mercoledì 19 luglio 2017

Speciale Paolo Borsellino: il racconto di Fiammetta (di Alessandra Longo).

Da Repubblica di Venerdì 24 luglio 1992 - pagina 4

dal nostro inviato ALESSANDRA LONGO


LA LOTTA ALLA MAFIA. IL RACCONTO DI FIAMMETTA ' MA PAPA' E' SEMPRE CON NOI'

Visita ai Borsellino. Oggi i funerali privati, ma aperti a tutti i ' siciliani onesti'


PALERMO - Fuori la luce ferisce gli occhi, dentro le persiane abbassate regalano una penombra dorata, che attenua i contorni delle cose, che rende quasi sfocati i lineamenti induriti delle persone sedute in salotto, attorno alla vedova, le voci basse. In casa Borsellino, entriamo in punta di piedi, con la sensazione imbarazzante di violare un dolore che è sì di tutti i cittadini perbene d' Italia, ma è sempre e soprattutto della famiglia. Siamo ammessi per qualche minuto, tollerati con cortesia, intrusi nella sofferenza. Agnese Borsellino e i tre figli, Lucia, Manfredi e Fiammetta, danno la sensazione di essere sfiniti esasperati dai riflettori che non si spengono, da quelle telecamere puntate sulla parrocchia, dall' imponente spiegamento di forze che è stato messo a loro protezione, laggiù sulla strada. E' il pomeriggio della vigilia, prima dell' ultimo atto, prima dei funerali di oggi con il presidente della Repubblica, con il ministro della Giustizia Martelli, con il capo della polizia Vincenzo Parisi, "tutte persone gradite" a dimostrazione che non c' è animosità nei confronti di certo Stato. I tre figli inghiottono le lacrime, non vogliono esibire debolezza. Aprono la porta, controllano chi entra e chi esce, proteggono la madre, pallida e minuta. Fiammetta è arrivata a Palermo all' alba dall' Indonesia. Alle 7 del mattino era già a sfiorare la bara in chiesa, vestita con una camicetta bianca, i pantaloni blu, l' abbronzatura di quel viaggio maledetto, che le ha tolto gli ultimi giorni del padre, ormai spenta, sotterrata dalla tensione crudele. IN QUESTO appartamento pieno di quadri, tappeti, soprammobili che a rotazione, cambiano posto per una vecchia abitudine della padrona di casa, il dolore si legge nei volti contratti, nei silenzi improvvisi. La vedova Borsellino ha accettato di riceverci, ma Lucia, Manfredi e Fiammetta hanno paura che si sprechino altre parole. Dice Manfredi, diventato capofamiglia: "Le parole ci hanno stancato. Ne sono state scritte tante, troppe. La verità è stata distorta, la buona fede c' è stata carpita". Nella piccola stanza dove suona ininterrotto il telefono, si consuma un civile processo all' informazione. Lucia, Manfredi e Fiammetta ricordano molto bene i malumori del padre per le notizie filtrate. "Da ultimo - spiega Manfredi - quelle sulla pista tedesca, sul pentito pronto a parlare". Accuse precise che il giovane Borsellino, studente di giurisprudenza, forse un giorno magistrato, ha ripetuto anche all' Osservatore Romano: "La morte di mio padre è stata forse quella più annunciata di tutte. Lui era nel mirino, molto esposto. Troppe interviste, troppe chiacchiere sulla sua ipotetica elezione alla Superprocura. Troppa pubblicità per lui che, piuttosto schivo, avrebbe voluto far parlare soltanto i fatti". Annuisce Fiammetta, l' espressione dura di chi ha imparato a non fidarsi. I buoni, i cattivi, gli amici, gli sciacalli: "Come si fa a parlare di giornali, di interviste, di verità, in questo momento...?". La voce forte, ferma, l' emozione controllata anche quando, poi, alla fine della giornata, Fiammetta accetterà di dire qualcosa a Canale 5, gruppo Fininvest, dove lavora un amico di famiglia. Il ricordo dell' ultima telefonata, "Domenica mattina alle 5, un colloquio breve, poche parole", l' uso voluto del presente: "Papà non ama il telefono". Prova dell' intatta voglia di lottare di questa famiglia: "Papà è sempre qui - dice Fiammetta - non riesco a sentirne la mancanza perché è troppo presente, troppo vicino ancora a me". Nella casa di via Cilea, che è diventata improvvisamente buia quanto è buia "la notte estrema di Palermo", come la chiama Vincenzo Consolo, c' è una pace innaturale, dolorosa. I grandi parlano dei preparativi per il funerale, i ragazzi stanno da un' altra parte in compagnia del cugino sacerdote di Rosaria Schifani, giovane vedova di mafia. "Si rende conto - dice don Cesare Rattoballi - del clima in cui vivono questi ragazzi, della pace di cui avrebbero bisogno ora, dopo quello che è successo?". Anche Paolo Borsellino, consapevole della sentenza già pronunciata, si era forse reso conto dell' eccessiva pressione psicologica, soprattutto dopo la morte di Falcone, cui erano sottoposti i suoi ragazzi. Fiammetta conferma al telefono: "Negli ultimi tempi a casa c' era paura. Credo che papà mi abbia mandato in Indonesia per togliermi dall' atmosfera che si era creata". Oggi, il giorno più lungo, il giorno più delicato. Nella piccola chiesa di cemento sotto casa, si consumeranno i funerali di Paolo Borsellino. Privati, riservati, ha spiegato Manfredi, "una scelta nostra che rispetta il suo desiderio, la sua schiettezza, la sua religiosità". I palermitani che hanno riempito di fiori e biglietti l' appartamento di via Cilea e quell' ingresso guardato a vista, questa volta non staranno fuori dalla porta. Quattro altoparlanti per chi rimane in strada, due collegamenti tv, Tg1 e Tg4, (si autoescludono dalla diretta il Tg3, che lamenta un supporto tecnico "inadeguato alla delicatezza dell' avvenimento", il Tg2 che preferisce, sostiene il direttore Alberto La Volpe, rispettare la volontà di riservatezza dei familiari). I Borsellino i siciliani li vogliono. Possono venire tutte le persone "che vogliono manifestare il loro tributo di affetto e di stima". Ma niente chiasso, niente urla: i funerali di Falcone turbarono molto Borsellino. Oggi questo morto va rispettato. E da questo morto, lutto di tutti, si deve partire "per non gettare la spugna", come dice Manfredi Borsellino. "Palermo - ammonisce il figlio del giudice ucciso dalla mafia, nella sua intervista all' Osservatore Romano - ha reagito, ma non abbastanza".

Ringraziamo Frank per la preziosa collaborazione.

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