mercoledì 25 giugno 2008

Romagnolismi europei.



Straordinario pezzo di Gabriele Romagnoli sul probabile ritorno di Marcello Lippi sulla panchina della nazionale. Il pezzo, che più sotto vi proponiamo per intero, contiene un romagnolismo d'annata. Eccolo:

"Lippi non è una minestra riscaldata, ma una seconda porzione del piatto migliore sul menù. "

Ecco il pezzo integrale:

Tutti in piedi per il Lippi-bis ecco il Paese dei grandi remake

Repubblica — 24 giugno 2008

E così s' annuncia un Lippi-bis. Sia detto con rispetto (che è tanto) per il ct del Mondiale, ma ci travolge lo stesso entusiasmo di quando scoccava l' inevitabile ora di un esecutivo Andreotti, del ritorno di Berlusconi o Prodi, della necessità di riaffidare il Festival di Sanremo a Pippo Baudo, il sabato sera a Raffaella Carrà, il tg1 a Albino Longhi. C' è qualcosa di più che imperfetto, nel particolare e nel generale, in questa fuga verso il passato progettata con accanimento fin dal giorno successivo alle dimissioni di Berlino. Il difetto particolare è presto detto: il percorso netto di Lippi rinuncia alla precisione della traiettoria. Arrivato alla nazionale aveva sbagliato, si era corretto, infine aveva indovinato tutto. E se n' era andato. Sul picco, per non decadere e per vivere d' altro. Poi ha scoperto quanto sia spietato il mercato: se sei un disoccupato non ti riassume quando vuoi e alla cifra che vali. Ha avuto la sfortuna di vedere Ancelotti conquistare una improbabile Champions League quando era pronto a succedergli sulla panchina del Milan. Ha rifiutato l' estero perchè non sa le lingue e non voleva finire ospite fisso della Gialappa' s come Trapattoni, di cui, benchè più giovane e bravo, non possiede lo spirito zingaro, l' autoironia, la curiosità. Ha trasformato la propria luce in un' ombra su Donadoni, che si allungava a ogni passo falso. Ed eccola qui, l' ombra farsi carne, l' ipotesi del Lippi bis divenire realtà, dopo un Europeo incolore forse anche per troppa fiducia in alcuni degli uomini del predecessore (prova ne sia che il migliore, alla fine, è stato Chiellini, i più deludenti Toni e Zambrotta). Ora sta a lui. Alla Juventus il gran ritorno gli riuscì. Lippi non è una minestra riscaldata, ma una seconda porzione del piatto migliore sul menù. Semplicemente, poteva non alzarsi da tavola, piuttosto che far sedere un altro e aspettare sulla soglia che gli presentassero il conto prima del dessert. Farà bene, specie se gli nazionalizzano un paio di brasiliani nei ruoli scoperti, ma il punto è un altro. E' l' incapacità italica di voltare pagina, scommettere sul ricambio, non fermarsi appena ottenuto un successo, pensando che sia possibile riottenerlo soltanto con lo stesso metodo, le stesse persone. Ci sono stati (e putroppo ci saranno) imbarazzanti momenti del genere in tutti i campi della vita pubblica. Uno dei più infelici è stata l' idea di ripresentare Rutelli come candidato sindaco di Roma, penalizzato dalla mancata condivisione nostalgica da parte degli elettori. Un esempio che non è molto servito, se è vero che all' evidente difficoltà di Veltroni c' è chi pensa di porre rimedio con la frizzante alternativa D' Alema (che ebbe risultati peggiori di Donadoni). Speravamo di non morire democristiani, con l' eterno ritorno di Fanfani, Rumor, Colombo. E ci son toccati i Berlusconi bis e ter, con la guida dell' economia trionfalmente riaffidata dopo breve interludio al nuovo divo Giulio, Tremonti. Il sequel è un vizio nazionalpopolare. Si pensa di innovare Sanremo passandolo da Baudo a Bonolis. Non ha funzionato? Presto, richiamiamo Baudo. Ancora peggio? A chi rivolgersi, allora? A Bonolis, lui sì che saprà che cosa fare. E' la sindrome dell' usato sicuro. Quando si cambia lo si fa (come con Donadoni) senza convinzione, aspettando soltanto l' occasione giusta per poter tornare indietro. O questo o (meglio ancora) quel che c' era prima: tertium non datur. E' una rincorsa al passato, che nel ricordo era sempre più felice (e con Lippi è pur vero, ma anche un po' per il caso, che a Donadoni ha giocato contro). Non c' è mai un termine di scadenza addosso a chi ricopre un incarico pubblico in Italia. Gli americani dopo un massimo di 8 anni mandano gli ex presidenti a fare tuttalpiù gli ambasciatori Unicef nel mondo. Da noi il termine ex presidente significa spesso "prossimo presidente". Non ritornano a volte, lo fanno quasi sempre. Usato sicuro, ma anche paura della novità, della sperimentazione, del salto generazionale, vissuto sempre e comunque come sinonimo di salto nel buio. Col risultato che sono intere generazioni a saltare un giro, assistendo a un gioco dell' oca con lo stesso pedone avanti e indietro. Forse non è il caso di esagerare. Oltre a essere un ottimo allenatore Lippi non è affatto vecchio. In fondo, non hanno mica richiamato Enzo Bearzot. Ma Gianluigi Rondi sì.

GABRIELE ROMAGNOLI Fonte: Repubblica.it

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