Questa è la storia di un putiferio che non è scoppiato. Credevo che sarebbe successo, e mi sbagliavo. È una buona notizia dopotutto.
Domenica mi ero convinto che il pezzo di Natalia Aspesi avrebbe scatenato un'orda di polemiche. Nell'articolo, che dopo un breve richiamo in prima proseguiva a pagina 23, l'Aspesi raccontava col garbo che tutti le riconosciamo l'emozione che "le libere donne laiche italiane" potrebbero provare di fronte a un film medio-orientale che racconta la vita di donne tutt'altro che laiche, tutt'altro che libere. Donne la cui vita consiste in "casa e lavoro domestico, sudditanza al barbuto uomo di casa il cui lavoro è pregare [...]"
giovedì 15 novembre 2012
Osservatorio Natalia.
Leonardo, sul suo blog, parla della recensione di Natalia Aspesi su (su Repubblica di domenica) del film La sposa promessa e racconta di aver avuto una sorpresa:
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3 commenti:
Sono d'accordo con Leonardo, o meglio: con l'ultimo paragrafo di ciò che ha scritto. Però a Venezia un po' di polemica intorno al film c'era stata, peraltro scansata con grande eleganza da regista e protagonista.
Scusate ma io da donna, nonostante tutte le difficoltà di conciliare libertà d'amore, di lavoro, di casa e figli, preferisco sentire la stanchezza della mia indipendenza, esplorare il mondo in tutte le sue facce confrontarmi con le contraddizioni, le mille emozioni che la vita mi riserva. Forse a Tel Aviv è giusto così, non giudico certo, ma io non ho nessuna nostalgia di un passato che per fortuna non ho vissuto ma di cui già mia madre ha portato un grande peso. Forse non bisognerebbe azzardare paragoni transculturali...
Anonima, ma guarda che io e Leonardo non stavamo sostenendo il contrario. Stavamo notando come invece sia stata questa l'opinione espressa dalla Aspesi e come la cosa non abbia suscitato alcuna polemica, probabilmente perché trattasi di film ebraico invece che musulmano. Il mio riferimento all'ultimo paragrafo scritto da Leonardo si riferisce al suo post nel suo blog, non a quanto riportato qui.
D'altra parte, però, quando si parla di un film che proviene da un'altra cultura dovrebbe proprio essere compito del critico cinematografico fare (anche) paragoni transculturali e dare spiegazioni a riguardo per aiutare il lettore a capire cosa sta per vedere. Non che la Aspesi in questo caso l'abbia fatto bene...
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