repubblica del 10 aprile 2012.
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