martedì 22 dicembre 2009

Stefano Bartezzaghi legge PPR.



Che il grande Bartezzaghi legga PPR ormai è un dato di fatto visto che oggi, nelle pagine di Cultura, fa propria la battaglia su «Copenhagen / Copenaghen».

Ringraziamo Occam per la soffiata.

2 commenti:

Geppo ha detto...

Ho letto il pezzo di Bartezzaghi. Sempre molto acuto, ma, stavolta, abbastanza deludente. Perché tacciare di "fascismo linguistico" (con l'avverbio "staracianamente") gli sforzi di chi vorrebbe meno anglicismi nella nostra lingua? Dopotutto "dirigenza" è un traducente più che accettabile di "management", anche se, mi rendo conto, molto meno di tendenza. E "performanza" per "performance" potrebbe benissimo entrare nel lessico, se solo i media, gli unici ad avere la forza di imporre una moda linguistica, si sforzassero di scriverlo e pronunciarlo.

Barbapapà ha detto...

Pienamente d'accordo con te, Geppo, ma "performanza" è orribile. Basterebbe il vecchio termine "prestazione" (o "rendimento", se invece siamo in campo finanziario).
Purtroppo i giornali sono i primi veicoli di diffusione degli anglicismi sia per pigrizia sia, credo, per la maggiore capacità di sintesi dell'inglese (che, per chi fa i titoli ad esempio, è sempre un vantaggio).
Il Sole 24 Ore su questo versante fa sforzi veramente minimi al punto che ti chiedi, a volte, perché non lo scrivano direttamente in inglese... Qualche tempo fa in un titolo di un articolo sul dorso Finanza e Mercati c'era la parola "bail out" utilizzata impunemente al posto di salvataggio. Come se tutti i lettori fossero a conoscenza del termine.
Ora, è vero che il Sole si rivolge a professionisti abituati ad un certo tipo di linguaggio, ma fare un giornale inclusivo e provare a difendere la lingua madre dovrebbero essere obiettivi minimi e deontologicamente sentiti.
Poi non ci si deve stupire se in campo finanziario ci si imbatte spesso in veri e propri analfabeti, talmente proni all'uso dell'inglese da piegarlo alle proprie esigenze in maniera ridicola.