lunedì 6 novembre 2017

Tutto ciò che c'è da sapere (o quasi) sulle famose lettere di Italo Calvino a Eugenio Scalfari.

Riportiamo integralmente l'articolo, a firma di Dario Borso, apparso su Il Fatto Quotidiano di ieri relativo alle lettere di Italo Calvino a Eugenio Scalfari.

Scalfari-Calvino, l’anello mancante di Dario Borso

Il duello - Delle lettere tra i due sono note solo quelle (furibonde contro la scelta “littoria” dell’amico) firmate dallo scrittore. Il giornalista ora potrebbe pubblicare le proprie, sciogliendo il “segreto” delle risposte

Tutte le lettere di Calvino a Scalfari furono pubblicate in Lettere 1940-1985 da Mondadori nel 2000. 

Ammontano a 36, raggruppabili in tre blocchi: il primo di 14 lettere risalenti all’autunno-primavera 1941-42 (primo anno di università per entrambi, Eugenio a Roma e Italo a Torino); il secondo di 15 risalenti all’autunno-primavera 1942-43; il terzo di sette inviate tra l’estate 1943 e l’inizio del 1947.
Prima del 2000, sette lettere erano state pubblicate su La Repubblica dell’11 marzo 1989 dal destinatario stesso, che su L’Espresso del 15 settembre 2015 ha chiarito: “Volli pubblicarne un paio e dovetti chiedere il permesso alla moglie, un’argentina che aveva un suo carattere. Prima disse no. Poi acconsentì, a patto di sceglierne lei due. Le più sciocche. Le ritelefonai dicendo che ero interessato a una terza. ‘No, quella no. Voglio fare io una pubblicazione’. ‘Sì, ma delle mie dovrò darti io il consenso: dobbiamo venire a un accordo’. Disse sì”. Scalfari la spuntò e scelse calibrando il numero sulle esigenze tipografiche del quotidiano. L’altra ovvia restrizione era che le lettere uscissero integralmente, poiché ogni omissis avrebbe tolto verità al tutto. Ne selezionò quattro del primo blocco, una del secondo e due del terzo. Già da una scorsa, il criterio seguito risulta chiaro. 

Attenendomi alle 14 lettere del primo blocco:

– delle tre sciocche (sugli ex-compagni sanremesi di liceo, datate 21 novembre 1941, 4 febbraio e 11 maggio 1942) non ne seleziona nessuna.

– delle sei letterarie (sulla vocazione del futuro scrittore, datate 1 e 27 marzo, 21 e 29 aprile, 21 maggio e 11 giugno 1942) ne seleziona quattro (datando erroneamente l’ultima “11 giugno 1941” – quando erano al liceo – e piazzandola perciò per prima).

– delle cinque politiche (sulle peripezie romane del destinatario, datate 16 dicembre 1941, 12 febbraio, 7 marzo, 10 e 21 giugno 1942) non ne seleziona nessuna.

Ora, mentre le sciocche non contengono nulla di politico, quattro letterarie (due scartate e due selezionate) sì. Qui sotto riporto in ordine cronologico stralci delle lettere politiche e i brani politici delle letterarie (in corsivo quelli tratti dalle due selezionate):

– 16 dicembre: “In una cameretta immersa nella più suggestiva penombra, dorme un giovinetto. Alle pareti pendono le sacre immagini di eminenti personaggi occupanti alte cariche al Ministero Cultura Popolare, immagini che il giovinetto, con religioso zelo, va ogni giorno adornando con ghirlande di fiori di campo. Sparsi ovunque, su scaffali e leggii, importanti volumi rilegati su cui spiccano i titoli: Voglio più bene al tripartit [Asse Roma-Berlino-Tokio] che a mia zia!, Alfredo Oriani, quello sì che era un maschione, Fondamenti etici del razionamento dei legumi, Menenio Agrippa, precursore della lotta contro la dem… ecc. Italocalvino, diafano e silente come un spettro, si apposta dietro il capezzale e […]: ‘Come sei potuto scendere tanto in basso? Non capisci tu, innocente creatura, che questi volumi che tu ingenuamente mostri d’apprezzare sono frutto non di fede né di coscienza ma di avidità di cariche e di pecunia?’”.

– 12 febbraio: “Stai diventando un fanatico, ragazzo mio, stai attento. Ti stai esaltando di queste idee, tanto da montarti la testa. Curati. Distraiti”.

– 1 marzo: Dunque tu, Eugenioscalfari, scrivi su riviste letterarie giovanili? Scrivi articoletti sull’arte novissima, eh? Sei capitato in un vivaio giovanile? Ma che bravo!

– 7 marzo, sovratitolata “epistola polemica”: “È triste pensare che uno che si è forgiato alla mia scuola cada tanto in basso. Mah, la vita! A ogni modo se sei entrato nell’ambiente fatti sotto. Riescono tante testedicazzo… […] Quando la finirai di pronunciare al mio cospetto frasi come queste: ‘tutti i mezzi son buoni pur di riuscire’ ‘seguire la corrente’ ‘adeguarsi ai tempi’? Sono queste le idee di un giovane che dovrebbe affacciarsi alla vita con purezza d’intenti e serenità d’ideali? […] Ogni idea che ti viene, tu ne diventi un feticista”.

