mercoledì 22 dicembre 2010

Marcello Veneziani decriptato.

Dopo Mario Cervi, Alessandro Sallusti ha chiesto un editoriale sulle proteste di piazza anche al suo intellettuale di punta Marcello Veneziani.
In corsivo e blu, la premessa che Veneziani aveva scritto all'articolo che poi il redattore ha ingiustamente tagliato.
 
Ragazze e ragazzi che scendete in piazza e discendete da quelle famiglie un po’ sfasciate come le vetrine o addirittura bruciate come le auto e le camionette, ho capito chi vi ispira. Non dirò come vi aspettate, la sinistra o le sue frange estreme, i docenti incattiviti, che falliti come ricercatori si rifanno come ricercati. E nemmeno i centri sociali,i black bloc o l’infiltrato brigadiere Tonino Di Pietro. Lascio ad altri il compito di notare tutto questo presepe.
Io dico che voi siete seguaci ignari di un dio antico, precristiano, che riaffiora periodicamente, si rivide nel Sessantotto, e si vede ribelle nelle feste aggressive all’aperto come nei festini trasgressivi al chiuso.
Vi ha stregati Dioniso, lo stesso dio che rovinò molti vostri padri. Siete diventati suoi devoti a vostra insaputa. Voi credete che si viva meglio oltrepassando il confine, violando la zona rossa, trasformando le inibizioni in esibizioni, varcando i limiti imposti dall’autorità, dalla natura, dalla vita e dalla legge. Voi pensate che liberando le energie di dentro, gli impulsi, i desideri, sarete più felici e più veraci, liberi e sovrani della vostra vita. E a vostra insaputa, come accadde già ai vostri genitori ma in altre storie e per altri mondi, avete bruciato il dio della forma e della luminosità,dell’ordine e della misura, che per i greci era Apollo, e siete diventati seguaci di Dioniso, che per i romani era Bacco.
Lui è il dio vitale dell’ebbrezza e del delirio, il dio notturno e trasgressivo, il signore della società liquida versata negli eccessi e della festa selvaggia, questa sì veramente selvaggia, cari americani grezzi.
Ho pensato a Dioniso in tre occasioni diverse. Guardando gli scontri di piazza, i fuochi appiccati, il delirio di partecipazione ad una festa furiosa, indipendentemente dalle ragioni della protesta. Attratti dalla confusione, vogliosi di varcare la zona rossa, il divieto che eccita il delirio di trasgredirlo. Un Gasparri esasperato funge da alcol per appiccare il culto dionisiaco del fuoco. La peggior violenza che ho visto nei cortei non è stata negli scontri ma quell’aggressione assurda tra compagni: una violenza insensata, che abbatte l’altro come in un gioco virtuale, una violenza che non è figlia di uno scontro personale m a di un clima, di un contagio elettrico che c’è nell’aria e che fa paura. Il peggior delirio dionisiaco.
Poi sono andato al cinema e ho visto «La bellezza del somaro», animale dionisiaco presente nella sua mitologia e nel suo profeta Zarathustra-Nietzsche. Il film, scritto da Margaret Mazzantini e protagonista Sergio Castellitto, è la fotografia grottesca, divertente anche se esagerata, degli effetti collaterali ed epigonali di Dioniso: dal sessantottismo patetico alla gioventù scoppiata del presente, i genitori permissivi e giovanilisti superati dalla ragressione senile della loro figlia, in un quadro di famiglie dionisiacamente deliranti e ormai dissolte. Devote a Lacan, poi a Hillman, infine al Nulla surreale delle canne.
Nel frattempo leggevo uno scritto giovanile di Giorgio Colli, «Apollineo e dionisiaco», ora edito da Adelphi.
Sin da giovane Colli amò i presocratici e Nietzsche, e come lui divise il mondo in un’opposta devozione: a l dio della forma espressiva, Apollo, e al dio dell’interiorità liberata, Dioniso. Estetica contro estasi. Il testo mi pareva acuto e originale fino a che h o pensato che Colli, e forse un po’ anche Nietzsche, usa due suggestive categorie mitologiche ma ricalca una vecchia dicotomia scolastica: Apollo e Dioniso sono gli pseudonimi di Classico e Romantico. Al primo si addice il culto armonioso della forma espressiva, il senso dell’ordine e della misura, la regola e il confine. Al secondo invece si addice la tempesta dell’interiorità, la confusione degli elementi, la mescolanza e il caos, l’ebbrezza e l’orgia, l a malattia e l’eccesso. Vuoi vedere che pensando di seguire Nietzsche e l a filosofia presocratica, Colli parafrasava De Sanctis e la critica letteraria dell’Ottocento? Vuoi vedere che Apollo e Dioniso sono i nomi d’arte del bello e del sublime in Kant? Anche gli autori che Colli divide in dionisiaci e apollinei, potrebbero dividersi in classici e romantici, senza colpo ferire. I romantici Beethoven e Wagner, Shelley e Keats, Holderlin e Leopardi, ribattezzati dionisiaci... Prima delle piazze, Dioniso si vide nelle biblioteche, con Kereny, Zolla, Maffesoli. Ma torno dai libri alle proteste, portandomi appresso il libro di Colli come uno strano tom tom per orientarmi nelle strade della rivolta. «Quando la sua solitudine trabocca di vissutezza egli sente il bisogno di agire, di comunicarsi agli uomini e cerca affannosamente simboli visivi che esprimano il suo interno »; non è un verbale della polizia, grazie a Dio, ma forse spiega l’anima della rivolta più delle rivendicazioni politico- sindacali studentesche. La voglia di varcare il limite, di vivere di più in una festa primitiva e crudele, di sfasciare il mondo di cui sono figli e utenti. Certo, poi ci vuole l’apollinea polizia per frenare le violenze dionisiache. Dioniso è pure il dio dell’ebbrezza e dell’orgia, della droga e del fumo, della velocità e dell’ubriachezza. E la passione dionisiaca per la notte, per generazioni che dormono di giorno per vivere la notte. Dioniso il mutante offre una versione al coperto, da delirio domestico-notturno e una versione da strada, da delirio diurno di piazza. Voi pensate che vi spinga in piazza Berlusconi o la Gelmini; e invece è Dioniso, ai saldi di fine stagione. Un Babbo Natale capovolto per il vostro consumismo rovesciato.

