mercoledì 9 ottobre 2019

“Quando il gioco si fa duro… i duri cominciano a giocare…” - La prima parte del racconto testimonianza dell'ex marciatore Raffaello Ducceschi.

Pubblichiamo la prima parte di un lungo articolo-racconto firmato dall'ex marciatore Raffaello Ducceschi, che dopo aver letto questo recente articolo di Emanuela Audisio apparso su Repubblica del 1 ottobre scorso (foto sotto) sul problema del caldo atroce che ha sconvolto i mondiali di atletica leggera, ha deciso di dire la sua sul problema delle temperature bollenti durante le competizioni.



L'idea nasce il giorno in cui il vostro Feticista Supremo invia il pezzo della Audisio a Ducceschi (i due sono amici di lunga data, come leggerete meglio nel pezzo) chiedendogli un commento a caldo da poter poi ripubblicare su PPR

Ne è venuta fuori una bella testimonianza, accorata e a tratti convulsa, di chi certe cose le ha vissute sulla propria pelle.

Abbiamo scelto, insieme all'autore, di pubblicare lo scritto in cinque parti separate. 

Buona lettura.

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Nota introduttiva dell'autore (che vedete nella foto sotto mentre taglia il traguardo al Campionato Mondiale di Roma del 1987 in cui si classificò quarto con il tempo di 3h47'49").

Per i fanatici della punteggiatura tradizionale, perfetta e corretta: non mi piace, non mi sembra adeguata, la punteggiatura tradizionale, va bene per scrivere saggi, articoli di cronaca e politica… mi sembra nata più per risparmiare carta… son un creativo, non un giornalista… la mia punteggiatura è un esperimento e una proposta… vuole creare le pause tra le frasi slegate di un discorso narrato a voce… nel quale principale e subordinate se ne vanno ognuna per conto suo… più teatrale, più poetico… o almeno ci provo… pause lunghe… pause per pensare… più lunghe di una virgola… due punti… e punto e virgola!




CAPITOLO 1

“Quando il gioco si fa duro… i duri cominciano a giocare…”

Qualche giorno fa ho letto il bell’articolo di Emanuela Audisio (scritto per Repubblica) sui "bollenti" mondiali di atletica in mezzo al deserto, in Qatar, a Doha…

Io vivo a Barcellona, in Spagna, colpa della marcia: ai miei tempi tutto il mondo andava in Messico ad allenarsi, in altura, e parlava spagnolo… già che ci sei, cucchi in spagnolo… poi ti sposi… fai figli… e sono qua.

Le gare le guardo poco, poco tempo… se non partecipo, almeno organizzando o allenando, soffro troppo…

Sono quindi un po’ fuori dal mondo… ma ci pensano gli amici a tirarmi dentro…

Qualche giorno fa il caro Enrico Maria Porro mi ha chiesto “scrivi 2 righe sul pezzo della Audisio”… Mi conosce bene e sa cosa rischia.

Ed eccoci qua…

Emanuela ha ragione, le condizioni a Doha sono estreme, più di 30 gradi, 70% di umidità e più…stadi vuoti… gare di notte…

Certo, bisognava dare ai paesi arabi i primi campionati di atletica… però vengono dei dubbi…
ma analizziamo… (perdonatemi, ho il pallino della storia e della memoria, ogni tanto vanno rinfrescate…)

Cominciamo dal clima: Doha è tremendo, va bene… ma guardiamo altrove… a Milano per esempio… Fa sempre caldo, fa sempre umido… se non vai sotto le montagne il vento è un miraggio nel deserto…

Nel 2003 a Milano da giugno a settembre c’erano dai 30 ai 40 gradi, umidità tipica milanese, minimo 70% con punte molto più alte… tre mesi tremendi… se le olimpiadi le fai a Milano… se ti tocca l’anno sfigato, è peggio di Doha… conviene allenarsi in Sicilia, almeno in riva al mare fa vento e rinfresca, a Milano no. Scusate… di dov’è la marciatrice Giorgi?

A Barcellona 1992 oltre al caldo umido ci misero pure la salita finale, che porta allo stadio olimpico sul Montjuïc, etimologicamente Monte Giudeo… dopo 49 km un incubo lungo un chilometro…almeno per me che non sopportavo le salite, non le sapevo fare… quasi quasi ringrazio di non averla fatta…

E Tokyo? Dicono sia peggio di Milano… Sarà casuale che han vinto la 50 km e la 20 km due giapponesi?