– 21 aprile, all’annuncio che Eugenio avrebbe pubblicato su Gioventù Italica e su Roma Fascista: “Quello che rimane per me un gran mistero è come facciano a vivere le varie Gioventù & Progenie, Roma & Ischirogeno, che pullulano dalle tue parti. E, quel che più conta, dove piglino i soldi da dare a degli sciagurati come te”.

– 29 aprile: il più noto scrittore contemporaneo, quello che scrive nientedimeno che su Conquiste d’Impero. […] Ci scrive anche Giuseppe [Bottai], ma sì, proprio Giuseppe, sono colleghi, “il mio Peppino” lo chiama Scalfari.

– 21 maggio, all’annuncio della nomina a redattore politico di Roma Fascista: «Per quanto io aspiri a un “modo di salire” e tu a un “salire ad ogni modo”, l’esempio dell’amico mi sarà certo di sprone».

– 10 giugno, davanti al primo articolo su Roma Fascista: “Nella merda fino a quel punto non ti credevo. Il giornale fa pietà […]. Ti conoscevamo come uno disposto a tutto pur di riuscire, ma cominci a fare un po’ schifo. Speriamo che un po’ di soggiorno sanremese risvegli in te un po’ di ideale, di dignità”.

– 21 giugno, firmata “L’ex-amico”, davanti al secondo articolo su Roma Fascista: “Me ne frego che tu ti offenda e mi risponda con lettere aspramente risentite (oltre che scemo sei pure diventato permaloso) quello che ho da dirti (e te lo dico per il tuo bene) si compendia in una sola parola: PAGLIACCIO!”.

Tornando alla dichiarazione scalfariana sull’Espresso, la dinamica della contrattazione fu questa: intendendo pubblicare alcune lettere di Calvino, Scalfari chiede il consenso alla vedova; costei accetta a condizione di sceglierle lei; Scalfari risponde che allora userà lo stesso metro, ossia le consentirà di pubblicare delle sue lettere a Calvino solo quelle che sceglierà lui; la vedova allora gli consente di pubblicare le lettere di Calvino che sceglierà lui, in cambio del consenso di Scalfari a che lei pubblichi a sua scelta lettere di lui. 

Così nel 1989 Scalfari pubblicò sette lettere di Calvino, e nel 2000 la vedova pubblicò tutte le lettere di… Calvino – e ciò per il semplice fatto che il contrattato consenso reciproco prevedeva a maggior ragione che ciascuno dei due contraenti potesse pubblicare le proprie. 

In un’intervista rilasciata a Pietrangelo Buttafuoco su Il Foglio del 28 maggio 2008, Scalfari esordiva: “Ho l’abitudine di non aggiustarli, i ricordi. Almeno i miei ricordi io non li accomodo”. Se dunque Scalfari non ha ancora pubblicato tutte le sue lettere a Calvino, può essere solo perché non reputa sufficientemente interessanti per il pubblico italiano né le proprie lettere né la propria persona. Ma su questo punto è doveroso smentirlo: come Calvino, egli ha svolto un ruolo di primaria importanza nella storia italiana del XX secolo. 

E pertanto pubblicamente gli chiedo di pubblicarle, confermando così la sua abitudine e confermandoci nella sua buonafede.

1 commento:

M. Pietropoli ha detto...

Riguardo l'opportunismo di Scalfari, Borso ha pubblicato un bell'articolo anche su Micromega: http://temi.repubblica.it/micromega-online/eugenio-scalfari-e-il-vivaio-giovanile-fascista/ Fra i commenti, cito questo di Tosca Tommasi che è parecchio pepato:

"Il ritratto di Scalfari tratteggiato da Calvino è non solo calzante, ma profetico. C'è già lo Scalfari che negli anni '70 rivendicava un giornalismo "libertino", cioè opportunista. Scalfari, a pelle, non mi è mai piaciuto. Grazie a Calvino adesso capisco meglio perché. Per curiosità, col senno di poi mi sono andata a rileggere cosa scrisse Scalfari di Calvino 30 anni dopo la sua morte. Bè, altro che permaloso! Una serpe. SCALFARI: Io ero fascista ma Calvino non era antifascista, tant’è che scrisse sul giornale del Guf perché io lo spinsi a farlo. (...) Arrivai al Liceo Cassini di Sanremo nel 1938, avevo 14 anni, lui 15. Fummo assegnati nel banco insieme. (...) Per non parlare della prima visita che facemmo, in minore età, sponsorizzati da alcuni ripetenti, al bordello. L'ESPRESSO: Andaste insieme? SCALFARI: Meglio tralasciare. (intanto però l'ha detto) Quando eravamo lontani, io a Roma e lui a Torino, ci scrivevamo quasi ogni settimana. Queste lettere sono una quarantina. Dopo la morte, volli pubblicarne un paio. (MA NON QUESTE) Constatai che avevamo le stesse idee politiche. Eravamo liberaldemocratici, azionisti. Lui la pensava come me. (SI', CIAO. E DULCIS IN FUNDO:) Alcuni gli imputano di essersi dedicato a una letteratura che nulla ha a che fare con la vita. (CIOE' RICICLA CONTRO CALVINO L'ACCUSA CHE CALVINO GLI MOSSE IN GIOVENTU'!) "