L’altro giorno, tornando a casa, avrei voluto tanto leggere l’ultimo numero dei Grandi Classici di Topolino lasciato lì sul tavolo del soggiorno da mio figlio: c’era pure la storia “Zio Paperone e i calabroni bombardoleros” che mi attirava tanto. Ma, ahimè, io sono l’intellettuale della neodestra italiana. Non posso, capite? Pertanto, mi son dovuto sorbire quel mattone assurdo di Giorgio Colli intitolato “Apollineo e dionisiaco” (una roba del genere chi poteva pubblicarla se non Adelphi?). Non vi dico il mal di testa, con quel Dioniso che spuntava da ogni dove... Ho il cranio che ancora mi rimbomba di nomi, gran parte dei quali sconosciuti alla plebe: Kereny, Zolla, Maffesoli, Holderlin, Lacan, Hillman e altri ancora un po’ più noti. Nemmeno andare a vedere l’ultimo film di Castellitto e Mazzantini mi ha fatto stare meglio (avrei dovuto seguire il consiglio di mio figlio e assistere a Natale in Sudafrica, con De Sica). E ora, come se non bastasse, il direttore Sallusti mi chiede di scrivere un pezzo sulle proteste degli studenti universitari? Ma per favore...

Nonunacosaseria

4 commenti:

kriss ha detto...

Voglio il nome del suo pusher! Forse è Dioniso. Poi dicono che la supremazia culturale è della sinistra! Per forza! Se questi sono i liberi pensatori della dx, andiam male. Malissimo.

nonunacosaseria ha detto...

in effetti, un editoriale del genere può comprenderlo solamente alberto arbasino.

Frank57 ha detto...

Sontuoso nonuna.

Riccardo ha detto...

"Apollo e Dioniso sono gli pseudonimi di Classico e Romantico."

Lasciando perdere il fatto che filologicamente, concettualmente, storicamente, ecc. Apollo e Dioniso sono divinità più antiche dei concetti moderni di Classico e Romantico, quale acrobazia logico-concettuale può giustificare questa frase: "«Quando la sua solitudine trabocca di vissutezza egli sente il bisogno di agire, di comunicarsi agli uomini e cerca affannosamente simboli visivi che esprimano il suo interno »; non è un verbale della polizia, grazie a Dio, ma forse spiega l’anima della rivolta più delle rivendicazioni politico- sindacali studentesche."

Dopo il Nietzsche-nazista dobbiamo fare i conti con il Colli-incitatore di rivolte.

"spiega l'anima della rivolta": risibile.