giovedì 12 luglio 2012

Udite, udite: Antonello Caporale al Nuovo Nemico.

Leggiamo, esterrefatti, su Dagospia:
Flash! - Cose mai viste! Una nuova era si apre: un giornalista di "Repubblica", Antonello Caporale, molla Eziolo Mauro e se va al "Fatto" di Padellaro e Travaglio...

6 commenti:

MUDD ha detto...

Antonello Caporale
HO UNA COSA DA DIRVI

Dopo ventitrè anni lascio Repubblica. Una vita intera, un'esperienza meravigliosa, e un debito di riconoscenza, una gratitudine infinita. Lascio una casa grande e spaziosa che mi ha offerto ogni cosa, e mi accingo ad entrare in una più piccina, quella del Fatto Quotidiano, in cui sono certo però di trovare uguale passione e libertà, e voglia di raccontare l'Italia, indagare il potere senza alcun condizionamento. E' stata una scelta non facile, per alcuni versi rischiosa, certamente senza reti di protezione. Ma sono persuaso che il giornalismo, più di ogni altro mestiere, ha un bisogno assoluto di passione e coinvolgimento. E non c'è vita senza passione, non c'è calcolo, non c'è ragione che possa mettere a tacere quel bisogno.

(dalla sua pagina FB)

Reginajolanda ha detto...

Un motivo in meno per leggere Repubblica.
Un motivo in più per leggere Il Fatto quotidiano.

TravaglioFun ha detto...

Repubblica ormai e' inginocchiata a Monti.
grandissimi i fondi di Travaglio sul povero Scalfari, sedicente laureato in giurisprudenza (aggravante per quello che scrive)

Michele ha detto...

Meno male che Travaglio c'èèèèèèèè. Non mi meraviglierei se un giorno qualcuno scrivesse un inno anche per lui.

Anonimo ha detto...

Non posso che congratularmi. Una firma che leggevo sempre con interesse. Repubblica, di cui conservo ancora il primo numero mi aveva disgustato da tempo. Allora era un faro, diceva i fatti, li denunciava. Ora si è ridotta a correre dietro al costume di moda,ed altre facezie simili. Bisogna che anche i Capi capiscano quando è ora di ritirarsi. Aspettiamo la conversione. Amen.

A. Marini ha detto...

Repubblica come tutti gli altri giornali (e Antonello Caporale con loro) si preoccupa di illustrare i fatti a "caldo", ma non con lo stesso zelo di rendere consapevoli i lettori della fine delle storie che raccontano. Queste storie sono spesso frutto di errori giudiziari macroscopici, di vite e professioni distrutte da magistrati ambiziosi, dai loro servi e dalle prime pagine dei giornali le quali tacciono quasi sempre il lieto fine. Si getta il mostro in prima pagina e poi chi se ne frega! Con la stessa passione bisognerebbe cercare la verità fino in fondo restituendo ai lettori anche l'altra verità, quella della fine felice di un doloroso percorso processuale. Ma queste cose, si sa, fanno meno notizia.