Notte.

Scelta pessima, specialmente per la marcia che deve essere giudicata e ha bisogno di luce per essere vista bene… Nel 1978 ai campionati europei di Praga ebbero la brillantissima idea di relegare le gare di marcia di notte… una novità… chissà perché non ci aveva mai pensato nessuno a far la marcia di notte? … illuminarono il percorso di gara con i fari dei camion militari: creatività…Ceca!
Dicono che non si vedesse niente… sotto i piedi di alcuni atleti “si poteva giocare a bocce”… battuta da marciatori: saltellavano da squalifica come “non si era mai visto”… e non lo videro nemmeno i giudici… ne arrivarono troppi al traguardo… compresi gli “squalificandi”…

Postilla per la Giorgi e Praga 1978: la Giorgi ha avuto molti problemi di squalifica in passato, non conosco l’illuminazione notturna di Doha, ma non credo che l’abbia avvantaggiata, credo piuttosto che sia stata saggia la scelta di passare alla lunga distanza: il ritmo più lento aiuta ad evitare problemi di squalifica, difatti vinse già in primavera in Coppa Europa con nuovo record europeo, casomai il caldo di Doha ha aiutato a rallentare il ritmo.

Caldo e deserto

Melbourne 1956

Pino Dordoni, campione olimpionico della 50 km nel 1952 a Helsinki, per tutti noi marciatori italiani era “il Cavaliere”.  Per antonomasia. A tutte le giovani matricole della nazionale di marcia faceva lo scherzo di non rispondere “signor Dordoni…signor Dordoni? …mah …non sente…?” “chiamalo Cavaliere…” suggerivamo… “Cavaliere…” chiedeva titubante la matricola “sì? mi dica…” … già dagli anni settanta diceva ”han fatto Cavaliere del Lavoro tanti ladri…almeno a me mi han fatto per meriti sportivi…chiamatemi Cavaliere”.

Profetico? No. Solo buon osservatore… di Merlbourne raccontava: “già solo per arrivarci ci vollero 52 ore di volo ad elica eravamo già stanchi prima di cominciare”…a dicembre…per gli Australi furono le prime olimpiadi “estive”…sì, perché gli australi le olimpiadi “estive” le disputano sempre…in pieno inverno!…è un bello svantaggio, si devono allenare nei mesi sbagliati… ma quella volta si presero una rivincita e le organizzarono nella loro estate… a dicembre appunto (nel 2000 a Sydney le organizzarono a settembre… alla fine dell’inverno… raffreddore per tutti)… ma non era sufficiente… nel 1956 durante la 50 km di marcia arrivò il vento dal deserto australiano, di sabbia, “il Ghibli” diceva Dordoni (che è un vento libico… ma non sottilizziamo) arrivarono in pochi, tanti i ritirati, vinse, guarda caso, un australe, neozelandese, mentre Abdon Pamich, italiano all’esordio olimpico, 4º… (si rifarà e vincerà molte medaglie).

Postilla sul Cavaliere: a Los Angeles dovevo fare l’ultimo allenamento lungo prima della 50 km, Dordoni mi seguiva in bicicletta dandomi l’acqua, ma sentivo già i primi sintomi (analizzando a posteriori) dell’anemia che mi avrebbe frenato in gara, poco dopo la metà dell’allenamento Dordoni mi vide già cotto e con l’affetto e la premura che lo distingueva, mi disse “prendi la bicicletta, che mi alleno io” e si mise a correre ed io a pedalare… Per anni poi raccontava l’aneddoto e amava concludere “hai mai visto un cavaliere che si mette a correre e porta (in bicicletta) il Cavallo?” … in allenamento come in gara, per i suoi alteti, faceva l’impossibile… con affetto e dedizione… alla mia prima 50 km in Germania Est, campionato tedesco, a metà gara piovve il diluvio, faceva freddo e quando stava incominciando a spiovere, fradicio, gli chiesi un asciugamano che avevo negli spogliatoi… lui aveva preso tutta l’acqua, stoico, i suoi atleti non li mollava… corse… poi un piano di scale… e poi giù di corsa con l’asciugamano e una maglietta asciutta ad aspettarmi al giro dopo… poi lo ricordò per anni “ma guarda te ‘sto matto! voleva asciugarsi e pioveva!”.

Raffaello Fabio Ducceschi

FINE PRIMA PARTE

1 commento:

Occam ha detto...

Che meraviglia