sabato 12 gennaio 2008

Le (belle) reazioni al reportage di Ezio Mauro da Torino.

Solo belle parole per il reportage di Ezio Mauro da Torino sulla tragedia della Thyssen.

Ecco una selezione di commenti di blogger che hanno apprezzato il pezzo del direttore di Repubblica:

Volevo fare un intervento frivolo relativo alla simpatica serata trascorsa a festeggiare con gli amici.
Poi stamane un caro amico che ogni tanto compare da anonimo su questa pagina mi ha segnalato l'articolo odierno di Repubblica sui ragazzi della Thissen.
Agghiacciante l'articolo. Disarmanti le tesi. Preoccupante il futuro.
(scalomerci.splinder.com)
Il pezzo è da leggere. Da brivido. Fatti. Bastano quelli.
(minimalizzo.tumblr.com)

Segnalo il toccante articolo di Ezio Mauro sulla tragedia della ThyssenKrupp di Torino, a dimostrazione del fatto che i politici spendono parole vuote, senza farle seguire da fatti concreti.
(blog.libero.it/ilgabbianoJL)

Tyssen, Mauro torna (grande) cronista
La tesi di fondo, l'operaio invisibile, negletto e abbandonato, non convince fino in fondo. Non perché non lo sia davvero, ma perché è un dato di fatto innegabile che quantitativamente e qualitativamente il lavoro operaio è diventato marginale in Italia rispetto al passato. Il che non vuol dire che non debbano essere rispettate le misure di sicurezza, sia chiaro. Che poi la marginalità sia anche sociale, è vero ma coinvolge molte altre categorie di lavoratori che magari non hanno mai avuto alle spalle il sindacato, quello stesso sindacato che ora ha abbandonato anche gli operai. Detto questo, tanto di cappello al formidabile esempio di giornalismo reportage che ha messo in pagina oggi Repubblica, per la penna del suo direttore, Ezio Mauro: non grandissimo direttore, ma grande analista e grande cronista. Un pezzo esemplare, da leggere e rileggere.
(stamparassegnata.splinder.com)

Oggi su Repubblica si può leggere un interessante articolo scritto da Ezio Mauro sugli operai della Thyssenkrupp. Spesso mi sono espresso criticamente sul quotidiano di De Benedetti, quindi è giusto segnalare un articolo che merita di essere letto. Invito tutti a farlo.
(lorenzocipriani.info)

Gli operai di Torino diventati invisibili di Ezio Mauro
Da leggere. E rileggere.
(archipaola.tumblr.com)

Degli operai.
Non ne ho scritto nulla. Com'era la storia? la classe operaia va in paradiso... Anche no.
Alcuni sono morti bruciati. Altri li licenziano.
Credo sia DOVEROSO firmare la petizione di Repubblica.
(lapiccolacuoca.blogspot.com)

Oggi ho pianto. Con dolore. Con un dolore che - per mia fortuna - raramente avevo provato.
Ho pianto sul treno. Seduto su un sedile blu cosparso di rettangolini verdi: si, quelli dei pendolari. Quelli che ti portano all'università, al lavoro, al mare, al centro.
Ho pianto dopo un mese. Un mese dalla tragedia della ThyssenKrupp. A farmi piangere - e lo ripeto, questo verbo, perché va ripetuto - il lungo servizio del direttore di Repubblica, Ezio Mauro, tornato a vestire i panni del cronista per raccontare alcune drammatiche storture nostrane. E che, come ogni cronista dovrebbe fare, ha lasciato parlare la nuova casta di invisibili: gli operai.
Quelli che c'erano. Quelli che quando la linea 5 ha preso fuoco, hanno visto i loro colleghi trasformarsi nei poster anatomici che vedono quando vanno dal dottore. Con la pelle ridotta a cera e le terminazioni nervose mangiate dal fuoco.
Ho pianto perché ce ne siamo già dimenticati.
E se non li terremo sempre in mente, finiremo per trasformarci in bestie. Senza passato e senza futuro.
(popimmersion.blogspot.com)

Giornalismo vero.
Questo pezzo di Ezio Mauro è toccante, profondo, molto commovente: è IL pezzo che più si avvicina all’obiettività. Dal giorno della tragedia se ne è scritto tanto: molti opinionisti, giornalisti, e semplici scribacchini hanno battuto e ribattuto parole sulla tastiera per piangere i più famosi rappresentanti delle morti bianche.
Questo cancro delle morti bianche è diventato un evento notiziabile (che in gergo significa che avrà maggior rilevanza sulle pagine del giornale): oggi tutti parlano della sicurezza sul lavoro e delle morti bianche senza badare al fatto che ci sono sempre state e che sul lavoro si può ancora morire! Non di certo il colletto bianco, quello no! Non si muore per un corto circuito del pc, e neanche per la coca cola versata sulla tastiera!
Hanno ragione gli operai superstiti della Thyssen a lamentare il loro invisibilismo: c’è tutto un pezzo di società che nelle grandi città non viene neanche considerato. Io vengo da un paese di provincia che questa parte di società la vive più da vicino. Sono persone che non vanno più orgogliose del loro lavoro perchè "è più figo" lavorare in ufficio (anche se precari, guadagnando 1000 € al mese se sei fortunato). In un ufficio ti fanno credere di avere la professionalità, di avere le competenze, e di avere una carriera davanti: ma i ragazzi in fabbrica guadagnano almeno il doppio dei loro coetanei con le mani vellutate! E guadagneranno sempre il doppio… ma questo passa il secondo piano!
Sono persone che vedono la vita con gli occhi dei genitori, che fanno scelte che sembrano fuori dal tempo. Nell’articolo viene indicata l’età di una vedova: 20 anni con due figli 3 anni e 17 mesi (il marito ne aveva 32)! Ora io credo che a 17 anni un figlio non lo cerchi, capita per caso e la scelta di tenerlo è tipicamente attribuibile a questa parte di società. Operai e proletari che vivono quasi come viveano i loro genitori (a loro volta operai) ma che si trovano spesso a scontrarsi con la realtà della società tutt’intono che si è modificata, è cambiata!
Non è lo smartphone che li fa integrare nella società odierna! Vivere e ragionare con i tempi operai, con i tempi della fabbrica sono cose fuori dal tempo ma che esistono in moltissime persone. Anche tra i figli degli operai che si sono infilati tra i colletti bianchi ("perchè anche l’operaio vuole il figlio dottore"): molti impiegati lavorano senza creatività, senza spirito d’iniziativa, con un costante pensiero operaio.
L’immagine migliore con cui poteva chiudere il direttore è proprio la differenza nelle sigarette: i precari da ufficio hanno il tempo di girare le sigarette e comprarsi il tabacco, mentre l’operario che lavora anche 10 ore al giorno ha sempre le mani sporche e impegante e ne tiene sempre un pacchetto in tasca (Che sia mai che rimane senza!!!)

Conserverò l’articolo di Ezio Mauro, il racconto dell’inferno, che non vuol dire che solo chi c’è stato davvero lo può raccontare, ma significa, piuttosto, che saper parlare, che saperlo dire, ti permette di passarci attraverso. Non per nulla ha cercato di salvarlo chiedendogli se se la sentiva “di seguire i compagni, di seguire la voce”.
(caracaterina.wordpress.com)


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