Gentile direttore Verdelli,
mi chiamo Alvaro Walter Bartolini, ho 67 anni e sono un ex preside di scuola secondaria.
Ogni giorno, da sempre, acquisto in edicola Repubblica, Corsera, La Stampa e un quotidiano locale della mia città.
Repubblica però è il mio primo giornale, l'ho visto nascere e ha dato voce negli anni, alle istanze più profonde dei miei ideali. Perciò ho l'ardire di scriverle per raccontarle ciò che penso di Repubblica e quella che vorrei vedere. Insomma la "mia" Repubblica ideale.
Le dico subito direttore che "l'abito", il disegno attuale di Repubblica non mi piace. La revisione grafica di Francesco Franchi mi lascia molto tiepido. E' un giornale elegante e bello? Forse. Ma è funzionale al vostro lavoro quotidiano? Lo sviluppo verticale non mi piace. Così come la "gabbia" geometrica che costringe la pagina in cinque colonne.
Tra l'altro, direttore, le chiedo se così facendo non vi sia una perdita quotidiana di spazio rispetto a Corsera e Stampa che ne hanno sei.
Sempre nell'ambito della discussa riforma grafica, ritengo un puro e sterile esercizio di stile l'emarginazione a sinistra della testata. Per seguire quali correnti o mode? La Repubblica è nata al centro della pagina e la si riporti trionfalmente e gloriosamente al centro. Se poi torneranno i quadrati pubblicitari accanto, beh ce ne faremo una ragione.
Ciò significa che in Italia è difficile seguire l'esempio di Le Monde e di El Pais che hanno testate "nude".
Sempre sleggiucchiando sia l'uno che l'altro dei giornali citati, mi viene spontaneo chiederle se non sia il caso anche in Italia di uscire dalla tradizionale scansione che prevede sempre in apertura di sfoglio, la politica in primo piano e le pagine dedicate agli esteri solo dopo la stanca liturgia politica. Molto dopo.
E se lei Direttore, si concedesse una bella botta di vita ( penso sia concessa anche a lei…) e rompesse questo schema un po' provinciale? Nelle prime pagine tutte le notizie e i servizi di Internazionale (mamma quanto è brutto questo “Mondo” attuale...). Le pagine di Internazionale dovrebbero essere belle, ariose, colorate magari con le cartine bellissime di Limes, e con uno sguardo non solo alla politica delle grandi potenze, ma al mondo dei dimenticati, senza per questo cadere in un terzomondismo di maniera. E anche in questo Le Monde e El Pais ci offrono utili esempi.
Un'altra pagina su cui io aprirei una attenta riflessione è quella dei commenti, idee e posta varia. Tre sono le pagine ora dedicate e sinceramente mi sembrano troppe. Tali, e lo dico con il sorriso, da dovere richiedere lo status di lettore...
Io credo che si possa pensare ad una formula più agile che nulla tolga al prestigio delle firme, ma che dissemini, distribuisca i commenti e le opinioni in box colorati nelle pagine di riferimento. Così si potrebbero ridurre a due le pagine e dare maggiore leggibilità e sapore alle altre pagine.
Infine le pagine della Cultura e in particolare il domenicale Robinson siano strumenti leggibili e luoghi di dibattito per tutti e non solo per chi ha una laurea conseguita ad Harvard.
Le pagine della Cultura non debbono essere saltate perché ritenute inutili per argomenti o scrittura. Si aprano quelle pagine al dibattito e alla riflessione su piccoli e grandi temi che coinvolgano la società e soprattutto i giovani e siano seme di CURIOSITA'!
Quella curiosità, gentile Direttore, che dovrebbe diventare l'identità della "nuova" Repubblica. Un giornale di grande prestigio, colto, raffinato nelle scelte, curioso e che parla a tutti i lettori con leggerezza - che non significa superficialità - e profondità. E consapevole che Repubblica ha un patrimonio splendido di libertà. Passato e futuro.
Grazie Direttore Verdelli per la tenacia e la forza con cui dirige il nostro giornale.
P.S. Tanti anni fa Eugenio Scalfari chiamò a Repubblica Alberto Ronchey, un finissimo giornalista e studioso di politica slava. Un liberaldemocratico raffinato e coltissimo. Scalfari gli affidò una rubrica dal titolo di "Diverso parere" e fu un successo editoriale oltre che culturale . Un arricchimento per noi lettori e per il dibattito politico. Perché, gentile Direttore, non pensare di riproporre in chiave moderna la rubrica e individuare un altro intellettuale, uno spirito libero, un "eretico", una voce fuori dal coro per fare di Repubblica uno strumento di confronto vero, in questi tempi così bui e volgari?
Alvaro Walter Bartolini
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