Berselli, la musica dell'Italia leggera. Canzoni per raccontare un Paese
di KATIA RICCARDI
"Quest'uomo mi ha cambiato la vita", ha detto di lui commosso Shel Shapiro, il cantautore e storico leader dei Rokes con il quale Edmondo Berselli ha passato questi anni scrivendo e raccontando gli anni Sessanta attraverso la musica che ne ha colorato il senso. Musica musa di eventi e versi per cantare la storia, e dargli un senso. Così Berselli ha descritto un Paese che non poteva essere sezionato, né diviso. Veloce, ironico, preciso e appassionato di musica tanto da scrivere libri sulle canzoni e sui cantautori. Di quelli che qualcosa avevano da dire, di quelli che avevano detto la loro opinione, cantandola. Guccini, che cantò la sua Modena, la "piccola città, bastardo posto" dove Berselli passò l'adolescenza. E poi le poesie De André, i fermimmagine di De Gregori, gli esperimenti di Battiato, il male di Tenco. Le gambe lunghe di Celentano anche. Berselli avrebbe potuto consigliare i mille dischi da avere, non l'ha mai fatto. Le liste restano liste senza parole. Nell'ultimo periodo gli anni Sessanta sono rientrati nella sua vita e dalla sua vita sono usciti di nuovo fuori graffianti, senza nostalgia. Berselli quegli anni li ha raccontati perché servissero a evidenziare il più cauto silenzio degli 'Zero'. "Confesso. Mi arrendo senza condizioni" scrive su la Repubblica il 19 dicembre 2009. "Ammetto che non appena qualcuno accenna alla top ten delle preferenze, musicali, cinematografiche o letterarie, un velo oscuro precipita nella mia mente. Non ricordo nulla. Degli ultimi dieci anni, poi. Buio assoluto sugli Anni Zero (oppure anche zero assoluto sugli anni del buio). Mi sembra che niente degli ultimi anni possa essere ricordato".
Non solo canzonette, Berselli era affascinato dalle canzoni vere. E così s'intitola un suo libro uscito nel '99 e riedito in una versione più arricchita nel 2007. Canzoni. Storia dell'Italia leggera (ed. Il Mulino). La storia si può cantare, con Mina e il beat dei capelloni, con Mogol, Battisti, Vasco Rossi e Baglioni, fino a Max Pezzali. Era legato al beat perché "felicemente eclettico negli stili, nei suoni, nei colori, eclettico nei modi di comportarsi, di pensare, di agire" e Berselli raccontava atmosfere, pensieri e parole da cucire insieme a finezze analitiche e ritornelli pop. Nello stesso anno esce anche Adulti con riserva. Com'era allegra l'Italia prima del '68 (ed. Mondadori), la prima versione di quello che in seguito proprio con Shapiro è diventato un progetto tridimensionale, uno spettacolo teatrale, un Dvd, un Cd. Da toccare, guardare e ascoltare. Perché oggi la parola scritta parla troppo piano. Un tempo Bob Dylan, Beatles e Rolling Stones erano in grado con la musica di muovere le teste, non solo a ritmo, anche in alto, verso la visione più assoluta di un sogno. A renderla reale, politica, come successe nel Sessantotto, quando le opinioni presero il sopravvento sulla fantasia. Eppure gli anni Sessanta restano una stagione di un'istante, un lungo istante che ha dato forma al futuro. Berselli ne ha parlato con affetto distaccato. Da giornalista, da osservatore, senza variazioni fantastiche. Ma attraverso fatti, linee precise, messaggi. Ecco Modugno che irrompe sulla scena musicale con "Volare", mentre arrivano le inchieste di Giorgio Bocca sul
Berselli, la musica dell'Italia leggera Canzoni per raccontare un Paese
Giorno. Tutto unito, un solo disegno, che suona, o che si contorce e che poi va anche a votare. Berselli ne ha descritto i colori dopo il grigiore dei Cinquanta prima di quello degli anni che viviamo. Oggi che la politica non nutre più alcuna fantasia di ribellione. La cultura di oggi resta il prodotto di quella accelerazione, di quello stato d'animo in cui sembrava, per la prima volta, che ci fosse spazio per un'attesa.
Non era un sognatore, ma Berselli i sogni li sapeva raccontare. E parlare con qualcuno che non fosse un 'critico' era importante anche per chi gli concedeva le interviste sapendo che la giusta distanza tra artista e giornalista lui l'avrebbe rispettata. Facendone la sua forza, penna contro plettro. Con ironia. "Noi giornalisti siamo una comunità di maldicenti privati e di elogiatori pubblici. Sparliamo dei personaggi famosi e ne scriviamo bene", disse alla conferenza stampa di presentazione di un suo libro al Mulino. Berselli la musica la ascoltava senza criticarla. Il criticabile era solo un altro aspetto della società. Con Shapiro ha scritto Storie sogni & Rock'n'roll (2007 Promo Music - Corvino Meda Editore). La storia è diventata morbida con l'accento inglese del cantante dei Rokes, che l'ha riportata in vita a tre dimensione come oggi si usano gli occhialetti per andare al cinema. E i suoni che Berselli ha preso e messo in fila sono diventati gli strumenti per raccontare quel passato nato per essere usato contro il conformismo, le convenzioni e le abitudini. Nel 2009 la precisazione. Con ...Sarà una bella società (2009 Promo Music - Corvino Meda Editore ) tornano più forti gli slogan e le strofe delle canzoni interrogano la nostra società. Quello di Berselli è un invito, lo è sempre stato. A ritrovare i pensieri e i sentimenti di allora per cercare, come ha scritto "nelle canzoni di oggi una consapevolezza altra, che ci aiuti a guardare al futuro".
La storia non si ferma, non si è fermata mai. Era questo il bello, questo il gioco e Berselli raccontava il presente. Recessione, crisi, ogni cosa poteva avere un senso, lo stesso, vista da caleidoscopi diversi. Anche i Rokes piangono, scriveva nel 2009 su la Repubblica. Saper raccontare la storia usando pennarelli sempre diversi gli fece vincere la seconda edizione del premio "Viareggio Terzapagina". Il riconoscimento istituito per ricordare la figura di Cesare Garboli che viene attribuito sulla base degli articoli di giornalismo culturale pubblicati sui più importanti quotidiani e riviste. Edmondo Berselli è stato scelto per i pezzi intitolati «Lambretta» e «Mamma», pubblicati su la Repubblica. Questa la motivazione: "con arguzia e sapienza di scrittura viene ricostruita la storia di due miti fondanti della cultura nazionale del dopoguerra". Senza giudizio, apparente, Berselli ha cantato molto forte. Senza esagerare, senza stonare, senza lasciare scie di nostalgia. Nelle ultime righe di Adulti con riserva, scrive: "Anch'io voglio guardare con ottimismo al futuro. Abbinare un colore al senso delle cose che cambiano. Anch'io voglio continuare ad avere una speranza; o magari due o tre. Perché anch'io sono un bambino degli anni Sessanta. Perché anch'io sono un eclettico".
11 aprile 2010 - La Repubblica
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