lunedì 28 dicembre 2015

La replica della replica.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo (in risposta a quest'altra cosa):

Gentile Pazzo,

sento il dovere di replicare brevemente alle attente considerazioni che MUDD ha voluto dedicare, in risposta alla mia lettera.
Non seguirò un ordine cronologico né scolastico, ma cercherò di dare uno spazio più ampio e perciò comprensibile, al mio pensiero.
Io ritengo che la direzione di Ezio Mauro a Repubblica sia stata molto importante e abbia segnato anche un’epoca storica e sociale non meno importante e problematica.
Repubblica con la direzione di Mauro ha quindi riaffermato e consolidato la specificità, la Genesi quasi direi, di grande giornale rappresentativo dell’arco multiforme della sinistra italiana.
Pregio, si dirà, e nel contempo limite culturale, io aggiungo. Il ventennio berlusconiano poi con le sue ombre, ha contribuito a fare di Repubblica il giornale Partito contro la deriva populista e demagogica.
E le firme e le idee di tanti collaboratori ed editorialisti (mi piace ricordare come simbolo di questi anni Peppino D’Avanzo) hanno confermato per una lunghissima stagione un popolo di sinistra che vedeva
in Repubblica l’organo ufficiale dell’opposizione al “regime”.
Ma tutto questo, dicevo prima, a mio personale avviso, ha rappresentato un limite culturale. Repubblica per anni, troppi anni, si è rinchiusa in una riserva politica antiberlusconiana che ha portato innegabili vantaggi sul piano delle vendite e identità,
ma non ha consentito un’apertura delle pagine delle Idee a commentatori liberal ( non oso citare i Panebianco e i Galli della Loggia per timore di un linciaggio….).
La Repubblica è un grande giornale e i grandi giornali sono, nella migliore tradizione anglosassone, plurali nelle idee.
Le pagine dei commenti di Repubblica da anni sono sempre intonate in un canto che poche volte cambia spartito ed interpreti. Io lettore di Repubblica non ho bisogno di essere confermato o rassicurato nelle mie convinzioni.
Io desidero coltivare dubbi. E a tale proposito ricordo che Mario Calabresi negli anni della sua direzione alla sabauda Stampa, ha chiamato a collaborare interpreti del liberalismo quali Ricolfi, Orsina, Gualmini.
Mi spiace deludere il mio gentile e attento interlocutore, ma della grafica rinaldiana io continuo a pensare ogni male. E visto che i modelli da me evocati di Le Monde e dell’italico Foglio, non hanno avuto un grande successo,
richiamerò a mo’ di modello definitivo di ciò che io penso della grafica di un giornale, lo spagnolo El Pais.
Si prenda un numero a caso di quel giornale e lo si sfogli e quello per me è la sintesi grafica di ciò che mi piace e che vorrei ritrovare in Repubblica.
Poi non voglio spingere la mia vis polemica a toni che possono sembrare denigratori,ma sono del parere che la riforma grafica rinaldiana abbia reso il giornale meno attraente.Forse più colorato….. tipo il popolarissimo Bild Zeitung ( capisco è una cattiveria……).
Qualcuno mi spieghi ad es. la bellezza dei due cm di fasce quotidiane azzurre che inglobano fra l’altro inutili rimandi alla Rete.E soprattutto mi dica cosa serve? E l’uso allegro e stavo per dire frivolo, delle fasce azzurre rosse e di ogni altro colore nelle pagine interne?
Io ho citato come modello di pulizia grafica El Pais, ma in Italia Il Corsera ha una leggerezza di caratteri che io ammiro molto.
Io credo che oggi dinanzi ad una crisi di diffusione che temo sia irreversibile, i giornali abbiano il dovere di tentare nuove strade e nuove sfide. E perché no, anche rischiare. Pazienza se si snaturerà come qualcuno teme, l’idea stessa del  quotidiano-settimanale che quarant’anni fa
ispirò Eugenio Scalfari. Penso ad esempio che nel 1976 fu davvero straordinaria l’intuizione di portare li commenti in una pagina interna completamente dedicata. Oggi forse è il caso di ripensare a quell’idea e magari sperimentare, provare di collocare i Commenti e le Idee a pagina 2 e 3,
per rendere più stimolante poi lo sfoglio delle notizie.
So benissimo che quando ho ricordato nel mio intervento Il Foglio, mi sarei esposto a critiche e dubbi. Ne ero consapevole. L’uno è un giornale elitario, libertario, ironico e sorprendente. Il Nostro invece una grande Corazzata un po’ invecchiata nei suoi quarant'anni , un grande giornalone antologico che deve ogni giorno sgomitare per non sentirsi
addosso il fiato del nemico storico Corriere della Sera. Penso, naturalmente, che la sfida del futuro si giocherà sui contenuti. Mi verrebbe quasi da dire: riprendete a fare del buon giornalismo, sporcatevi le mani e le scarpe. Lasciate a casa il computer e usate gli occhi. Camminate, ascoltate, visitate. Raccontate.
Solo se sapremo vincere la sfida di tornare a fare del buon giornalismo, avremo la speranza di vedere davvero dei bei giornali. E forse bellissimi anche ai miei occhi!!  

Con cordialità Walter Alvaro Bartolini

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