giovedì 7 febbraio 2019

Pazzo per Repubblica: il "watchdog" dei "watchdog".

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Caro Pazzo,

come stai? Mi dispiace sapere che hai perso un po' la voglia di seguire il blog e aggiornarlo, e' comprensibile dato questo periodo di crisi senza fine della carta stampata, politica ed economia. Spero che tu non voglia fermarti proprio adesso, con il cambio di direttore spero si aprano nuove e interessanti sfide per il nostro giornale preferito.

Personalmente sono affezionato a PPR, mi sento anche io feticista di Repubblica, che leggo praticamente da quando sono nato. Ti seguo dal 2009, quando mia madre mi passo' l'indirizzo del blog ,di cui abbiamo spesso discusso insieme in piena sintonia con il motto "critichiamo cio' che amiamo" . Hai fatto (e spero che continui) da 'watchdog' dei 'watchdog', segnalando cadute di stile, strafalcione eccetera con contenuti sempre puntuali, interessanti e spesso divertenti. Cio' mi ha reso un appassionato lettore durante questi anni.

Purtroppo siamo testimoni del declino del giornalismo cartaceo e della professione in generale. Non ci sono piu' grandi inchieste e anche il watchdog journalism non si vede su Repubblica, tranne pochi casi. Da quando se ne e' andato Ezio Mauro il resto e' diventato una galleria dell'orrore, editoriali superficiali, inserti satirici che non fanno ridere, poche notizie interessanti e scarsi contenuti (inchieste) veramente originali. Mi interessa l'economia ma raramente trovo dei contenuti di livello su Repubblica e preferisco leggere il Sole 24 ore o il FInancial Times. E' un peccato che il giornale abbia lasciato andare professionisti competenti come Giugliano o Fubini. Apprezzo R. Amato e V. Conte, che fanno pezzi sempre ricchi di dati e guardando le fonti primarie, mentre non mi piace tanto Tito, i cui editoriali (spesso futuribili scenari) trovo piu' inconsistenti.

Non sono d'accordo con il tweet di Calabresi, quale identita' avrebbe ridato al giornale? Spero che la nuova direzione con l'azienda inizi a ragionare in termini di prodotto e posizionamento, che, mi pare di capire dalla discussione sviluppatasi sul tuo blog, abbia lasciato spiazzati molti vecchi lettori. In piu' e' la regola aurea del business, dalla grande azienda al chiosco, concentrarsi sulla qualita' del prodotto.

Bisogna interrogarsi sul perche' gli altri giornali vanno meglio, a prescidere da quelli stranieri, che hanno una qualita' impressionante.
Ti allego (for your eyes only), un estratto del bilancio del gruppo GEDI. Non e' sorprendente la caduta dei ricavi delle vendite e dell'utile netto, anche il numero dei dipendenti. Il bilancio riflette pochi investimenti (0 leva) e molta cassa. E' vero che c'e' grossa crisi ma non si possono fare le nozze con i fichi secchi.

Un abbraccio da un tuo fedelissimo lettore

1 commento:

Calaber ha detto...

Caro Pazzo,
in cauda venenum, come si diceva una volta. L’osservazione conclusiva del “ tuo fedelissimo lettore” (e che peccato abbia deciso di allegare il pezzo forte “for your eyes only”) è una vera chicca che impreziosisce un contributo indubbiamente attento e ponderato. Non entrando nel merito delle valutazioni che vi sono contenute, mi limiterei a segnalare (a proposito del latte versato su cui nel post si piange) che Giugliano ha continuato a essere un frequente collaboratore di Repubblica, mentre riguardo alle qualità giornalistiche di Fubini forse si può anche discutere (aggiungo: Manacorda, new entry dell’era Calabresi, per continuare con l’inglesorum, è un giornalista economico di minor valore? E Sergio Rizzo, “strappato” al Corriere, è da buttare? E il fine editorialista Ainis? Insomma, per rimanere sul terreno prediletto dal “tuo fedelissimo lettore”, mi sembra che quando si compila un bilancio occorra iscrivervi tutte le “poste”, non soltanto quelle che confermano la propria tesi).