“Tra Gianni e la sua scrittura non c’era nessuna distanza. La persona e le parole coincidevano, erano la stessa identica cosa, materia della stessa vita. Se lo abbiamo letto e amato in tanti, davvero in tanti, è per questa sua straordinaria interezza, rara nei giornalisti, rarissima negli intellettuali, un poco più frequente negli artisti. Era stonatissimo ma gli piaceva molto cantare. Ha cantato al telefono, per gli amici, anche nelle sue ultime ore di vita, in un letto di ospedale, solo con la sua prodigiosa memoria. Qualcuno estragga dal suo grande cuore, per piacere, il corpus infinito di versi e di note che lo occupano, e ce lo restituisca. È roba nostra, ridatecela. … C’era umanità in ogni sua cellula, e c’era la ricerca inesausta dell’umanità in ogni sua parola. Lo deludeva, dei nostri tempi, l’inumanità, Gianni aveva qualcosa di “antimoderno”, teneva in gran sospetto la tecnologia. Gli volevamo bene anche per questo suo anacronismo eroico, e forse preveggente: non era in ansia per la nostalgia della vecchia Olivetti, ma perché faticava a ritrovare, nei tempi nuovi, quegli elementi di amicizia e di convivio – oso dire di fraternità e di amore – che sono stati la sua ragione di vita. Se penso a Gianni, e lo penserò per sempre, penso anche, come è giusto che sia, a un italiano di sinistra. Se avete presente il cliché, parecchio cretino come tutti i cliché, del radical-chic, beh Gianni lo frantumava in mezzo secondo. Figlio di un carabiniere sardo, il Mura era un uomo del popolo. Voleva bene ai perdenti e gli umili, odiava l’arroganza e il privilegio, e tra un tre stelle fighetto (anche se sapeva riconoscere qualità e merito di un tre stelle fighetto) e una bettola sapiente, il suo cuore era con la bettola sapiente. Una cosa importante da dire, salutando la sua imprevista partenza per non si sa quale brasserie, è che gli amici (tanti) e i lettori (tantissimi) possono ben dire di avere conosciuto lo stesso Mura. Vi chiedo, ovunque voi siate, di stappare una bottiglia per lui, e levare il bicchiere, così come stanno facendo i suoi amici. Una delle cose più tremende di questi giorni è che non si possono fare i funerali. Il suo sarebbe stato – e sarà, appena possibile – pieno di cose da mangiare e di cose da cantare. Se conoscete qualche canzone di Endrigo cantatela per lui, era il suo preferito.
Basta anche qualche verso. Basta un sorso, un pensiero, un ringraziamento, una pedalata sulle Alpi francesi o sui Pirenei, e Gianni Mura sarà di nuovo insieme a noi. Per sempre insieme a noi”.
Michele Serra - Repubblica
Tratto dal sito Lo Slalom - Il meglio del racconto sportivo scelto e commentato
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