Send her victorious, happy and glorious. L’inno britannico risuona potente mentre Elisabetta II irrompe dalla finestra al tavolo dell’Unione Europea con una marzialità che si sposa bene con l’ambiente, un castello più adatto ai Winsdor che ai tecnocrati junckerformi, ma che cozza con la doppia pacca che il principe Filippo in divisa da tranviere le assesta sulle chiappe per spingerla dentro.
Detto del calembour esclamativo, una novità, l’osservazione meticolosa segnala alcuni dettagli fondamentali. Intanto la Regina, che ben lungi da essere “sua altezza” è una nanerottola, ha i tratti somatici di Berlusconi, pronto a rientrare dalla finestra dopo essere stato cacciato dalla porta dell’agone politico. Insomma, l’incontinente non è più isolato, titolerebbe il Times.
Inoltre la sovrana poggia il piede destro nel vuoto, quindi Giannelli immortala l’istante che precede la rovinosa caduta. Ma il dolore non sarà unilaterale: la bandiera europea è conficcata nella spalla sinistra di Juncker, a simboleggiare il patimento che spetterà all’Unione. L’arrivo di sua Maestà è inatteso, come dimostrano i chewing-gum frettolosamente appiccicati sotto il tavolo da Renzi e Hollande. Il messaggio è chiarissimo: la ricreazione è finita. [SheCameInThroughTheWinsdo
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