giovedì 28 novembre 2013

La caduta. È definitiva.



Si tratta della più classica delle prime pagine da collezionare, quella odierna di Repubblica: 28 novembre 2013, 1° giorno dopo B. E pure da incorniciare a futura memoria.
 
Neppure così facile da confezionare, perché per restare storica deve anche essere essenziale ed esaustiva allo stesso tempo, incisiva, penetrante, completa al primo colpo d'occhio. E piena di grandi firme, in questo caso, però, con tanti rimpianti.

Nel titolo, occhiello e sommario, c'è già tutto ciò che serve per capire e sapere. Frasi brevi, secche, quasi da slogan. L'editoriale che il direttore Ezio Mauro aveva sempre sognato di firmare e pubblicare, forse già scritto e conservato in un cassetto segreto, chiuso a doppia mandata per scaramanzia. E ieri, 
finalmente, pronto per il “visto, si stampi”.

Eccellente la scelta grafica della vignetta di Altan (strepitoso) e della foto che restituisce l'immagine un leader, certo (non decade dalle sue proprietà), ma bolso, con un carisma ormai tramontato.
Richiamati in prima i pezzi di Sebastiano Messina che passa dal bonsai all'extralarge, di Filippo Ceccarelli (con titoli molto indovinati e d'altra parte anche i titolisti sono stati chiamati ad attingere al meglio dal loro repertorio) e di Francesco Bei firma politica di turno.

Mentre iniziano in prima, ovviamente, l'editoriale del direttore, il racconto di Francesco Merlo e il “caso” di Curzio Maltese. Le pagine dalla 2 alla 15 hanno due inserti pubblicitari, taglio basso a pagina 2 e 3 (il gorgonzola per leccarsi i baffi, magari). Intera pagina 5 e 12 (ancora gorgonzola, ma di marca diversa e per prolungare il gusto). Taglio basso a pagina 5. Un quarto di pagina 7 e  9. Metà pagina 10 e 14.
Numerose le foto sia di ieri che del ventennio (quasi) trascorso.

Il racconto di Francesco Merlo è stupendo, ricchissimo di annotazioni sulle differenze tra ieri e oggi guardate “attentamente con il vecchio binocolo del cronista”. Svelando i trucchi, ormai abusati e conosciuti, dunque falsi. Tutto caricaturale e pure molto greve con quei fotomontaggi ripugnanti. Le macchiette accuratamente annotate (cagnolino Dudù compreso e la muta da sub intravista sotto il maglione di B. per ripararsi dal freddo) che trovano la migliore conclusione nel penultimo paragrafo: “Ecco, è questa la vera decadenza, oggi l'Italia di Berlusconi è l'Italia degli avanzi, residuale, una specie di lumpenborghesia marginale come i falchetti-pappagalli che neppure si mobilitano per lui, sono solo un fenomeno di casting, non simboli della rigenerazione ma della degenerazione”. Magistrale penna quella di Francesco Merlo.

Silvo Buzzanca se la sbriga bene con il discorso del vecchio leader. Notevole richiamo per uno dei tweet più condivisi partorito dal genio di spinoza.it.
Il retroscena, affidato a Carmelo Lopapa, è inquietante con il richiamo alla villa di Antigua e ad un passaporto che chissà se l'amico Putin gli avrà davvero concesso. Foto del manifesto lacerato assai significativa. Immancabile un altro spunto che il web ha fornito.

Pagine 6 e 7 destinate ad un altro racconto, quello di Sebastiano Messina dall'interno, dall'aula del Senato, con le foto che documentano una seduta elettrica e tempestosa. La vignetta di ellekappa è allineata al resto: di alto profilo. 

A pagina 8 sono state condensate le reazioni del Pd da Giovanna Casadio, quelle di Sandro Bondi (che ieri non si dava pace) raccolte in un'intervista da Alberto D'Argenio e l'obiettivo puntato, a pagina 9, su Alfano da Francesco Bei. Il “breviario” di Gianluca Luzi è quanto mai significativo: l'autore, della frase per i posteri, soldato dell'esercito di Silvio e il bersaglio 
sempre Alfano, che sarà ormai ricorrente.

A pagina 10 le ripercussioni sul governo Letta riferite da Goffredo De Marchis, la reazione del Quirinale raccolta da Umberto Rosso ed Elena Dusi che ha intervistato l'altra Elena, Cattaneo, senatrice a vita insultata e dileggiata dai forzaitalioti assieme ai colleghi Carlo Rubbia e Renzo Piano.
Ettore Livini, a pagina 13, si occupa dei figli dell'ex senatore, i quali per bocca di Marina Berlusconi rimarcano quella sorta di “maledizione” lanciata dal padre.

Antonio Dipollina e il racconto di ieri dei telegiornali, quelli Mediaset, privi ormai di quella “potenza di fuoco” dei tempi d'oro. E, dunque, neppure così divertenti come sarebbero potuti essere. Nostalgia, per dire, Emilio Fede.

Si dispiega su due pagine (14 e 15) l'accattivante racconto (per i consueti toni dell'autore) di Filippo Ceccarelli che ha attinto dal suo sterminato archivio a piene mani. È il classico pezzo che si confeziona ricostruendo con sapienza il passato. Da non perdere il consiglio bibliografico. L'attacco entusiasmante: “E all'inizio fu come un rombo di tuono, il fragore inaspettato di un aereo lassù nel cielo, a tutto motore, 130 decibel da fracassare i timpani ai poveri abitanti di Rovagnasco, Redecesio e Segrate”. Nelle foto che corredano il lungo articolo sono raccontate le tappe di “ascesa e caduta dell'ex unto del Signore”. E poi, in grande, quella foto del giovane e rampante imprenditore con la pistola sulla scrivania.

Lo sfoglio s'inoltra fino a pagina 39 dove sono collocati la continuazione dell'editoriale, il “caso” di Curzio Maltese e un'altrettanto eccellente vignetta di Massimo Bucchi. I tre disegnatori davvero al top nella circostanza.

Quello di Ezio Mauro è la “summa” di quanto detto nelle varie intro delle Reunio. La conclusione racchiude un accenno di ottimismo: “Il governo è più forte, ma il quadro politico è terremotato. La tenuta delle istituzioni in questa prova di forza deve essere trasformata in un nuovo inizio per la politica: per riformare il sistema, dopo aver sconfitto il tentativo di deformarlo”. 

E, in conclusione, i rimpianti accennati all'inizio. Un pensiero comune per non poter leggere ciò che avrebbero scritto: Edmondo Berselli, Giorgio Bocca e, senza nulla togliere loro, le considerazione di quel galantuomo e grande giornalista che era Giuseppe D'Avanzo.


Frank

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